La linea Acqua di Stefan Hafner nasce da una visione notturna, quella della Fontana di Trevi alle 3 del mattino, dalla suggestione del movimento dell’acqua che ipnotizza chiunque la guardi, con il blu intenso della fonte che sfuma nel bianco della schiuma che si rifrange alla base. Poi, altri viaggi e altre fontane hanno continuato a ispirare il designer della maison, Francesco Cosentino. L’anello chevalier Acqua preziosa è la evoluzione di questa linea: una cascata di zaffiri a forma di goccia, con una sfaccettatura taglio brillante, in movimento come l’acqua. E non potevano che essere blu: «Perché non solo è colore regale ma l’unico in grado di dare quella particolare morbidezza all’insieme», sottolinea Cosentino.
Lo chevalier Acqua preziosa di Stefan Hafner è stato selezionato al Couture Awards di Las Vegas, una sorta di Oscar della gioielleria, in una versione speciale: più lunga di quattro gocce per fila. L’anello sembra semplice, ma in realtà ha una struttura complessa. Come per la maggior parte dei gioielli del marchio di Valenza, la lavorazione parte dalla selezione delle pietre. In questo caso, racconta il designer, ci sono voluti tre giorni per trovare prima di tutto le giuste tonalità in quattro gradazioni di blu, dal più intenso al più tenue, fino al bianco. «Sembra banale, ma oltre alla sfumatura e alla qualità della materia, ossia dello zaffiro, bisogna prevedere una riproducibilità del pezzo, cioè poter garantire la stessa coloratura anche nelle produzioni successive», precisa Cosentino. Una regola che vale anche per gli altri pezzi unici: nel caso la cliente perdesse una pietra, ogni gioielliere che si rispetti deve poter garantire la sostituzione.
Tre giorni per scegliere gli zaffiri, tre mesi per realizzare l’anello chevalier Acqua preziosa di Stefan Hafner: le pietre a goccia, montate a griffe, sono state posizionate secondo una sequenza precisa per controllarne il movimento e regolarlo con degli snodi che si bloccano in maniera asimmetrica. Questa frangia mobile va collegata con la parte rigida del gioiello in modo armonico, senza discontinuità tra le pietre a goccia e gli zaffiri tondi fissati con delle punte applicate sulla base dell’anello. E poi c’è il meccanismo della misura, ossia la molla all’interno del gambo, che ha richiesto un mese di studio per riuscire a costruire un anello con una molla interna che lo rendesse flessibile e quindi adattabile alla misura di un altro dito oltre al mignolo, senza essere però pesare sulla mano. Insomma, tecnica sì, ma senza perdere in leggerezza, morbidezza e delicatezza. Monica Battistoni