Nel 1300 c’era Marco Polo. Oggi, c’è Lydia Courteille. Con una differenza fondamentale: il primo era un mercante che era andato in Oriente con l’obiettivo di portare a Venezia spezie e tessuti. La seconda, invece, ha portato a Parigi sensazioni, immagini, emozioni dell’India, in questo caso attraverso la memoria di un viaggiatore del XVII secolo, Jean-Baptiste Tavernier. Ingredienti che servono a Lydia Courteille per creare sculture che, tra l’altro, possono essere considerati anche gioielli.
La nuova tappa del giro del mondo della designer francese è stata l’India. Dopo aver girato Guatemala, Cina, Turchia e tanti altri luoghi, la nuova collezione è dedicata alla patria di Gandhi e si chiama Indian Song. Nome che aggiunge un tocco di musicalità alla sinfonia di colori che compongono la collezione. L’India è, in effetti, un affascinante mistero per gli occidentali e, forse, lo è anche per chi ci è nato. La mitologia e la religione hindu riservano sorprese non sempre immediatamente comprensibili, ma che coinvolgono.
I gioielli della collezione Indian Song percorrono alcune delle tappe della cultura indiana. Come il tempio di Khajuraho, costruito tra il 950 e il 1050 d.C, che si trova nel Madhya Pradesh ed è famoso per le sculture erotiche che lo circondano. Perché la spiritualità non deve per forza essere lontana dalla gioia del corpo. Le stesse sculture, ma realizzate in legno di sandalo, circondano un anello con una grande tormalina rossa, anch’essa ispirata al cuore del tempio indiano. In un’era permeata da un ritorno di puritanesimo l’anello di Lydia Courteille è un grido di libertà, evviva.
Un altro tempio, Madurai Gapuram, questa volta nello Stato del Tamil Nadu, è dedicato al dio Shiva e alla dea Parvathi: ha offerto l’ispirazione per un altro anello che definire gioiello è riduttivo. È, in effetti, un piccolo tempio, con un lato che si apre e offre la vista di un elaborato interno che presenta il viso della divinità. Il tutto è composto da zaffiri cabochon, rubini e spinelli, oltre a uno smeraldo intagliato evoca lo splendore dell’era Mogul. Va aggiunto che anche i riferimenti al pantheon dell’induismo sono puntuali. Per esempio, un serpente di tormalina rossa rappresenta la semi divinità Naga, che governa gli inferi.
Nel viaggio in India poteva mancare il Taj Mahal? Certo che no. Il monumento eretto da Shah Jehan, imperatore Mogul, in memoria della sposa defunta, nella collezione Indian Song si trasforma in collana con zaffiri e smeraldi. Un altro monumento, il tempio dedicato a Shiva Mahabalipuram, patrimonio mondiale dell’Unesco che si trova vicino a Chennai, è famoso per le sue sculture a bassorilievo che lo circondano. Rappresentano la discesa del Gange che si intreccia con l’epica del Mahabharata, che racconta la storia delle divinità.
Per esempio, Sarasvati, consorte di Brama raffigurata tradizionalmente accompagnata da un cigno e un pavone. I due uccelli sono utilizzati da Lydia Courteille per formare un elaborato gioiello. Il pavone, inoltre, è il protagonista decorativo di un palazzo di Jaipur, il Peacock Gate of the City Palace, e il soggetto di una collana in oro con 11 tanzaniti, dieci opali, 11 smeraldi, 40 perle di apatite, 60 perle di smeraldo e tanzanite, 39 zaffiri gialli, diamanti. Una opulenza che sarebbe apprezzata da un maharaja. Un anello, invece, è dedicato al tempio di Karni Mata, dove migliaia di topi sono considerati sacri e vengono rifocillati dai devoti.