Che impatto avrà l’invasione dell’Ucraina e la guerra scatenata dalla Russia sul mondo della gioielleria? Una domanda che si sono posti, in Italia, il Club degli Orafi e Intesa Sanpaolo, la maggiore banca del Paese. Per capirlo, è stata realizzata per la prima volta una inchiesta coinvolgendo i soci del Club degli Orafi, associazione che riunisce le più importanti aziende dell’industria orafa italiana. Il risultato è una fotografia sullo stato di salute del settore, ma anche delle indicazioni di strategia che seguono il conflitto. Non è azzardato pensare che medesime preoccupazioni coinvolgano anche aziende della gioielleria che risiedono in altri Paesi. Il risultato, presentato nell’ambito di Vicenzaoro, non lascia dubbi.

I dati 2021 confermano quanto abbiamo percepito come imprenditori: quello orafo è un comparto che ha saputo reagire bene alle difficoltà, continuando a investire, innovare e puntando fortemente sul capitale umano. Questo ha consentito alle aziende italiane di arrivare strutturate ad affrontare questa nuova crisi. Sicuramente le incertezze e le criticità legate principalmente ai costi e alla disponibilità delle materie prime generano preoccupazioni, ma, come emerge dalla lettura dell’indagine qualitativa, permane nel settore un cauto ottimismo. Il momento è difficile per tutti ma c’è alla base un tessuto imprenditoriale sano e solido con prospettivi reali e un sentimento positivo.
Giorgio Villa, Presidente del Club degli Orafi Italia

Il settore orafo italiano ha evidenziato nel 2021 una straordinaria capacità di reazione: dopo il crollo del mercato subito nel 2020, il settore ha conosciuto un boom di vendite che ha portato, unico tra i comparti del Sistema Moda, a recuperare interamente quanto perso durante la pandemia, raggiungendo livelli record delle esportazioni. Tali risultati sono il frutto dell’ottima competitività degli operatori italiani e degli investimenti fatti negli scorsi anni per valorizzare l’elevato livello di know-how e di creatività che da sempre caratterizza il settore in Italia. Il conflitto in corso crea nuove incertezze nello scenario: al di là del peso sul nostro export di Russia e Ucraina, peraltro limitato a 36 milioni di euro (lo 0,5% dell’export del settore, di cui 25 milioni di Russia), sicuramente le imprese dovranno fare i conti con un incremento del prezzo dei preziosi, tradizionale bene rifugio, e con consumatori più prudenti, in particolare sui mercati europei. Le opportunità su altri mercati, in primis Stati Uniti e Cina, sembrano, al momento, meno compromesse, seppure in un quadro che resterà incerto.
Stefania Trenti, Responsabile Industry Research, Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo
Circa il 78% degli intervistati, dopo il conflitto evidenzia un impatto negativo, con l’incremento dei prezzi delle materie prime come maggiore criticità indicata da tutti i partecipanti all’indagine. Ma è significativa anche la capacità di reazione: il 30% delle imprese pensa già a modifiche organizzative, in particolare attraverso una revisione dei canali di approvvigionamento, ma anche dei listini e dei canali di vendita.

E dire che il quadro emerso sull’industria orafa italiana, prima della guerra, è positivo. Quasi il 60% degli intervistati non ha subito cali del fatturato anche durante l’anno pandemico 2020, oppure li ha già completamente recuperati nel 2021. L’indice di fatturato Istat mostra una crescita dell’oreficeria e bigiotteria di oltre il 50% nel 2021 che porta i livelli del 17% al di sopra di quelli del 2019, un dato nettamente superiore alla media manifatturiera (+9%) e soprattutto agli altri comparti della moda, cha ancora soffrono di un gap nei confronti del pre-pandemia.

Cruciale per il recupero del settore la competitività sui mercati internazionali, con le esportazioni che hanno toccato il record storico di 8,5 miliardi di euro per l’oreficeria e bigiotteria e di 7,5 miliardi per i soli gioielli in oro, grazie agli ottimi risultati conseguiti su tutti i mercati, in particolare gli Stati Uniti che rafforzano il proprio ruolo di primo sbocco. Ma in questa atmosfera di diffuso ottimismo, con oltre il 73% delle imprese che si aspettava una ulteriore crescita del fatturato nel 2022, l’inchiesta del Club degli Orafi ha evidenziato preoccupazioni già a gennaio, a causa dell’aumento dei prezzi delle materie prime e i ritardi negli approvvigionamenti.

Le imprese del settore, però, sembrano pronte alla sfida: il 60% ha aumentato i propri investimenti nell’ultimo biennio, nonostante la pandemia, con una particolare attenzione nei confronti della formazione e del capitale umano, che ha ricevuto il massimo dei punteggi in termini di priorità ed è stato indicato solo dal 5% del campione come non rilevante. Seguono la digitalizzazione della fase produttiva, la Ricerca e Sviluppo e la valorizzazione del marchio. Lo sguardo, insomma, va oltre la guerra.
