La gioielleria è un’arte nobile. In alcuni casi in senso letterale. Come per Ashaha, brand parigino di gioielleria nato nel 2022 e frutto della creatività di Oumaima Benharbit, figlia della principessa Lalla Hasna del Marocco, la figlia più giovane di Re Hassan II e di sua moglie Lalla Hasnaa. Quella di Ashaha non è una gioielleria etnica, anche se è ispirata alla cultura berbera. La popolazione berbera vive nelle montagne dell’Atlante, nel deserto del Sahara e nelle regioni costiere del Marocco, con una storia che risale a 23.000 anni fa. I berberi hanno anche un loro speciale alfabeto, che ispira le collezioni di Ashaha.
I gioielli sono realizzati in oro, diamanti e pietre semi preziose. Tra tutte le gemme, l’opale è utilizzato spesso grazie al fascino dalla sua complessità, dalle leggende legate a questa pietra. Una delle ultime creazioni di Ashaha è la collezione Arcadia, realizzata in oro 18 carati con diamanti: fonde lo stile vintage degli anni Settanta con un sottile mix di colori e diamanti, creando una sofisticata miscela di patrimonio retrò e bagliore contemporaneo.
I gioielli sono realizzati in oro bianco, giallo e rosa accompagnati da inserti in pavé di diamanti. La collezione è composta da pendenti, orecchini singoli, bracciali e anelli. La collezione è in vendita su Ashaha.com e varia da 1.550 a 6.000 dollari e un prezzo equivalente in euro.
Parigi nel cuore di Lise Vanrycke
Lise Ferreira Vanrycke è una giovane designer nata a Parigi, «nel cuore del 9 arrondissement», precisa lei. Nelle vene, però, scorre sangue portoghese: è figlia di padre dell’Algarve, mentre la madre è di Aveiro, una città sulla costa occidentale del Portogallo. Vanrycke è invece il nome del marito. Lise Ha uno stile molto piacevole, lineare, pulito, moderno. Ma allo stesso tempo caldo. Laureata in arti applicate nella capitale francese, aveva l’ambizione di diventare pittrice o fotografa. Invece ha creato il brand Vanrycke nel 2000 dopo aver partecipato a qualche mostra, mentre muoveva i primi passi nel mondo del gioiello.
Dopo aver esposto i gioielli in un salone, quasi contemporaneamente ha ricevuto un ordine dal Giappone e si è resa conto che la sua vita professionale sarebbe stata nella progettazione di gioielli. La designer si sente molto parigina e lo è anche il suo stile: raffinato, colto, ricco. Ma anche accessibile. Se vi piacciono, i suoi gioielli, che sono venduti un po’ in tutto il mondo (a Parigi, in particolare, anche al Bon Marché e alle Galeries Lafayette, ma anche da Harrods, a Londra), si trovano anche online.
A Parigi torna lo storico marchio Vever
A Parigi c’è una nuova vecchia Maison: Vever. Nuova perché è stata appena aperta un paio di anni fa in zona Place Vendôme da Camille e Damien Vever. Vecchia perché i fondatori sono gli eredi di Henri Jean Baptiste Eugène Vever (1854-1954), gioielliere, scrittore e collezionista d’arte francese, protagonista del periodo della Art Nouveau e della Belle Epoque. Camille Vever ha scelto di entrare nel mondo della gioielleria grazie a una spilla, ovviamente firmata Vever, donata da sua nonna per il suo 16° compleanno. Dopo lunga riflessione, a 40 anni ha deciso di lasciare il posto di direttore generale di un’azienda biofarmaceutica e ha arruolato uno dei suoi fratelli.
La Maison fondata dal nonno era rimasta attiva fino al 1982. Ora riceve un nuovo impulso. Ma in una situazione completamente nuova rispetto a un secolo fa, anche le linee guida di Vever sono cambiate rispetto al passato. Per esempio, la Maison ha deciso di utilizzare esclusivamente oro riciclato e diamanti sintetici per rispettare l’ambiente. Al debutto Vever presenta due linee di alta gioielleria e di fine jewelry: anelli, collane e bracciali rispecchiano due differenti estetiche, una che ricorda i gioielli storici con uso di smalto, perle Akoya e forme barocche, mentre un’altra linea è più moderna con forme semplici e morbide, accanto a una più elaborata collezione ispirata ai fiori del Ginko.
La creatività senza steccati di Ina Lazarov
Ina Lazarov non è la prima donna che passa dalla scrivania di una società di finanza al tavolo di progettazione di gioielli. In questo caso, però, la designer con sede a Parigi, ha un curriculum piuttosto lungo: si è occupata di arbitraggi e trading alla banca francese Bred, di analisi economica e di materie prime nel gruppo petrolifero Cma Cgm, di gestione del risparmio per Bft Investment Managers e di servizi finanziari per il gruppo franco-tedesco Oddo Bhf. Insomma, una carriera di alto livello, che pochi possono vantare. Ma sarebbe sbagliato immaginare Ina Lazarov come un lupo di Wall Street.
Per esempio, è stata volontaria alla Isha Foundation, un’organizzazione spirituale senza scopo di lucro fondata nel 1992 vicino a Coimbatore, Tamil Nadu, India, da Sadhguru. Non a caso i gioielli che disegna hanno spesso un riferimento al mondo orientale, come per la collana della collezione Loto, con oro, diamanti, tanzanite e tormalina. Ma, oltre a creare gioielli, la designer non ha perso la curiosità: le sue passioni attuali sono l’idrogenica (energia sviluppata dall’idrogeno) e il fintech (servizi finanziari digitali).
È bello spiccare il volo. Philippe Lauras ha prodotto lavori per Maison come Jar, Fred, Harry Winston, Van Cleef et Arpels, Marina Bulgari… A un certo punto della vita, però, ha giustamente deciso che poteva creare anche qualcosa per sé stesso: a GemGèneve il designer francese ha così portato il frutto della sua esperienza. Sono gioielli che riflettono non solo la capacità tecnica, realizzativa, ma anche un gusto estetico che sta alla pari con quello delle più famose marche parigine. Fiocchi e volute, intrecci e nastri realizzati in oro e diamanti, oppure zaffiri, smeraldi, spinelli e così via, sono di alta gioielleria. La collezione si chiama Falbala e nasce da un lavoro di fantasia attorno a un nastro. A volte questo nastro è legato intorno al dito per formare un anello pieno di volume e delicatezza. Altre volte il nodo forma un orecchino le cui volute ornano delicatamente il viso.
Una strada che Philippe Lauras ha percorso a partire dalla scuola di gioielleria di Parigi (BJOP), abbinata a una formazione aggiuntiva in gemmologia, corsi di disegno, volume e modellazione. Tutto ciò è servito, nei primi anni Ottanta, a un lavoro con i due laboratori parigini riconosciuti per la realizzazione dei pezzi più esigenti e prestigiosi della gioielleria francese e internazionale. Abbiamo già citato i marchi con cui l’abilità del designer si è cimentata.
Con questa esperienza, nel 1995, Philippe Lauras ha creato un suo laboratorio vicino a Parigi, posizionato sulla progettazione di pezzi unici per i grandi nomi della gioielleria. Si è perfezionato in collaborazione con Victoire de Castellane (Dior). E oggi lancia la prima collezione che, spiega, unisce eleganza e raffinatezza. Tutti gioielli sono ovviamente creati e interamente realizzati a mano nel laboratorio. I pezzi sono mobili, leggeri, che aiutano a mettere in movimento i gioielli, dando così vita ai gioielli. I diamanti utilizzati sono naturali, qualità D.E/VVS, garantita dalla certificazione internazionale Kimberley.
Il passato presente di Manuel Bouvier
Vi piacciono i gioielli antichi, ma li vorreste senza difetti? Ci pensa Manuel Bouvier. Lo trovate nella capitale svizzera della gioielleria, Ginevra. Esperienza ne ha accumulata parecchia: ha iniziato la sua carriera lavorando per Cartier nel reparto Alta Gioielleria, e in seguito per il Museo Cartier. Ha imparato tutto sul periodo d’oro della gioielleria, e ha anche sviluppato il piacere di creare, anche grazie alla collaborazione con Marina Bulgari.
Tecnica presente e gusto per il passato: adesso utilizza le competenze degli artigiani in Europa e in India per creare gioielli che utilizzano spesso vecchie e preziose pietre, oppure materiali dimenticati. Il risultato sono, per esempio, gioielli giade di sfumature insolite, calcedonio in vecchi colori di moda, opali, ma anche pezzi classici in oro bianco e diamanti. Niente che sia all’ultima fugace moda, dunque, ma proprio per questo assolutamente di moda che dura. Una gioielleria come si faceva un tempo, partendo dal materiale e puntando su forme che hanno fatto grande l’oreficeria nel passato. Per chi ama avere il sapore dei secoli addosso.
Far rivivere i nomi dei grandi designer del passato è un’operazione che si ripete spesso. È così, per esempio, per Fulco di Verdura, oppure René Lalique. Ora è la volta di Oscar Massin, grande gioielliere belga nato nel 1829. Una nuova Maison, infatti, nasce a Parigi con il nome di Oscar Massin, ma debutta negli Stati Uniti. Nell’Ottocento Oscar Massin il gioielliere si trasferì a Parigi e lavorò come gioielliere in Place Vendôme. Mostrò i suoi gioielli anche alla celebre Esposizione Universale di Parigi, nel 1867, e ricevette la medaglia d’oro. Era, insomma, un rivale dei contemporanei Frédéric Boucheron e Louis-François Cartier.
Scomparso nel 1895, Massin è stato dimenticato. Finora. La nuova Maison che utilizza il nome del gioielliere è stata fondata da Frederic de Narp, Ceo di Oscar Massin, (ed ex Ceo globale di Harry Winston), e da Sandrine de Laage, direttrice creativa, con Coralie de Fontenay, presidente (tutte e due ex Harry Winston e Cartier). Ma con una grande differenza rispetto al gioielliere del passato: la Maison utilizza diamanti creati in laboratorio Latitude, che considera climaticamente neutri (sono i primi a soddisfare i più elevati standard di responsabilità ambientale ed etica di SCS Global Services), assieme a oro e platino riciclato. Il brand ha un link con Luximpact, una società finanziaria con sede in Lussemburgo che controlla aziende nel settore del lusso, mentre tra gli investitori ci sono anche Kate Hudson e la stilista Rachel Zoe.
Data la sua eredità e il suo spirito, se Oscar Massin fosse ancora in circolazione, molto probabilmente sfiderebbe l’intero settore con un’enfasi sull’innovazione e la sostenibilità. Questa è la nostra ispirazione e ambizione per il marchio.
Frederic de Narp
Lo stile dei gioielli di Oscar Massin vuole mantenere un legame quello che caratterizzava il gioielliere belga. In particolare, con la montatura in filigrana. I fili di oro che compongono i gioielli assumono così, qualche volta, l’aspetto di un pizzo. Una linea di gioielli si chiama, appunto, Filigree (filigrana). I gioielli hanno un prezzo tra i mille e i 30.000 euro.
Le Soleil d’Or, super diamante firmato Fred
Nel gruppo francese Lvmh, il più grande agglomerato di marchi di lusso, da Tiffany a Dior, da Bulgari a Chaumet (ma l’elenco completo sarebbe lunghissimo) c’è anche Fred, una Maison con radici che affondano agli anni Trenta. Anche se la maggior parte dei gioielli proposti da Fred si può qualificare come fine jewelry, di lusso moderato, spesso con un design sportivo come la collezione più nota, Force 10, il marchio è pronto a sfoderare un colpo eccezionale: un grande diamante giallo, chiamato Soleil d’Or. La pietra, che ha segnato la storia della Maison, ritorna ora nel patrimonio di Fred, 44 anni dopo la sua prima presentazione al pubblico.
È una pietra maxi: pesa 101,57 carati e ha un colore classificato fancy intense yellow, che la pone tra le gemme di grandissimo valore. Il diamante Soleil d’Or è stato chiamato così nel 1977 dal fondatore, Henri Samuel. La gemma sarà visibile al pubblico nell’autunno del 2022, a Parigi, in una mostra retrospettiva sul marchio. Prima della sua presentazione ufficiale, quasi mezzo secolo fa, la pietra è stata al centro di un pranzo a cui hanno partecipato la stampa e alcuni amici della Maison, come l’attrice Margaux Hemingway, che è stata ritratta con il diamante. Nota allegra: Margaux Hemingway, mentre maneggiava la pietra, finse di perderla. Dopo qualche momento di caos, l’attrice la fece ricomparire tra i denti.
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In Place Vendôme a Parigi è nata una nuova Maison di gioielli: si chiama Courbet e lavora solo con diamanti artificiali ♦︎
Forse qualche gioielliere l’ha vissuta come una provocazione, chissà. Ma da un paio di anni in Place Vendôme a Parigi, la capitale dell’alta gioielleria, c’è una nuova Maison specializzata in gioielli con diamanti cresciuti in laboratorio, cioè sintetici. Il brand ha un nome altrettanto provocatorio: Courbet. È il nome del pittore francese dell’Ottocento celebre anche per essere l’autore di un quadro, L’origine del mondo, che ritrae in primo piano un sesso femminile (oggi fa meno scandalo, ma allora fu uno choc), Courbet, curiosamente, durante la Comune di Parigi è stato tra i promotori della distruzione della colonna in bronzo di Place Vendôme, considerata un monumento anti-pacifista (ma poi è stata ricostruita).
I gioielli della Maison Courbet, però, non sono affatto provocatori, nonostante l’utilizzo di diamanti sintetici.
Il marchio è diretto da Manuel Mallen, che ha passato 20 anni come manager di Piaget e Baume & Mercier. La designer è, invece, la svedese Marie-Ann Wachtmeister, ex manager marketing in Europa per Procter & Gamble. Il negozio di Courbet si trova al quinto piano di Cour Vendôme, proprio dietro la piazza. I gioielli hanno come bandiera l’etichetta della sostenibilità, di prodotto etico. Oltre ai diamanti lab grown, Courbet sottolinea l’utilizzo di oro riciclato. E non solo da altri gioielli: utilizza anche l’oro presente nel materiale informatico e industriale obsoleto. Mentre un’ottima miniera produce solo circa 5 grammi di oro per tonnellata di minerale, una tonnellata di rifiuti elettronici può contenere fino a 1 chilogrammo di metallo giallo.
Insomma, gioielleria con diamanti sintetici, a due passi dalle boutique di Boucheron, Van Cleef & Arpels, Damiani, Piaget… il mondo sta proprio cambiando.
Gioielli diversi, uno stile personale, la ricerca di una nicchia di mercato: Pascale Monvoisin a Parigi non fa concorrenza alle grandi Maison di Place Vendôme, ma segue la sua strada. E, visto che ha deciso di aprire una seconda boutique nel cuore della capitale francese, si direbbe che il suo lavoro è apprezzato. Pascale Monvoisin è uno di quei designer felicemente colpito fin da bambino dalla sindrome della gioielleria, una pericolosa malattia che induce chi ne è vittima ad aprire un’azienda che produce anelli, bracciali e orecchini. Ma l’avvenimento che lo ha convinto a compiere il passo di fondare il proprio brand è stato, racconta lui stesso, un viaggio in India .
A Jaipur, la capitale della gioielleria e delle pietre del Rajasthan, ha acquistato un chilo di turchesi. E ha iniziato subito a disegnare gioielli. Dopo quell’exploit, la fonte di ispirazione è completamente cambiata: sono state le fotografie di Robert Mapplethorpe. I gioielli di Pascale Monvoisin utilizzano oro e pietre preziose e semi preziose, ma anche materiali inconsueti per la fine jewellery, come la bachelite.
Ha fondato e dirige Igr London, laboratorio indipendente di diamanti e pietre preziose. Ha fondato e diretto Yeraua Diamonds, azienda che commercia in diamanti. E, infine, ha fondato un brandi di gioielleria che porta il suo nome: Thelma West. Un percorso intenso, ma non è l’unico aspetto inconsueto: Thelma West, infatti, è nigeriana, nata a Lagos. E non è frequente che una donna nera faccia strada nel selettivo mondo delle pietre preziose e della gioielleria. Invece lei ci è riuscita, con comprensibile orgoglio, e i suoi gioielli sono rimbalzati sulle pagine delle riviste patinate.
A Londra, per la verità, si era trasferita per studiare ingegneria meccanica. Ma ha dovuto interrompere gli studi e ha optato per un corso di gemmologia ad Anversa. Dalla città belga è iniziata la professione di trading nel mercato dei diamanti, fino a quando le pietre preziose sono diventate la materia prima per realizzare gioielli di alta gamma. Le pietre, come ormai è consuetudine, sono garantite di origine etica, mentre i gioielli sono creati attraverso un processo artigianale e offerto con una garanzia a vita: formula che ha aiutato il successo.
Le sue radici, però, non le ha dimenticate: West dona una parte di ogni singola vendita a due cause in Nigeria: una per le spese mediche per i bambini negli ospedali e un’altra per l’istruzione delle ragazze fino alla scuola secondaria. E, naturalmente, la designer sa che è difficile per una donna con la pelle nera lavorare in un ambiente come quello della gioielleria, anche se si dice fiduciosa in un miglioramento della percezione.
Gioielli digitali con il Brafa 2021
Come nel 2020, purtroppo, le fiere continuano a essere posticipate a causa del covid. Non fa eccezione il Brafa di Bruxelles che, proprio come tanti altri eventi, ha optato per un’edizione digitale. Per il 2021, quindi, la grande fiera dedicata alle arti, all’antiquariato e ai gioielli speciali, d’epoca o contemporanei, si svolge da mercoledì 27 a domenica 31 gennaio. Gli espositori iscritti a Brafa 2021 sperano che le loro gallerie in formato digitale riescano a dare un’idea della loro offerta: non è semplice, però, visto che gli oggetti perdono parte del loro fascino se osservati solo su uno schermo. Ma è l’unica alternativa possibile.
In totale nel 2021 sono presenti 126 mercanti d’arte di 13 Paesi e 37 città. L’invito è quello di recarsi nelle diverse gallerie oppure visitare la pagina web di ogni espositore dove si trovano foto e descrizioni degli oggetti presentati. Come detto, non mancano i gioielli, come quelli della gioielleria Nardi di Venezia. Bernard Bouisset, gioielliere di Béziers (Francia) presenta un anello con un grande diamante fancy yellow. Sono presenti, inoltre, altri gioielli come quelli firmati da prestigiose Maison come Van Cleef & Arpels, a storici designer come René Boivin. Federico Graglia
Boom per lo shopping online di gioielli
La notizia riguarda il mercato dei gioielli negli Stati Uniti, ma sembra evidente che sia il segno di un trend globale, anche se probabilmente con proporzioni diverse nei diversi Paesi del globo. Durante il periodo natalizio, secondo Mastercard, le vendite online di gioielli sono state da record. La società che gestisce uno dei più diffusi circuiti di pagamento attraverso carte di credito ha fatto sapere che negli Usa, in generale, escludendo dal conteggio solo le auto, in media le vendite durante il periodo che precede le festività (11 ottobre al 24 dicembre) sono aumentate del 3%. Ma lo shopping online è cresciuto molto di più: del 49% rispetto al 2019.
In totale, le vendite attraverso le piattaforme di e-commerce hanno rappresentato il 19,7% delle vendite complessive al dettaglio, in aumento rispetto al 13,4% del 2019. Certo, le restrizioni imposte dal covid hanno contribuito a spingere le vendite online, ma il dato resta. Le vendite complessive (online e in negozio) di gioielli sono scese del 4,3% rispetto all’anno precedente, ma quasi la metà (44,6%) sono state concluse online. Durante questo periodo, insomma, quasi un americano su due ha acquistato gioielli dal proprio smartphone o computer. Senza contare che i beni di lusso, esclusi i gioielli, sono scesi complessivamente del 21,1% e, quindi, la performance del settore dei gioielli risulta ancora più evidente.
Gioielli di lusso? Ve li presta Vivrelle
Vi piacerebbe sfoggiare un gioiello di Bulgari, ma non avete abbastanza soldi per acquistarlo? O forse preferite Van Cleef & Arpels? Oppure, ancora, di Cartier? Negli Stati Uniti hanno trovato la soluzione: si chiama Vivrelle. L’idea è di Wayne e Blake Geffen ed è molto semplice: un club che offre a chi si iscrive la possibilità di indossare marche di lusso. Per ora il servizio è riservato agli Usa, ma i fondatori progettano di estenderlo ad altri Paesi. A proposito: oltre ai gioielli, Vivrelle propone anche borse, abiti e altri prodotti firmati. L’idea è piaciuta, anche perché consente facilmente di cambiare guardaroba e gioielli indossati.
Funziona così: l’iscrizione al club costa un minimo di 99 dollari al mese, oppure 199 o 279. Nel primo caso (Classique) consente di prendere in prestito un articolo al mese con un valore al dettaglio stimato inferiore a 4.000 dollari. Con la seconda opzione (Couture) si può prendere in prestito un articolo al mese con un valore superiore a 4.000 dollari, compresi pezzi rari, unici e in edizione limitata. La terza possibilità aumenta il prestito a due oggetti alla volta: un pezzo dall’armadio Classique e uno oggetto dall’armadio Couture.
Uno degli aspetti che hanno riscosso maggiore successo è che abiti o gioielli presi in prestito possono essere tenuti per tutto il tempo desiderato. Le spese di spedizione sono comprese nell’abbonamento. Le lista delle marche di gioielli presenti nel catalogo, che si può sfogliare online, comprende Stephanie Gottlieb, Cartier, Bulgari, Van Cleef & Arpels, Ermete, Chanel, Tiffany, Louis Vuitton, Gucci, oltre a una serie di collane, anelli e bracciali con diamanti messi a disposizione direttamente da Vivrelle.
I suoi gioielli ricordano le atmosfere romantiche di metà Ottocento, tra congegni per scrutare il cielo, bambole meccaniche, i primi laboratori scientifici: Elie Top ha il merito di proporre un tipo di gioielleria raffinata, completamente diversa, destinata a pochi eletti. Chi, in ogni caso, sa apprezzare le sue creazioni che utilizzano i principi della meccanica applicata alla gioielleria. La sua idea è di realizzare gioielli che possono essere collocati nel passato come nel futuro. Ci è riuscito.
I primi passi nel mondo del lavoro, però, li ha compiuti nel settore della moda, dopo gli studi alla Chambre Syndicale de la Couture di Parigi. A 19 anni lo stage da Yves Saint Laurent, a fianco del mitico designer Jean-Paul Knott e poi con Alber Elbaz. Passato a Lanvin, ha iniziato a disegnare i gioielli del brand di moda, poi da Baccarat e Roger Vivier. Nel 2015 il salto con la linea di gioielli che porta il suo nome e la nuova vita come designer di gioielli indipendente.
Ma, soprattutto, con uno stile inconfondibile: utilizza oro 18 carati e argento invecchiato per realizzare gioielli che sembrano usciti da un laboratorio misterioso, e che contengono parti mobili, come gli Anelli Sphère, con bolle metalliche che si aprono e si chiudono e rivelano perle, diamanti, onici.
Mathon, gioielleria parigina fondata negli anni Settanta dall’artista orafo Roger Mathon, ha proposto a un’altra artista, Emeline Piot, di disegnare una collezione di gioielli. Non si tratta di una collezione qualsiasi, ma di una serie di gioielli che sono il risultato della collaborazione particolarmente intensa tra Emeline Piot e gli artigiani dell’Atelier Mathon. Si tratta di gioielli molto elaborati, con uno stile che ricorda per qualche motivo l’art nouveau, ma anche l’arte orientale. Bracciali, collane, anelli e orecchini sono di sicuro differenti da quelli abituali e sono anche in cerca di donne capaci di indossarli: non sono gioielli per tutte.
I temi di ispirazione dei gioielli sono animali e piante, ma senza alcuna idea di rappresentare gli elementi naturali. Sono, piuttosto, una elaborazione ricca del soggetto originale. I materiali utilizzati sono di prima qualità con grande scelta di gemme, come spinello rosso e arancio, spinelli cabochon neri, tormaline Paraíba, zaffiri blu, diamanti GVS, smeraldi.
I nuovi gioielli firmati da Robert Procop e di Angelina Jolie al GemGèneve. I profitti della vendita della collezione destinati a una Ong ♦︎
Arrivano a Ginevra i gioielli di Angelina Jolie. O, meglio, la collezione Style of Jolie, nata dalla collaborazione tra il gioielliere Robert Procop. Il designer, infatti, è tra i cento partecipanti a GemGenève, l’evento dedicato a gemme e gioielleria esclusiva (10 al 13 maggio al Palaexpo di Ginevra). Il feeling tra l’attrice e il designer è nato nel 2012, quando il gioielliere di Beverly Hills ha collaborato con Angelina Jolie per creare una collezione con l’obiettivo di donare fondi all’associazione co-fondata dall’attrice, The Education Partnership for Children of Conflict. La Ong ha come traguardo la costruzione di scuole e fornire istruzione per i bambini in aree con conflitti. Sia Procop che Angelina Jolie hanno dichiarato di donare il 100% dei profitti della collezione per la nobile causa.
I gioielli della collezione sono, appunto, tra le novità in programma di GemGèneve, oltre ai pezzi della linea di alta gamma. La collezione comprende creazioni uniche con smeraldi colombiani eccezionali e gioielli con tormaline, berilli verdi e citrini. Giulia Netrese
In Francia nasce un colosso dei gioielli
In Francia nasce un gigante della gioielleria (eppure è poco conosciuto): Marcel Masson Robbez acquista la Christian Bernard ♦
Ogni tanto una notizia che arriva dal mondo dell’economia interessa da vicino il mondo dei gioielli. La notizia è questa: Marcel Masson Robbez diventa il primo produttore francese di gioielli di alta gamma. Ha acquistato Christian Bernard dal Tribunale di Commercio di Evry. Il nuovo gruppo avrà un fatturato di circa 100 milioni di euro. Marcel Masson Robbez ha sede a Lozère, in Occitania (Sudest della Francia) e Christian Bernard (sede a Parigi) sono i principali produttori, rivenditori e grossisti di gioielleria del Paese. La Christian Bernard era in difficoltà, dopo che il fatturato è sceso da 150 a 50 milioni di euro. In compenso Marcel Masson Robbez ha un sistema di produzione completamente automatizzato, che permette di inviare fino a 1.500 box di gioielli al giorno.
L’operazione è stata sostenuta dal Fondo di consolidamento e lo sviluppo delle imprese (una sorta di Cassa depositi e prestiti francese), che a giugno diventerà un azionista di minoranza di Marcel Robbez Masson, con un apporto di 15 milioni nel patrimonio netto, come parte di un round di finanziamento di 40 milioni. Dalle banche sono arrivati altri 25 milioni. «La tendenza in gioielleria è la concentrazione. Attualmente stiamo studiando altri obiettivi di acquisizione», ha anticipato il numero uno dell’azienda, Frank Robbez-Masson.
Il gruppo acquisito ha 200 dipendenti in Francia. All’estero, Marcel Robbez Masson, che aveva siti produttivi in Marocco e Portogallo, dà lavoro a un migliaio di lavoratori in Vietnam. Marcel Masson Robbez ha 3.000 clienti in Francia, tra orologiai, gioiellieri e orafi nel segmento premium della gioielleria. Ha anche una rete di 25 boutique in franchising e aprirà un ufficio a Hong Kong entro l’anno. Federico Graglia