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Una Chimera per Calgaro

Una Chimera per Calgaro. Passa di mano l’azienda di gioielleria specializzata in oro e argento filato, nata solo una decina di anni fa. Massimo Anselmi e la sua Calgaro ha infatto acquistato il marchio vicentino. Insomma Arezzo compra Vicenza, assieme ai suoi brevetti. Obiettivo (ovvio) è il rilancio del brand, mantenendo la produzione in Italia e Monica Fin come direttore creativo. Il passo successivo sarà puntare all’export. Non solo Europa, ma anche Russia e Asia centrale, Medio Oriente e Cina. Chimera è solo l’ultimo colpo del gruppo guidato da Anselmi: la società controlla già i brand Ventipuntodieci, Bacio, Reeve e Jumper’s e il 47% della maison Fausto Sarli. Chimera, a sua volta, è organizzata in due divisioni: Glamour e Gold. Calgaro è attiva da una trentina d’anni e produce accessori e gioielli per l’alta moda italiana e francese. Ha un fatturato di 18 milioni di euro. Federico Graglia 

Bracciale d'oro by Calgaro
Bracciale d’oro by Calgaro

 

Bracciale a fili d'oro di Calgaro
Bracciale a fili d’oro di Calgaro

 

Bracciale a fili d'argento di Calgaro
Bracciale a fili d’argento di Calgaro

 

Pomellato: parla Andrea Morante

Pino Rabolini, che ha venduto la maggioranza delle azioni di Pomellato al gruppo francese Ppr, pardon ora si chiama Kering. Il numero uno, insomma, è Andrea Morante, l’amministratore delegato che è rimasto au commande, come direbbe monsieur Francois Pinault, nuovo padrone del vapore. Per chi fosse interessato, il quotidiano «la Repubblica» ha ieri pubblicato una placida intervista di Marcella Gabbiano all’ex banchiere d’affari che convertito al lusso, dopo aver vissuto quindici anni ai vertici di Credit Suisse First Boston. «Non basta esportare. Bisogna essere presenti nel mondo con strutture proprie che tidannoil polso dei diversi mercati», risponde l’amministratore delegato, pardon, le chef de la direction di Pomellato. «Il gruppo è riuscito a internazionalizzarsi rapidamente mantenendo un livello di profittabilità molto competitiva. Forte di una rete distributiva che comprende 86 negozi monomarca, di cui 45 Pomellato e 41 Dodo, e oltre 600 punti vendita nel mondo, ha chiuso il bilancio 2012 con 146 milioni di euro contro i 102 del 2009. L’Ebitda ha raggiunto i 21,8 milioni (14,5 nel 2009) e l’utile netto 7,1 milioni (2,1 milioni nel 2009)». E, aggiunge il quotidiano, il peso dell’Italia è passato dal 59% del 2009 al 45% di oggi. Insomma, con più estero Pomellato è un gioiello di azienda. Che, però, non poteva crescere da sola. Ma anche per uno dei grandi problemi che ricorre nelle aziende familiari: la successione. Il figlio di Rabolini non ne ha voluto sapere di prendere le redini dell’azienda. «Rabolini si è detto: visto che non posso mettere la mia azienda nelle mani di mio figlio che ha altri interessi, l’affido a chi ha dimostrato di garantire lo sviluppo e il futuro che merita. Da qui la scelta di Kering che con un altro marchio del lusso italiano, BottegaVeneta, ha fatto un lavoro importante». Ma forse, Morante non lo dice, ha giocato anche un’offerta più solida da un punto di vista finanziario. Morante assicura, comunque, che lo stile di Pomellato resterà lo stesso, assieme a Sergio Silvestris, direttore creativo. «Siamo stati i primi a proporre una nuova collezione ogni anno costruendo un archivio storico di grande valore. Quando il prezzo delle materieprime, oro in primis, è salito alle stelle abbiamo deciso di realizzare in argento le nostre creazioni più importanti», continua il manager. «Attingendo dall’archivio, Silvestris ha interpretato con nuove proporzioni e uno stile rock, le icone del marchio». Risultato: Pomellato 67 si sta imponendo quasi come un brand autonomo. Ultima notizia. Chiede l’intervistatrice: il temporary space di via Sant’Andrea nel cuore del quadrilatero del lusso milanese, è stato aperto a novembre 2012. Visto che continua a essere molto frequentato, si trasformerà in un permanent space? Risposta: «Ci stiamo pensando. Valuteremo. Del resto anche Dodo nel tempo ha assunto l’identità di marchio autonomo». Insomma, nessun annuncio. D’altra parte, il silenzio è d’oro, no? M.d.B.

 

Andrea Morante inanellato
Andrea Morante inanellato

 

Il temporary matusalem store di Pomellato 67 in via Sant'Andrea, a Milano
Il temporary matusalem store di Pomellato 67 in via Sant’Andrea, a Milano

 

Anelli by Pomellato
Anelli by Pomellato

 

Tilda Swinton, testimonial di Pomellato
Tilda Swinton, testimonial di Pomellato

 

Swarovski indossa Chamilia

[wzslider]Swarovski si allarga. Obiettivo: crescere nei bijoux componibili. Per questo ha acquisito l’americana Chamilia, un’azienda di Minneapolis che fa gioielli, come si dice adesso, accessibili. Cioè che costano poco, dai 10 ai 200 dollari. Chamilia è molto diffusa negli States, in Australia e in Gran Bretagna, ma poco nel resto dell’Europa. I bijoux di Chamilia sono realizzati in metallo, ma anche in oro 14k, argento Sterling 925, cristalli Swarovski Elements, charms italiani fatti a mano in vetro di Murano e pietre preziose naturali e colorate. G.N.

 

 

L’oro si ferma: merito delle mamme cinesi

a quotazione dell’oro è scesa parecchio, prima di fermarsi. Come mai? C’è anche una spiegazione curiosa: sarebbero state le mamme cinesi a bloccare la discesa del prezzo con massicci acquisti volti a creare delle doti ricche per le loro figlie. Perlomeno, questa è la tesi del «South China Morning Post», quotidiano di Hong Kong. Il giornale cita Cheung Tak-hay, presidente della Borsa dell’oro e dell’argento dell’ex- colonia britannica, secondo il quale «i piani degli speculatori sono stati mandati all’aria dai compratori di tutto il mondo, come le madri cinesi, che hanno colto al volo l’opportunità presentata dal prezzo basso». In effetti, i consumi di oro da parte della Cina sono saliti a quota 320,54 tonnellate nel primo trimestre del 2013, in progresso del 26% rispetto all’analogo periodo del 2012. I dati diffusi dalla China Gold Association evidenziano come gli acquisti di lingotti d’oro sono saliti del 49% a 120,39 tonnellate, mentre quelli di gioielli del 16% a 178,59 tonnellate. L’apporto di oro della Cina, il più grande produttore al mondo del metallo giallo, è salita dell’11% a 89,91 tonnellate. 
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Il prezzo per un’ oncia d’oro è sceso del 9,1% in aprile, arrivando a 1.321 dollari, il punto più basso dal 1983. I massicci acquisti, molti dei quali sono avvenuti in Cina, hanno riportato l’oro a 1.500 dollari. «L’oro ci piace e il prezzo è buono», ha spiegato al giornale Zhu Tingting, una professionista trentenne di Shanghai che ha comprato una grossa quantità del metallo. Operatori del mercato interpellati dal giornale sostengono che la speculazione sperava di far scendere il prezzo fino a 1.300 dollari l’oncia. Il prezzo dell’oro ha toccato il suo picco di 1.920 dollari nel 2011. F.G.

Oro cinese
Oro cinese
L'andamento del prezzo dell'oro nell'ultimo anno
L’andamento del prezzo dell’oro nell’ultimo anno

Perché i brillanti aumenteranno di prezzo

A tutti i collezionisti, a tutti gli appassionati, a tutte le donne che hanno al dito solitaire o alle orecchie brillanti che più brillanti non si può: il prezzo dei diamanti (e quindi il loro valore) aumenterà. Lo afferma in un’intervista al settimanale «il Mondo», Eli Izhakoff, presidente del World diamond council, l’organizzazione che riunisce i big player di settore, da Ruth Batson (American gem society) a Robert Gannicott (Harry Winston), Lawrence Ma (diamond federation of HK-China) o Avi Paz (World federation of diamond bourses). A far lievitare i prezzi dei diamanti sarà (anzi, è) la domanda da parte di India e Cina. «Le comunità dei diamanti in Belgio, Israele o New York non stanno scomparendo, ma adattando alla nuova realtà, da una parte, avviando o partecipando a nuove iniziative produttive in Paesi come Cina e Botswana; dall’altra, continuando a occuparsi di diamanti in patria, focalizzandosi però su quelle nicchie di business dove sono in grado di essere competitivi: diamanti di altissima qualità, pezzi unici sui quali la componente costo del lavoro è meno rilevante», spiega Izhakoff nell’intervista. E se gli Usa restano il primo Paese per acquisti di gioielli con diamanti (oltre 25 miliardi di dollari), i ricconi di Pechino e Shanghai spendono in solitari e collier 8 miliardi di dollari. «La domanda in Asia è decisamente forte. Di più, se non fosse stato per la domanda asiatica, dopo la crisi finanziaria globale di fine 2008, il settore non si sarebbe ripreso con la velocità con la quale si è rialzato: il brusco calo del mercato dell’Europa occidentale come del Nord America è stato compensato dai buyer di gioielleria e diamanti dalla Cina come dall’India. Ecco perché sì, credo di poter dire che questa nuova corsa ai diamanti si può accostare a quella degli anni ‘40-’50 quando nei Paesi occidentali si è sviluppata una consistente fetta di società con elevato potere di spesa», sostiene l’esperto. Anche se, per la verità, il prezzo dei diamanti grezzi è sceso nel 2012 e nel primo trimestre del 2013, si stima anche del 15 o 20%. Eppure De Beers ha appena rivisto al rialzo i suoi prezzi del 3%. «Il fatto è che, nonostante gli effetti legati alla recessione globale, tutti gli indicatori dicono che eventuali flessioni saranno temporanee. le previsioni dicono infatti che, nei prossimi dieci anni, la produzione di diamanti non tagliati crescerà a un ritmo di circa il 3% su scala globale. Mentre la domanda per pietre lavorate lieviterà di oltre il 6%. Merito appunto della domanda cinese e indiana.

Eli Izhakoff, presidente del World diamond council
Eli Izhakoff, presidente del World diamond council

In più c’è il Giappone: «Il mercato nipponico ha perso parte del suo smalto dopo gli anni d’oro tra il 1980 e il 1990, ma non è mai scomparso: rimane il quarto e sarebbe anzi rimasto in seconda posizione non fosse stato per la strepitosa crescita di Cina e India, che hanno messo sul piatto una popolazione dieci volte quella del Giappone».

Ma sul boom incombe un pericolo: sono sempre di più le pietre «adulterate». «Pietre trattate ma anche diamanti sintetici. Il problema ormai è duplice. Intendiamoci, non parliamo di pietre illegali, almeno sino a che il consumatore è consapevole di acquistare pietre non naturali. Però è necessaria una totale trasparenza a ogni livello della catena distributiva». Insomma, comprate solo se siete sicuri e con una certificazione. Federico Graglia

Diamanti con taglio a brillante
Diamanti con taglio a brillante

 

 

Pomellato chez Pinault

Ormai è ufficiale (vedi https://gioiellis.com/adieu-pomellato-a-giorni-diventa-francese).  Pomellato, come previsto, finisce nelle mani bretone di monsieur François-Henri Pinault, finanziere che nella sua Ppr, oggi ribattezzata Kering, forse per darle un tono anglosassone, conta già Boucheron. Secondo le attese, Pinault acquisterà la RaMo, che è la società a cui fa capo l’81% di Pomellato (peraltro in garanzia di Unicredit) di proprietà del fondatore di Pomellato, Giuseppe Rabolini. Il francese compra tutto prenderà in carico anche il 5% dell’amministratore delegato Andrea Morante (che rimarrà al suo posto). «Abbiamo grandi ambizioni per l’azienda», ha spiegato l’amministratore delegato di Kering, Francois-Henri Pinault, «e metteremo a disposizione la nostra esperienza e il nostro know-how al fine di intensificarne la crescita e l’espansione geografica, preservando i valori della sua identità italiana».  Curiosamente resteranno in azienda, sembra, quelli che volevano uscirne (o acquistarla), cioè i Damiani con il loro 18%. Chissà che non rimpiangano di aver investito in un’azienda in cui non conteranno più nulla. Pomellato diventerà una delle tante divisioni dell’esercito francese, ed è un peccato. Se si fosse quotata in Borsa e, con il ricavato, avesse iniziato una campagna acquisti in Italia, dove l’industria del gioiello è frammentata in centinaia di piccole aziende, avrebbe forse fondato quel polo del lusso che, perlomeno nel settore, manca.

Bandiera francese sui gioielli di Pomellato
Bandiera francese sui gioielli di Pomellato

In ogni caso, Pinault pagherà caro lo shopping, ma acquista un’azienda con numeri interessanti: 146 milioni di ricavi (dati 2012), 21,3 milioni di margine operativo lordo (Ebitda) e 7,5 milioni di utile netto nel bilancio consolidato 2012 (per la verità un po’ poco per un’azienda del lusso). Au revoir Pomellato. Federico Graglia

François-Henri Pinault
François-Henri Pinault
Salma Valgarma Hayek Jiménez-Pinault, in arte Salma Hayek, con il marito, Francois-Henry Pinault
Salma Valgarma Hayek Jiménez-Pinault, in arte Salma Hayek, con il marito, Francois-Henry Pinault

Indovinate che cosa comprano i cinesi in Italia?

[wzslider]Un terzo degli acquisti dei ricchi cinesi in Italia è costituito da prodotti di gioielleria. Un dato interessante per chi vende e e disegna orecchini, collane e bracciali. Il dato emerge da ricerca di Global Blue presentata a Milano. Al secondo posto nello shopping tricolore degli stranieri ci sono i russi, attratti dagli acquisti di oggetti lusso offerti dalla capitale italiana della moda, Milano. Sul totale delle vendite tax free, la Russia rimane prima in classifica con il 26% circa, seguita dalla Cina (19%), che in un anno ha incrementato del 68% gli acquisti. Lo scontrino medio di un turista cinese però è salito in testa con 852 euro contro i 638 euro spesi da un russo. Ma secondo gli analisti, presto i cinesi raggiungeranno i russi, forse li doppieranno. Tra le città italiane, Milano fa la parte del leone con il 33% degli acquisti, seguita da Roma (19%), Venezia (9%) e Firenze (8%). Ma cosa compra il turista cinese in Italia? I due terzi della spesa va per abbigliamento e pelletteria, mentre il 27% è rappresentato, appunto, dai gioielli, compresi gli orologi che prendono sempre più piede. Federico Graglia

A third of the purchases of the wealthy Chinese in Italy consists of jewelry products. An interesting fact for those who sell ee designs earrings, necklaces and bracelets. The figure emerges from research by Global Blue presented in Milan.

Attenzione, caduta oro

[wzslider]Allarme oro (per gli investitori e per chi ha scorte del metallo), ma buon affare per chi deve comprare. E se dovesse continuare la tendenza, nei prossimi mesi anche il prezzo dei gioielli in oro potrebbe scivolare verso il basso. Il prezzo del metallo giallo sui mercati scende mentre crescono i timori sulla crescita economica globale e le aspettative di nuovi interventi sui mercati delle banche centrali: fattori che spingono gli investitori a fare cassa e, quindi, a vendere oro. Sui mercati in questi giorni il prezzo si aggira attorno ai 1.360 dollari, al minimo di due anni. Continuerà la discesa? F.G.

 

Non c’è crisi per i diamanti

diamanti

Pare che il mercato dei diamanti vada benone. L’ultima analisi dello specialista Rapaport (autorità mondiale in fatto di diamanti) sostiene che la fiducia del mercato è migliorata nel primo trimestre dell’anno e che allo Hong Kong Jewellery Show di marzo sono state superare le più rosee aspettative, dato che gli acquirenti cinesi e indiani non si sono tirati indietro. Secondo Rapaport,  tra i diamanti tra 0.30 e 0.40 carati, di classe G a K  (https://gioiellis.com/come-valutare-un-diamante/), continuano a superare le altre categorie. Insomma, piacciono i diamantini. Di fronte a questo ottimismo, De Beers ha aumentato i suoi prezzi a marzo, riducendo la qualità dei suoi assortimenti. Ha inoltre aumentato i prezzi ad aprile dal 3% all’8%. Pasqua ha un po’ raffreddato l’aumento dei prezzi per le pietre greze, tuttavia la domanda di diamanti negli Stati Uniti ed Estremo Oriente rimane costante. E i gioielli? Negli Stati Uniti, sempre secondo gli analisti di Rapaport, la vendita di gioielli al dettaglio è stabile, mentre la fiducia dei consumatori continua a crescere. Insomma, mentre la quotazione dell’oro scende, per i diamanti è un periodo d’oro. Federico Graglia 

Pianegonda si allarga

[wzslider]Accordo tra Morellato e Pianegonda per la produzione e distribuzione di nuove collezioni di gioielli. Si chiameranno Pianegonda joy. Nel 2012 Morellato, che ha in portafoglio anche Sector e Philip Watch, ha sfiorato i 200 milioni di euro di fatturato. Pianegonda ha sede a vicenza (proprio nella piazza principale) ed è un brand che punta su un target giovane e con tendenza vagamente new age. F.G.

 

Agreement between Morellato and Pianegonda for the production and distribution of new jewelry collections. Pianegonda will be called joy.

 

Bomba d’oro

[wzslider]Messaggio agli investitori: e se il prezzo dell’oro scendesse ancora? Anzi, se continuasse a calare ancora per molto? Secondo alcuni analisti il metallo giallo potrebbe aver imboccato una fase «bear», cioè orso, cioè ribassista. Significa che la discesa dell’ultimo anno non è (o sarebbe) un fatto momentaneo, una correzione del prezzo dopo anni di salita ma, al contrario, una tendenza di lungo periodo.  Il «bear market», come dicono i tecnici della finanza, sarebbe dimostrato dai ribassi del 20% rispetto ai picchi di prezzo. Sia per oro che per l’argento, insomma, tempi cupi per chi ha già acquistato, mentre periodo favorevole per chi vuole ancora investire in lingotti e monete. O, naturalmente, gioielli, perché sul medio periodo anche l’oro utilizzato per la gioielleria dovrebbe scendere un po’ (ma  non subito). Le quotazioni di oro e argento sono arretrate rispettivamente a circa 1.540 dollari l’oncia, il minimo dallo scorso maggio, e a 26 dollari, minimo da luglio. Per il lingotto la discesa del 20% si paragona al record del settembre 2011, quando vennero superati 1.920 dollari l’oncia. Gfms, una società di consulenza specializzata (e molto quotata nell’ambiente),sostiene addirittura che dopo oltre dieci anni di corsa al rialzo si profili un altro decennio (o quasi) di ribasso. Un po’ meno pessimismo sull’argento: il calo potrebbero essere più breve, anche perché è visto molto meno come bene rifugio. Sul calo potrebbero influire diversi fattori: il bisogno di qualche banca centrale di vendere oro e, soprattutto, la convinzione che non siamo alla vigilia di clamorosi crack finanziari, come si temeva fino a un anno e mezzo fa. Quindi dobbiamo aspettarci una lenta ma ininterrotta discesa del metallo giallo? Neppure questo: l’oro potrebbe avere quest’anno qualche colpo di coda e salire verso quota 1.850 dollari, specialmente se l’euro tornerà in crisi. Ma si tratterebbe comunque, secondo gli esperti, di una fiammata momentanea. Perché il vero ciclo ribassista comincerà verso la fine del 2013 o più probabilmente nel 2014. Insomma, vedremo se le previsioni sono azzeccate. Di certo, comunque, c’è che l’oro potrà scendere di prezzo, ma non calerà il suo fascino. Federico Graglia

Message to investors: and if the gold price falls again? Indeed, if it continues to decline for much longer? According to some analysts the yellow metal may have taken a step bearish. Means that the descent of the last year is not (or would be) a momentary fact, a price correction after years of uphill but, on the contrary, a long-term trend.

 

Un emiro da Tiffany

[wzslider]Tiffany diventa araba? Il grande brand americano piace sempre di più all’emiro del Qatar, Hamad bin Khalifa al Thani. E non solo perché anelli e orecchini del brand americano sono apprezzati dalla moglie del capo del piccolo (ma ricco) Stato della penisola d’Arabia, Sheikha Mozah bint Nasser Al Missned. Tiffany piace anche come investimento, tanto che il fondo sovrano Qatar Investment Authority (Qia), società che fa capo direttamente alla famiglia reale, un mese fa ha portato la sua quota di azioni in Tiffany all’11,72% con l’acquisizione di 3,2 milioni di azioni. E non si è fermato ora l’emiro ha aumentato l’investimento nel gioielliere di New York a quota 12,5%. Non che siano soldi buttati via: Tiffany è una macchina che fa soldi. Nel quarto trimestre del bilancio fiscale (al 31 gennaio), Tiffany ha annunciato il rialzo dell’utile netto a 179,6 milioni di dollari (+0,7%), mentre i ricavi sono aumentati del 4,1% a 1,24 miliardi di dollari. E per il 2013 l’azienda prevede di aumentare il fatturato del 6-8%. Chissà, forse anche grazie agli acquisti negli emirati. Federico Graglia

 

 

I progetti di mister Brosway

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Lanfranco Beleggia, fondatore e amministratore unico del gruppo Bros Manifatture
Lanfranco Beleggia, fondatore e amministratore unico del gruppo Bros Manifatture

Parla mister Brosway. Cioè Lanfranco Beleggia, fondatore e amministratore unico del gruppo Bros Manifatture, quello che si è inventato brand come Brosway gioielli e S’Agapò. L’imprenditore ha spiegato al Sole 24Ore quali sono le sue strategie e ha anticipato i risultati aziendali. Che, a dispetto della crisi, non sono affatto male: il bilancio 2012 si è chiuso con ricavi a 38,8 milioni di euro (+1,3%). Un aumento non disprezzabile, visto che la crisi ha messo in difficoltà molte maison, anche se minore   del +43% del 2011. Su questi 38,8 milioni incassati, Bros Manifatture ha un Ebitda (cioè un utile lordo) del 20%. La soddisfazione maggiore è, però, quella di andare in controtendenza. Mentre i consumi in Italia diminuiscono (per il settore si parla di -20%), Bros Manifatture fa il 95% dei ricavi nel Belpaese.

Anelli by Brosway
Anelli by Brosway

«Orgogliosamente è il nostro mercato di riferimento e l’obiettivo è mantenerlo, ma stiamo studiando altri mercati, a partire dagli Stati Uniti, perché punteremo sull’internazionalizzazione», ha spiegato Beleggia al quotidiano. Insomma, ora il produttore marchigiano vuole esportare il suo successo. Obiettivo, oltre agli Usa, sono anche Germania, Francia, Nord Europa e Russia. La formula resterà la stessa: gioielleria accessibile per tutti, veicolata con un sensibile investimento in comunicazione: oltre 7 milioni. In cui sono comprese iniziative non tradizionali: «Giornate dedicate ai clienti nei negozi, ma anche serate in discoteca in cui raccontiamo ai ragazzi la nostra storia», precisa l’imprenditore. Eventi come la vendita di un anello Love edition a tiratura limitata per il giorno di San Valentino: 15mila pezzi dalla mattina alla sera».

Orecchini by Brosway
Orecchini by Brosway

D’altra parte, all’azienda non sfugge l’importanza della Rete: «Del mondo Internet l’esperta è mia figlia Beatrice, che ha 23 anni. In un solo anno abbiamo raggiunto 200mila fan sulla pagina Facebook. Gli altri due figli, Valerio e Maurizio, più grandi, si occupano rispettivamente di prodotto e marketing», aggiunge Beleggia. Che proseguirà con la attenta targetizzazione dei prodotti di casa, come quelli di S’Agapò, prodotto low cost, con prezzi anche di 30 euro. «La strategia premiante ha valorizzato peculiarità e differenziazione di ogni singolo brand in termini di prodotto, distribuzione e comunicazione. E per maggio è in cantiere un progetto multimediale: un concorso che coinvolgerà una campagna su carta stampata, web e tv», conclude Beleggia.

Una Clessidra per Buccellati

[wzslider]Il fondo Clessidra entra nel capitale della Buccellati, con una quota di controllo. La famiglia mantiene un’importante quota azionaria e un rilevante coinvolgimento nella gestione dell’azienda. Gianmaria Buccellati assumerà la carica di presidente onorario e  Andrea Buccellati quella di presidente, con responsabilità specifica sullo stile e sul prodotto. Fondata nel 1919, Buccellati è già presente, oltre che in Italia, in numerosi mercati internazionali anche attraverso negozi di proprietà negli Stati Uniti, in Francia e Regno Unito e, nel tempo, ha affiancato alla tradizionale operatività nel mercato della gioielleria e dell’argenteria anche quella nel mondo dell’orologio-gioiello. Mentre un altro marchio del lusso italiano, Pomellato, potrebbe involarsi verso i francesi di Ppr, quello di Buccellati è un grande nome italiano che resta in Italia. Il fondo Clessidra, che dopo questa operazione continua a guardarsi intorno nel settore del lusso, ha investito circa 80 milioni di euro per una quota del 70%, in parte attraverso aumento di capitale in parte acquistando azioni dalla famiglia. «Questa operazione rappresenta una grande opportunità per il Gruppo Buccellati che potrà così accelerare il suo sviluppo su nuovi mercati insieme a un qualificato partner italiano con cui è stato definito un ambizioso progetto di crescita», hanno commentato Gianmaria e Andrea Buccellati. «È uno dei marchi più prestigiosi che storicamente ha rappresentato l’Italia nel mondo. La creatività e l’esclusività dei prodotti ideati da  Gianmaria e Andrea Buccellati, che conosco ed ammiro da oltre 15 anni, saranno il fondamento per un grande progetto di crescita», ha aggiunto Claudio Sposito, presidente di Clessidra. Nell’operazione la famiglia Buccellati è stata assistita per i profili finanziari da Pietro Mazzola per Partners e per gli aspetti legali dallo Studio legale Pedersoli e Associati. Clessidra è stata assistita per gli aspetti legali dallo Studio Nicoletti Gariboldi di Castri e dallo Studio Pavia & Ansaldo. Federico Graglia

 

 

È l’ora dell’argento?

[wzslider]Se avete gioielli in argento o avete soldi da investire state bene attenti al valore di questo metallo. L’argento è dopo l’oro, il più seguito. E, nonostante la corsa delle quotazioni, il Credit Suisse ha alzato le sue previsioni sui prezzi dell’oro e dell’argento sia per il 2013 che per il 2014. Per la banca svizzera, insomma, il metallo giallo e quello bianco potrebbero vedere quotazioni in rialzo. Conviene quindi correre a investire sull’argento? Calma, fate un bel sospiro e guardate la quotazione espressa in questo grafico (è relativa alla mattina di mercoledì 27 marzo): la linea in verde che va a picco mostra una discesa precipitosa del valore dell’argento. Segno che chi vuole puntare i propri risparmi sul silver deve pensarci bene e, come minimo, non soffrire di cuore per gli sbalzi improvvisi delle quotazioni. Per esempio, nell’aprile del 2011 il prezzo dell’argento ha raggiunto un massimo storico di 49,79 l’oncia. Oggi siamo poco più della metà. Eppure, l’argento continua ad attirare risparmiatori, tanto che nei mesi scorsi la Zecca Usa ha messo sul mercato tutte le monete American Eagle 2013 coniate. Secondo il citato Credit Suisse, i metalli preziosi beneficeranno dei timori legati a un possibile declassamento degli Usa da parte di Moody’s e della domanda da parte di Cina e India. Che fare? Per non sbagliare, l’acquisto di un gioiello di argento potrebbe essere un’idea. Preziosa. Federico Graglia

Credit Suisse raised its forecasts for gold and silver prices both for 2013 and for 2014. For the Swiss bank, in short, the yellow metal and white could see rising prices.

Fasoli venderà orologi a Guglielmo Tell

Fasoli
Fasoli Gioielli

Più estero per Fasoli. È la stanchezza del mercato italiano della gioielleria a spingere oltrefrontiera i produttori. Per questo Fasoli Gioielli, azienda di preziosi e orologi nata a metà Ottocento (cinque negozi tra Brescia, Crema, Sirmione e Verona) ha in tasca un accordo di collaborazione con un partner tedesco per la distribuzione in esclusiva in Germania, Austria e Svizzera nei prodotti di fascia più bassa. Non a caso l’azienda ha programmato un incremento della produzione di collezioni con perle e argento anziché oro, a prezzi più contenuti. L’azienda ha anche nel cassetto un progetto di espansione sui mercati dell’Est europeo e, cia e-commerce, anche nell’area del Golfo, al momento una delle più vivaci. Fasoli ha un giro d’affari (dati 2011) di 13,5 milioni di euro, ed è proprietaria del marchio Mayumi. F.G.

bracciale
Bracciale di argento Fasoli

Adieu Pomellato, a giorni parlerà francese

[wzslider]Adieu Pomellato. La vendita al gruppo francese Ppr sembra ormai vicina: la cessione dovrebbe avvenire entro fine marzo. A rivelarlo è l’agenzia Reuters. Ma c’è una novità rispetto alle previsioni dei giorni scorsi: la famiglia Damiani dovrebbe rimanere azionista di minoranza. Ora ha il 18% del capitale: i Damiani avrebbero anzi presentato un’offerta di acquisto alternativa a quella di Ppr, con l’aiuto del fondo Dgpa, private equity guidato da Maurizio Dallocchio, con l’obiettivo di creare un polo italiano della gioielleria. Ma i francesi hanno messo sul piatto una cifra maggiore. I soci di maggioranza di Pomellato, il fondatore Pino Rabolini e l’amministratore delegato Andrea Morante, riuniti nella holding Ra.Mo. (che detiene il 79% del capitale, per il 60% però in pegno a Unicredit) hanno quindi imboccato la strada per Parigi. F.G.

Report: è ora di tornare a comprare oro?

[wzslider]È il caso di comprare oro? Sotto forma di gioielli, di lingotti o di prodotti finanziari legati al valore del metallo giallo, come i fondi Etf? Con i prezzi dell’oro fermi o addirittura in calo nelle ultime settimane, gli investitori non sanno che pesci pigliare. Nel 2011 l’oro è salito sopra i 1.900 dollari l’oncia. Ma ora è scambiato sotto quota 1.600 dollari. Chi ha comprato due anni fa, insomma, non ha fatto un buon affare, anche se c’era chi pronosticava che l’oro avrebbe raggiunto i 2.500 dollari l’oncia. Nel solo ultimo mese, i prezzi dell’oro sono scivolati circa del 7 per cento. Però se si considerano gli ultimi cinque anni l’oro è ancora in crescita del 67 per cento. Il calo dei prezzi, comunque, ha alla base una serie di cause. Per cominciare, gli investitori stanno lentamente riguadagnando la fiducia nel mercato azionario e quindi hanno spostato i loro soldi sulle Borse. I prezzi dell’oro, al contrario, tendono ad aumentare quando gli investitori hanno una visione ribassista. Nel frattempo, chi investite sull’oro si è preoccupato per le politiche monetarie della Federal Reserve: per quanto tempo resteranno in vigore? Mah. Per ora la Fed (la banca centrale Usa) ha mantenuto i tassi di interesse vicino allo zero e ha contribuito così ad alimentare l’esplosione dei prezzi dell’oro. Tuttavia, la prospettiva di un eventuale inasprimento della politica monetaria (tassi in salita) ha creato incertezza sul mercato. Da qui il ribasso dei prezzi. Secondo Adrian Day, amministratore delegato di Asset Management (società di investimento degli Stati Uniti), è ottimista: «Non ci sarà alcun inasprimento significativo in qualunque momento presto», dice a proposito della politica monetaria della Federal reserve. Inoltre, incombe un supertaglio della spesa pubblica Usa (tecnicamente è il sequester) e se il Congresso americano non riesce a evitarlo, per il mercato azionario potrebbe essere un colpo. E questo, a sua volta, può aumentare i prezzi dell’oro. Secondo Morningstar, società di analisi americana, è «difficile fare previsioni a breve termine» circa i prezzi dell’oro, ma alcune delle migliori opportunità per investire sono le piccole aziende di estrazione mineraria. Come esempi Yamana Gold e Eldorado Gold». Insomma, gli amanti del rischio, invece di acquistare monete d’oro o lingotti possono puntare sulle società che gestiscono le miniere. In conclusione: anche se le prospettive a lungo termine per i prezzi dell’oro rimangono poco chiari, gli analisti mettono in guardia chi punta il dito sul recente calo. Meglio stare all’erta, magari leggendo i report su Gioiellis.com. Federico Graglia

 

 

Fornas alla guida di Richemont

[wzslider transition=”‘flash'”]Addio Cartier, Bernard Fornas è il nuovo signor Richemont. Entra infatti nel consiglio di amministrazione di Compagnie Financiére Richemont Sa, la cassaforte del gruppo svizzero, per diventare co-amministratore delegato di Richemont assieme a Richard Lepeu. La carica diventerà operativa a partire dal aprile, e segue l’addio di Johann Rupert. Fornas ha ricoperto la carica di amministratore delegato di Cartier per dieci anni, tra il 2002 e il 2012, dopo una lunga carriera iniziata nel 1994. Si tratta, insomma, di una scalata inarrestabile: oltre Cartier, il gruppo Richemont controlla brand come Van Cleef & Arpels, Piaget, Vacheron Constantin, Jaeger-LeCoultre, Iwc, Panerai e Montblanc.

In Cina più gioielli che moda

[wzslider]In Cina i gioielli battono la moda. Perlomeno, è quanto indicano i consumi boom che hanno contraddistinto il periodo contrassegnato dall’inizio del nuovo anno cinese, iniziato il 10 febbraio. L’anno del Serpente, infatti, ha fatto registrare nella settimana dedicata ai festeggiamenti un aumento di oltre il 15% dei consumi, un po’ come avviene in Occidente quando si avvicina il Natale. Oltre che per il cibo, sono stati registrati acquisti record per gioielli. Nel dettaglio, gli aumenti nel settore dei gioielli e beni di lusso hanno segnato +38,1%, per il cibo +9,8% e nelle bevande +11,2%. Positivo, ma meno brillante il risultato nel settore dell’abbigliamento, che ha messo a segno un aumento delle vendite del 6,3%. F.G.

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