Jean-Christophe Babin

A Roma una Domus per Bulgari

Un piccolo museo per ospitare una grande collezione: è la Domus Bulgari inaugurata in via Condotti a Roma. E per l’occasione la maison è diventata soggetto di un «corto» del regista premio Oscar Paolo Sorrentino. Al secondo piano dello storico negozio c’è l’allestimento, Roman Heritage, che ospita la storia del marchio con gioielli appartenuti alle star o «pezzi» unici di alta gioielleria. Dal sautoir con zaffiro da 50 carati di Elizabeth Taylor, regalo di Richard Burton per i 40 anni dell’attrice, alle spille in rubini e diamanti degli anni Cinquanta appartenute ad Anna Magnani, fino ai gioielli indossati da Ingrid Bergman, Anita Eckberg, Gina Lollobrigida, Sophia Loren. Tra tutti gli oggetti espostiì spicca il sautoir anni Settanta con tre monete di epoca Romana (54-68 D.C.) in argento, oro e bronzo raffiguranti l’effigie dell’imperatore Nerone. Un legame quello di Bulgari con la Città Eterna che si riflette in molte altre creazioni, per esempio la collana anni Novanta rivestita di smeraldi  ametiste, zaffiri e diamanti si ispira alla pianta di Castel S. Angelo. E, ancora, in un collier di diamanti c’è idealmente la volta del Pantheon, mentre la via Appia, lastricata di rubini, ametiste e acquemarine, splende nel bracciale Sassi. Foto e bozzetti d’epoca fanno da cornice alle pareti. Per Paolo Bulgari questa è la realizzazione di un sogno coltivato da tempo e anche un motivo di orgoglio:« Poter celebrare in questo spazio una storia lunga 130 anni fatta di Arte, Bellezza ed eccellenza italiana».  

Il soutire di Eliz esposti alla Domus Bulgari. Foto dal sito Facebook di Bulgari
Alcuni dei gioielli esposti alla Domus Bulgari. Foto dal sito Facebook di Bulgari

Bulgari in primo piano, anche per il quotidiano La Stampa, che ha pubblicato una lunga intervista al ceo di Bulgari (che ora fa parte del gruppo francese Lvmh), Jean-Christophe Babin. Ecco l’intervista di Michela Tamburrino.

Un piccolo pezzo di storia a caratura purissima che, per Bulgari, può essere solo brillante. Benvenuti nel tempio del lusso, eretto a immagine sempiterna di una Maison sulla quale mai tramonta il sole. Giusto allora che si celebri in un museo, nel cuore di Roma, nel cuore del negozio in via Condotti, nel quale tutto nacque e che ha fatto girare la testa a principi e dive. Tra marmi pregiati e salette della memoria condivisa, svettano i gioielli recuperati, quelli dell’epopea: le spille di Anna Magnani, la collana che Burton regalò a Liz Taylor. Lo spazio Domus, ovattato, è destinato alla valorizzazione della Heritage Collection della casa grazie anche alla straordinaria inventiva e certosina ricerca storica dell’architetto Peter Marino. Fermo immagine ed ecco l’incubo visionario del premio Oscar Paolo Sorrentino, che racconta in un corto da brivido, «The Dream» il Bulgari misterioso, con anime perse pronte a ritrovarsi nelle stanze del negozio, tragitti notturni dell’aldilà con Valeria Golino in veste di Beatrice. È anche questa una Grande Bellezza potrebbe dire e certamente pensa il Ceo della Maison Jean-Christophe Babin.
Interno e bozzetti Domus Bulgari.
Interno e bozzetti Domus Bulgari. Foto dal sito Facebook di Bulgari
La vostra grande bellezza in mostra. Perché?
«È il primo museo fisso nel tempio di Bulgari. Poter aggiungere al marchio commerciale anche l’aspetto museale. Ci piaceva, dopo aver accumulato 130 anni di storia, una chiave di lettura diversa. Così le creazioni di oggi si possono ammirare meglio. Comprendendo il passato si gusta di più il contemporaneo. Le radici sono importanti».
Ma oggi il lusso dove va?
«Va dove lo si apprezza nei suoi valori di autenticità e di unicità con un savoir faire particolare. Se un marchio è antico durerà ancora a lungo. Si spende con più sicurezza se si ha la percezione della solidità. Se si percepisce l’eternità. Un pezzo Bulgari tra vent’anni andrà sempre di moda. È un’affermazione ulteriore della nostra strategia».
Ma in un momento di crisi tutto cambia?
«Oggi viviamo in un mondo incerto dalla difficile lettura. Navighiamo come su una nave nella nebbia. L’importante è non dimenticare mai la direzione presa e l’obiettivo che si vuole raggiungere. Magari rallenti, farai fatica, per evitare la tempesta prenderai vie diverse, ma alla fine bisogna arrivare lì dove si deve».
È la vostra strategia?
«La forza del nostro marchio è qui. Non sappiamo nulla del 2015, ma siamo certi che investiremo più di quanto fatto nel 2013 e nel 2014. Il lusso della gioielleria ha tempi lunghi».
Come si fidelizza il cliente?
«Osando, sempre. Il cliente compra poche volte nella vita e se sei troppo timoroso rischi di perdere l’opportunità che potrebbe non ripresentarsi mai più. Perso un acquirente è per sempre. Nel lusso i cicli d’acquisto sono lenti, un marchio deve essere il primo che ti viene in mente, deve generare un’associazione spontanea categoria-marca. Con una rete di boutiques mondiali ci trovano ovunque: trecento negozi, cinquanta negli aeroporti e una pubblicità che copre tutto l’arco dell’anno, non più sotto Natale come accadeva anni fa. Prima si faceva il 30% del fatturato in sei settimane. Ora tutto è più normale. Non vendiamo panettoni».
Alla Biennale di Parigi avete presentato una collana da 17 milioni di euro. Il vostro cliente tipo appartiene solo a questa fascia di possibilità?
«No, anzi. Il grosso dei prodotti venduti si aggira tra i 1.000 e i 6.000 euro. Non bisogna mai dimenticare che tra la nostra clientela c’è gente che apprezza l’artigianalità e che magari ha risparmiato un anno per fare quell’acquisto. Ed è il cliente che io prediligo perché aggiunge un valore emozionale alla spesa e ti sarà sempre fedele».
Lei parla di gioielli non di accessori come borse e cinte?
«Certo. Il prezzo delle borse invece è superiore alla media, miriamo alla parte alta del mercato, vogliamo essere “la creme” e dare la possibilità di portare qualcosa di esclusivo».
L’integrazione con il gruppo Lvmh ha creato dei grandi cambiamenti?
«Il gruppo ha acquisito azioni Bulgari e ha lasciato a Bulgari ampia libertà d’azione, ci ha portato sinergie utilissime per ottenere posizioni migliori. Siamo un’azienda fortemente integrata, una società di diritto italiano con impianti italiani. Tutto il nostro prodotto è realizzato in Italia e in Svizzera per quanto riguarda gli orologi, il design è italiano. Possediamo manifatture e competenze per poterlo produrre in toto, vale a dire che non abbiamo fornitori esterni. Insieme siamo solo più forti. Se voglio avere uno spazio da 200 metri quadrati in una mall posso chiederlo da solo ma se con il gruppo ne chiediamo 2000 i miei 200 li otterrò a condizioni migliori. Questione di buon senso e di vantaggi di costo, aggregandoci formiamo massa critica. Ma sono libero di decidere come meglio credo».
Anche di fare acquisizioni, anche di aggregare altri marchi del lusso?
«Certo ma non è nella nostra strategia. Lvmh è a capo a 60 aziende di moda e di orologi perciò Bulgari non ha interesse ad acquisire altri marchi. Il nostro scopo principale è alimentare la nostra fama, diventare sempre più mitici. Il management deve pensare solo Bulgari come gioielli, orologi e tutto il resto. Nel ranking mondiale siamo al quindicesimo posto, siamo nella top ten dei profumi e se guardiamo al segmento di prezzo, sopra i 2.000 euro siamo nella top five».
Una mitologia che si amplifica anche attraverso il segmento alberghiero.
«Gli alberghi sono molto importanti, sono l’espressione massima della nostra filosofia. Ne abbiamo annunciati tre, altri tre li abbiamo aperti, l’ultimo a Pechino. Cinque li inaugureremo nel 2020 oltre ai 20 store aperti nelle città che hanno un grande impatto multiculturale nel mondo, vale a dire, località turistiche che incidono».
Quali sono allora le città sulle quali puntare in un futuro prossimo?
«Se parliamo di flussi, non bisogna mai dimenticare le città simbolo che sono Parigi, Milano, Londra, New York, Tokyo, Shanghai alle quali vorrei aggiungere Pechino, Dubai, San Paolo e Sydney. Ripeto, il lusso è un business a circolo lento».
Il riferimento a Pechino non è casuale.

«È un segno importante di come Bulgari si sta rafforzando. L’albergo ne è la prova del nove. Un lusso a 360 gradi è l’interpretazione integrale del brand che non è solo oggetto ma stile e filosofia di vita».

Interno Domus Bulgari. Foto dal sito Facebook di Bulgari
Interno Domus Bulgari. Foto dal sito Facebook di Bulgari

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