Il presidente di Tiffany Frederic Cumenal con Caterina Murino, Marina Hands, Elsa Zylberstein, Hilary Swank e Jessica Biel al gala per l'opening della boutique di Parigi

Tiffany: un giallo per l’Europa

Ossessionati dalla qualità, intransigenti sulla sostenibilità e sulla libertà. Frédéric Cumenal, presidente di Tiffany, in un’intervista rilasciata alla giornalista del Corriere della Sera, Paola Pollo, in occasione della grande festa di giovedì scorso per l’inaugurazione della nuova boutique parigina sugli Champs-Elysées, racconta come vede il lusso nella gioielleria oggi, a partire da una grande eredità del passato, il famoso diamante giallo da 128 carati in mostra fino a luglio. E perché Tiffany è così diversa dalle maison europee.

Ecco l’intervista al Corriere

Una Holly oggi? Ma le donne vogliono essere bionde o brune, indossare un abito da sera o le sneakers e rappresentarle con un’icona non sarebbe moderno. No, una Audrey Hepburn moderna non c’è». Condannate a vivere nel mito, allora, ma non a colazione, naturalmente. Così parlò il mega-presidente di Tiffany Frédéric Cumenal, 55 anni, francese del Sud («Oui, je suis bascò») che dopo tre anni alla guida della maison newyorkese ha deciso di andare alla conquista dell’Europa (possibile? «Ma qui non conoscono tutta la nostra storia») puntando sui gioielli di famiglia. Altro che madre dei Gracchi: per l’ouverture della nuova boutique sugli Champs-Elysées a Parigi, Cumenal ha voluto che ci fosse il «mitico» diamante giallo, oggi montato su un collier di brillanti per un totale di 238 carati quando la leggenda, da sola, ne conta 128 e per una nocciola/solitario da sette carati ci vogliono un milione e cinquecento mila e rotti euro. Cinque aerei privati – per confondere, nel caso qualcuno si fosse messo strane idee in testa – e guardie e codici da decifrare e email strampalate per portare quel bendidio a Parigi. E uno non sa se meravigliarsi per l’obelisco di Ramses III illuminato di verde acqua in Place de la Concorde, per l’Arc de Triomphe aperto per la prima volta di notte per un party o per gli aneddoti sussurrati fra gli ospiti all’inaugurazione, su un gioiello che solo due donne al mondo hanno indossato: Audrey/Holly, naturalmente e una signora dell’alta società newyorkese che lo ebbe in prestito per un party.

Collana con diamante giallo indossata da Audrey Hepburn
Collana con diamante giallo indossata da Audrey Hepburn

Monsieur Cumenal ma cosa è oggi il lusso nella gioielleria? 

«Non è diverso dal lusso in assoluto: qualità, innanzi tutto. Un’ossessione per noi. Prendiamo proprio il diamante giallo ad esempio: provate a immaginare cosa abbia provato quel gemmologo che si trovò tra le mani fra le mani (nel1871 e proprio a Parigi, ndr) quella pietra da 287 carati e decise di rinunciare a più di 150 carati per arrivare alla purezza quasi assoluta con il taglio. C’è un’altra dimensione  del lusso possibile?

Tiffany: il diamante giallo da 128 carati
Tiffany: il diamante giallo da 128 carati com’è montato oggi

È più moderno il lusso democratico, (che è stata anche la vostra filosofia) o quello esclusivo?

«Noi non ci siamo mai paragonati alle grandi maison del lusso europeo. E c’è una spiegazione. Il lusso tradizionale è quello esclusivo ed escludente. Da sempre.  E se penso alla vecchia Europa dico religione e aristocrazia: nulla è stato più esclusivo di queste due classi. La storia di Tiffany invece è la storia di New York, terra dove tutti e tutto si mescola o può mescolarsi e dove le porte sono sempre aperte, anche quelle di una gioielleria Questa differenza è fondamentale per capire l’impossibilità di rispondere alla domanda. Non dico che queste è meglio e quello è peggio, però».

Collana della collezione Blue Tiffany
Collana della collezione Blue Tiffany

Un francese a New York. 

«New York non è gli Stati Uniti, ma tutte le città del mondo. E i Paesi. E un crocevia di energia respirabile. Io porto la mia visione che è quella di aver scoperto un’eredità incomparabile che voglio, ora, far conoscere agli altri. È il senso della storia da tramandare che noi europei abbiamo nel Dna. Per questo ho voluto questa vetrina forte a Parigi là dove passano 100 milioni di visitatori l’anno».

Interno della boutique Tiffany
Interno della boutique Tiffany

Quando pensa alla storia che l’Europa non conosce intende l’alta gioielleria e pezzi come il diamante giallo? 

«A dire il vero solo in Italia siamo percepiti come un marchio sopratutto di gioielli accessibili. Uno strano caso».

Sostenibilità e responsabilità civile: è facile portarle avanti? 

«Sì, se fa parte della tua cultura: noi ci opponiamo all’apertura delle miniere in Alaska, allo sfruttamento selvaggio, non acquistiamo pietre nei Paesi a regime dittatoriale e investiamo in società liberali. C’è una carta che regola queste cose ma a noi non basta. Abbiamo i nostri agenti che controllano. Siamo penalizzati rispetto alla concorrenza? Pazienza. Il mondo deve andare avanti anche domani».

Già da anni non usate il corallo perché è in estinzione, altri allarmi? 

«Basta avorio. Abbiamo recentemente fatto una campagna che anche il presidente Obama ha appoggiato. Ai nostri clienti cinesi questa battaglia non piace? Non importa. L’avorio era una storia da XIX secolo, nel XXI possiamo farne a meno». Paola Pollo 

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