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Gismondi 1754 cresce e batte il virus




Gismondi 1754 batte il covid. È quello che emerge dai dai relativi al secondo semestre 2020, che mostrano una crescita complessiva dei ricavi del 6% rispetto all’analogo periodo 2019 e in controtendenza positiva rispetto all’andamento del mercato di riferimento. L’azienda di gioielleria di alta gamma, che è quotata al listino Aim di Borsa Italiana, infatti, sorprende con il risultato un fatturato consolidato per il periodo aprile-giugno di 1,6 milioni di euro, rispetto a 1,7 dello stesso periodo del 2019: una riduzione considerata fisiologica rispetto alla «particolare fase storica» provocata dalla pandemia, che ha portato alla chiusura forzata dei negozi diretti e non, e a un forte calo del mercato americano.

Collana con diamanti e smeraldi di Gismondi 1754
Collana con diamanti e smeraldi di Gismondi 1754

Nel secondo trimestre dell’anno, recita un comunicato, Gismondi ha sempre mantenuto la propria operatività e ha avviato e accelerato forme digitali di connessione con il cliente, lanciando anche il proprio canale e-commerce e ponendo le basi per raccogliere riscontri anche dalle vendite online e da nuove forme di «vendite su misura». Prova ne sono le ottime performance per i nuovi canali Wholesale in Europa e Medio Oriente, con una significativa crescita dei ricavi per entrambi le aree, e delle Special Sales che, pur nell’impossibilità di mostrare direttamente il prodotto al cliente, nel primo semestre 2020 hanno complessivamente accresciuto il proprio impatto sul fatturato, passando dal 49% del primo semestre 2019 al 58% dei primi sei mesi di quest’anno.

Jane Fonda con il set Rugiada di Gismondi 1754
Jane Fonda con il set Rugiada di Gismondi 1754

La crescita significativa delle vendite di alcuni negozi diretti e le buone performance del canale Wholesale europeo e medio-orientale, compensano il rallentamento del canale Wholesale Usa, influenzato dalla momentanea chiusura nel trimestre di osservazione degli store Neiman Marcus. Nel canale canale Retail, si registra una crescita molto forte per i negozi di Genova e S. Moritz, con vendite più che raddoppiate in entrambi gli store rispetto al secondo trimestre del 2019. Proprio in virtù dell’ottimo riscontro della stagione invernale, il negozio di S. Moritz rimarrà aperto anche per la stagione estiva, per sfruttare la forza turistica di alto livello della location. Risentono, invece, della chiusura forzata i ricavi dei negozi di Milano all’interno dell’Hotel Baglioni, tutt’ora chiuso, di Portofino, che ha riaperto solo da poche settimane, e il franchising di Praga, che però, fin dalla riapertura post lockdown nel mese di giugno, ha ripreso molto bene. Il canale delle “Special Sales” si mantiene poco sotto il dato dello stesso trimestre nel 2019, ma in crescita nel confronto tra i dati del primo semestre 2020 rispetto al 2019.

Nel complesso, nel primo semestre 2020i ricavi di Gismondi 1754 mostrano invece una crescita del 6% rispetto allo stesso periodo del 2019. Il risultato, infatti, è cresciuto a 2,3 milioni (2,2 nel primo semestre del 2019), supportato dalla forte crescita dei ricavi nel primo trimestre 2020, superiori del 57% a quelli del primo trimestre del 2019 (465.269 euro), e dalla continua operatività sul mercato della società anche nei mesi più critici della pandemia.

La nuova collezione Dedalo di Gismondi 1754
La collezione Dedalo di Gismondi 1754

Globalmente, i mesi di aprile e maggio sono stati quelli più complessi. Le buone performance della prima parte dell’anno e la continuità nel business che abbiamo saputo offrire anche durante il lockdown, ci portano a chiudere il semestre comunque in crescita di ricavi, con un risultato molto positivo, anche perché in controtendenza rispetto alla media nel nostro settore che, in questo momento storico, sta perdendo circa il 30%. L’avvio del secondo semestre poi sta iniziando a trasmetterci riscontri molto buoni da alcuni retailer diretti come Genova, dal franchising di Praga e, soprattutto, iniziamo a generare le prime consistenti vendite dal canale e-commerce, lanciato a maggio e già operativo dal sito e dalle pagine social di Gismondi 1754. Il canale digitale concentrerà ulteriori sforzi della Società in quanto, il cambiamento delle abitudini di acquisto dei clienti determinati dal Covid-19, ha spostato molti acquirenti sull’online. Siamo pronti a cogliere questa opportunità senza snaturare la nostra sensibilità verso il rapporto personale e di massima attenzione verso la nostra clientela.
Massimo Gismondi, Ceo di Gismondi 1754

Massimo Gismondi
Massimo Gismondi







VicenzaOro January chiude con un record di presenze





VicenzaOro January, il bilancio. Terminata la maggiore fiera invernale del gioiello, Ieg (la società che organizza VicenzaOro), ha tirato le somme. Alcuni numeri erano già noti: 1.500 espositori totali. Ma la novità sono le oltre 35.000 presenze, il massimo degli ultimi  dieci anni e oltre 40 eventi.

VicenzaOro January. Copyright: gioiellis.com
VicenzaOro January. Copyright: gioiellis.com

In sintesi, il bilancio della fiera indica che sono in aumento le visite dall’estero, mentre anche il mercato italiano sembra risvegliarsi. Secondo i dati di Italian Exhibition Group, l’incoming estero conta complessivamente per il 60% sul totale delle visite. Visitatori che sono arrivati da 126 Paesi esteri. Positivo anche il dato dell’Italia: +12%.

Il booth di Nanis a VicenzaOro January. Copyright: gioiellis.com
Il booth di Nanis a VicenzaOro January. Copyright: gioiellis.com

Nel dettaglio, gli Stati Uniti guidano la classifica dei Paesi esteri più rappresentati dagli operatori con +30% rispetto al 2019. Anche il Giappone (+22%) conferma l’interesse crescente dei mercati strategici per la produzione Made in Italy, così come il vicino Medio Oriente (+6% complessivo). Le aree di Asia e Far East segnano +4% complessivo. La macro-regione dell’Africa +7%. E torna a crescere anche la Russia con +6%.

Tra i booth di VicenzaOro January. Copyright: gioiellis.com
Tra i booth di VicenzaOro January. Copyright: gioiellis.com

Le visite dall’Europa, area che vale circa il 50% della presenza estera a Vicenzaoro, segnano +9% sull’incremento, che già era a doppia cifra del 2019, con presenze in aumento in particolare dai Paesi di lingua tedesca. Insomma, i numeri sembrano scacciare qualsiasi ombra: VicenzaOro non solo resiste, ma insiste con successo. E, soprattutto, l’incremento avviene in un momento difficile per altre fiere e di tensioni geopolitiche.

VicenzaOro January 2020. Copyright: gioiellis.com
VicenzaOro January 2020. Copyright: gioiellis.com

Ad aiutare il successo di VicenzaOro January bisogna ricordare la partnership con Ice (Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane), Confindustria Federorafi, Confartigianato, Confimi Industria orafa e argentiera e Cna. In particolare, Ice ha promosso sul mercato statunitense attività specifiche scaturite in 120 incontri B2B svolti a Vicenzaoro tra grandissimi compratori della Gdo americana e aziende italiane.

L'area Icon di VicenzaOro January. Copyright: gioiellis.com
L’area Icon di VicenzaOro January. Copyright: gioiellis.com

Prossimi appuntamenti con la Jewellery Agenda di Ieg: OoroArezzo (18-21 aprile), Vicenzaoro September (5-9 settembre) e Vod Dubai International Jewellery Show in autunno.

VicenzaOro January 2020
VicenzaOro January 2020







Il bilancio di VicenzaOro September è…





Il bilancio di VicenzaOro September è positivo, assicura la società organizzatrice, Ieg ♦︎

VicenzaOro September è terminata, ma i bilanci, probabilmente, sarà bene continuare a farli anche nei prossimi mesi. Certo, se andrete a leggere sulla grande maggioranza dei giornali specializzati, sulla quasi totalità dei siti di (scarsa) informazione, per non parlare dei celebrati blog, cioè hobby di lusso pagati dalle aziende che scioccamente vi investono, troverete sempre il copia e incolla dei comunicati delle aziende. Non chiamatela informazione, please. Nel caso specifico, troverete il comunicato stampa di Italian Exhibition Group, azienda che per sua fortuna si è affidata alle abili ed esperte competenze di Barabino & Partners, la società che cura la comunicazione anche per VicenzaOro.

VicenzaOro September 2019
VicenzaOro September 2019

Questa lunga premessa serve a introdurre l’argomento. Perché le grandi fiere europee dedicate alla gioielleria (ma il discorso si potrebbe allargare) vivono un momento poco positivo? Per non dire disastroso se si considera la ex leader del settore, Baselworld, alle prese con una valanga di disdette. VicenzaOro, da questo punto di vista, se la cava meglio della rivale svizzera. Meglio, ma non certo ai livelli degli anni d’oro. Basterebbe contare gli assenti illustri, da grandi Maison come Pasquale Bruni o Chimento (ormai da anni fuori gioco), a piccole società come Garavelli, per comprendere come al di là delle cifre ufficiali, spesso inutilmente trionfalistiche, anche VicenzaOro faccia i conti con una certa disaffezione.

Il booth di Yoko London. Copyright: gioiellis.com
Il booth di Yoko London. Copyright: gioiellis.com

Intendiamoci: Ieg non c’entra nulla. Anzi, bisogna dare atto alla società di organizzare al meglio possibile l’evento. Gli spazi ridisegnati, a differenza di quanto è avvenuto a Baselworld, non hanno dato l’idea di un ridimensionamento, che pure c’è stato. E la girandola di eventi collaterali hanno arricchito come sempre l’esperienza di VicenzaOro September. Il problema, infatti, non è legato a un deficit manageriale. Ma alla fine il giudizio vero spetta solo alle aziende partecipanti, che vanno in una fiera per business, non per turismo.

Nel booth di Alessio Boschi. Copyright: gioiellis.com
Nel booth di Alessio Boschi. Copyright: gioiellis.com

Ieg indica in “circa 1300 i brand presenti” a VicenzaOro September, esattamente come lo scorso anno. Brand, non aziende: il numero di chi ha acquistato uno spazio manca da qualche edizione.

Dato positivo indiscutibile è, invece, la crescita del 10% di operatori esteri, arrivati da 117 Paesi del mondo: un dato, spiega Ieg, che è “in linea con il trend già eccezionalmente positivo delle ultime due edizioni e attesta la capacità di fare sistema” di Ieg nella promozione e crescita di un settore sempre più orientato all’export. Alla percentuale manca, però, il numero reale su cui si basa la percentuale.

Ingresso a VicenzaOro. Copyright: gioiellis.com
Ingresso a VicenzaOro. Copyright: gioiellis.com

Complessivamente la crescita degli operatori esteri è stata guidata dal Middle East (+23%), dal Nord America (+22%), dalla Russia e Ucraina (+19%) e dall’Asia (+18%) con un particolare incremento del Giappone (+43%). L’Europa, che rimane il bacino di operatori più numeroso a Vicenzaoro (pesa il 59%), è rimasto stabile con segnali di particolare positività da Portogallo (+51%), Romania (+28%) e Austria (+9%). Durante i cinque giorni di manifestazione sono stati oltre 500 i buyer ospitati a Vicenza da tutto il mondo, grazie al supporto del ministero dello Sviluppo Economico attraverso l’Ice, l’ente italiano per il commercio con l’estero. Anche per quanto riguarda gli operatori italiani non è stato comunicato nessun numero.

Gioielli esposti a VicenzaOro. Copyright: gioiellis.com
Gioielli esposti a VicenzaOro. Copyright: gioiellis.com

Da registrare la sigla di un accordo di Ieg con Assocoral, l’associazione dei produttori di Coralli e Cammei, per la valorizzazione del distretto campano. Siglato in apertura di VicenzaOro anche l’accordo con Afemo, associazione produttori macchine per l’oreficeria, per la promozione del settore. E da ricordare anche il bis dell’area T-Evolution, l’anima tecnologica e innovativa dell’esposizione.

Nel booth di Roberto Demeglio. Copyright: gioiellis.com
Nel booth di Roberto Demeglio. Copyright: gioiellis.com







Più estero a VicenzaOro January





Il bilancio di VicenzaOro January: la fiera del gioiello è sempre più internazionale ♦︎

Spente le luci di VicenzaOro January, chiuse le teche dove hanno brillato i gioielli, smontati i booth che attendevano i visitatori, è arrivato il momento di fare il bilancio. Come è andata questa edizione della maggior fiera italiana del gioiello? Italian Exhibition Group, società che organizza l’evento, non offre una panoramica esaustiva di tutti i numeri, ma assicura di essere soddisfatta del risultato.

In generale, sembra esserci stato un maggiore apporto internazionale.

VicenzaOro January, visitors. Copyright: gioiellis.com
VicenzaOro January, visitors. Copyright: gioiellis.com

Ieg, con maggiore entusiasmo, parla di “formidabile crescita delle provenienze estere”. In effetti, i numeri confortano l’ottimismo: sono state oltre il 60% le presenze degli operatori stranieri, che avevano sorpassato gli italiani già nel 2018, quando si era registrata un’impennata degli arrivi dall’estero. Usa e Cina, infatti, hanno confermato la performance del 2018, ma anche il l’Europa ha visto presenze in crescita: tra Germania Svizzera Austria +12%, Regno Unito (+11,7%), Francia (+10,5%), Spagna (+ 9,6%), Nord Europa +10,5%. In forte ripresa gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita (dopo i cali dello scorso anno) +24,2%. Anche Russia e Ukraina hanno visto il 10,4% di presenze in più, con un exploit del Kazakistan a +46%. Nessun dato, invece, riguardo all’India, che nel 2018 aveva visto un incremento del 51%. Il comunicato si limita a indicare, invece, che “la provenienza dei visitatori dall’Italia ha confermato il dato positivo dello scorso anno”.

VicenzaOro January, visitatori nel booth di Giovanni Ferraris
VicenzaOro January, visitatori nel booth di Giovanni Ferraris. Copyright: gioiellis.com

Capitolo presenze

VicenzaOro January si è chiusa con oltre 35.000 presenze. Nel 2018 erano state 36.000, ma l’anno precedente 33.000. Insomma, siamo nella media. Come negli anni scorsi, il ministero dello Sviluppo, tramite l’Ice (ente per il commercio estero), ha dato una mano ospitando oltre 400 buyer selezionati dai principali mercati, che si sono aggiunti agli oltre 2000 operatori gestiti direttamente da Ieg.

I brand nelle vetrine degli espositori sono stati indicati in 1500, più o meno come lo scorso anno, nonostante il forfait di marchi storici come Pasquale Bruni o Garavelli, ma con la rentré di importanti Maison come Chantecler. Il 42% dei brand, in ogni caso, è arrivato da aziende di 35 Paesi, come lo scorso anno.

Soddisfazione di Ieg anche per la contemporanea T.Gold, salone dedicato alle tecnologie per le diverse lavorazioni della gioielleria: giunto alla 41° edizione, “ha confermato la propria leadership incontrastata a livello internazionale e il suo ruolo rappresentativo di un’eccellenza tecnologica italiana”. Prossimi appuntamenti di Ieg: OroArezzo dal 6 al 9 aprile e Premier Show di Las Vegas, 30 maggio – 3 giugno 2019.




Vetrine di Alessio Boschi
Vetrine di Alessio Boschi
VicenzaOro January
VicenzaOro January
Il booth di Fope
Il booth di Fope

Il booth di Roberto Coin
Il booth di Roberto Coin







GemGenève, buona la prima





La prima edizione di GemGenève ha avuto successo. E c’è già chi si prenota per la fiera di gioielli e gemme del prossimo anno ♦︎

GemGenève ha convinto. L’iniziativa di due gioiellieri e commercianti di gemme di Ginevra, Ronny Totah (Horovitz & Totah) e Thomas Faerber (Faerber Collection), ha avuto successo. Diciamolo: non molti, un paio di mesi fa, erano pronti a crederlo. GemGenève è nata in alternativa a Baselworld, anche se con caratteristiche e, soprattutto, dimensioni differenti. A Baselworld un’azienda fieristica forte e convinta della propria leadership si muove dritta sulla propria linea, con la precisione di un orologio svizzero che, se pur ora in dimensioni ridotte, ha comunque raccolto l’adesione di 1300 espositori. GemGenève assomiglia, invece, a una boutique per clienti raffinati dove si sono trovati un centinaio di brand, in buona parte commercianti di pietre preziose: la distanza è siderale.

Ma sarà sempre così? Tanto per cominciare, GemGenève è attesa a una seconda prova, il prossimo anno. E, ufficiosamente, trapela che le domande di adesione alla seconda GemGenève siano il doppio di quelle del 2018. La boutique potrebbe allargarsi.

«Eppure, il prezzo dei singoli spazi espositivi non è molto differente da quello di Basilea», spiega un espositore di lungo corso, che partecipa anche alle fiere di Vicenza, Las Vegas e Hong Kong. «Ma GemGenève è complessivamente meno costosa da un punto di vista logistico. Inoltre, l’organizzazione è di sicuro più friendly».

La fiera di Ginevra, insomma, sembra aver soddisfatto i partecipanti, anche se c’è chi sottolinea che a fronte di molto interesse, anche da parte dei buyer, di affari veri, conclusi, non se ne sono visti molti. Ma è anche comprensibile: nonostante i nomi di spicco presenti GemGenève deve comunque vedersela con la leadership dell’altra città svizzera e con l’incombente (sul calendario) appuntamento di Las Vegas, che è anche la patria del gioco d’azzardo. Ma per ora la scommessa l’ha vinta Ginevra.Vetrina a GemGenève





Vetrina a GemGenève
Vetrina a GemGenève

Una tormalina watermelon africana
Una tormalina watermelon africana
Acquamarina da 130 carati e morganite di Nomads
Acquamarina da 130 carati e morganite di Nomads
GemGenève, vetrina di Dover Jewelry & Diamonds
GemGenève, vetrina di Dover Jewelry & Diamonds
GemGenève, visitatori
GemGenève, visitatori

GemGenève, insieme di booths
GemGenève, insieme di booths







Baselworld: tenuta o flop?




Baselworld 2018, numero di visitatori invariato. Ecco chi è contento e chi è perplesso tra i gioiellieri ♦︎

Dipende. Il giudizio finale su Baselworld 2018 si può riassumere così: dipende. Perché la Fiera della orologeria e gioielleria di Basilea (22-26 marzo 2018) ha avuto due facce. Una è quella sintetizzata da due numeri: 1300 e 650. Il primo è il numero di espositori, già in calo, del 2017 (erano 1500 nel 2016). Il secondo è il numero di espositori del 2018, meno della metà. Una strage. «Una selezione», preferisce definirla la managing director di Mch, l’azienda che organizza Baselworld. Ma, appunto, dipende dai punti di vista. Di fronte a una diminuzione così drastica poteva andare molto peggio. Il bilancio finale di Baselworld 2018, nelle parole degli organizzatori è, se non entusiasmante, almeno sufficiente. Il numero dei visitatori, per esempio, «è rimasto stabile». Dato che la fiera è durata due giorni in meno questo è da considerarsi un successo. Al momento non si conosce, invece, il numero di buyer presenti. I giornalisti accorsi a Baselworld sono stati 4.400, il 15% in meno dall’Europa, ma il 5% in più dall’Asia. E se molti grandi marchi, come Festina o Dior, quest’anno hanno disertato la fiera di Basilea, Breitling, Rolex, Patek Philippe, Swatch, Chanel e Gucci hanno già annunciato che saranno presenti anche il prossimo anno, dal 21 al 26 marzo 2019.

E gli espositori? I pareri sono diversi. Anche in questo caso, dipende. Tra le opinioni raccolte da gioiellis.com tra i gioiellieri, prevale uno scarso entusiasmo per la nuova formula «concentrata», che per alcuni è «triste» se confrontata all’atmosfera che si respirava fino a un paio di anni fa. Ma, allo stesso tempo, molti hanno confermato che l’attività commerciale non è mancata e, dunque, la presenza a Basilea ha ancora un motivo d’essere. Dai commenti raccolti durante la fiera, possiamo sintetizzare così il mood:

Siamo soddisfatti ugualmente: Fope, Pasquale Bruni, Nanis, Alessio Boschi, Tamara Comolli, Picchiotti, Messika, Mattioli, Rivière

Tutto ok, ma qualche perplessità: Casato, Annamaria Cammilli, Leo Pizzo, Yoko London, Giovanni Ferraris, Djoula, Facet, Crivelli

No comment: Coronet, Sutra, Butani





Baselworld 2018
Baselworld 2018

Tra gli stand di Baselworld
Tra i booth di Baselworld
Visitatori a Baselworld
Visitatori a Baselworld
Ingresso alla messe
Ingresso alla messe

Modella di Jacob & co
Modella di Jacob & co







Per Sotheby’s bilancio con record



Il 2017 anno con il record mondiale del diamante più costoso per Sotheby’s ♦︎

Tempo di bilanci anche per Sotheby’s. La grande casa d’aste, che nel 2017 ha celebrato i 100 anni in Bond Street, a Londra, ha però preferito non entrare nel dettaglio delle singole divisioni (gioielleria, arte, mobili, francobolli eccetera), ma ha riassunto la sua attività in un bilancio complessivo. Le vendite, quindi, nel 2017 hanno raggiunto i 4,7 miliardi di dollari, con un incremento del 13,1%. Ha però sottolineato che le vendite online di gioielli alle aste vanno a gonfie vele e che il 23% dei lotti è stato acquistato via internet. Un dato interessante. Senza entrare nel dettaglio per quanto riguarda la gioielleria (è stato un anno di luci e ombre) Sotheby’s ricorda i pezzi di maggior successo.

Per esempio, il record mondiale d’asta per diamante o pietra preziosa con The Pink Star, successivamente ribattezzato The CTF Pink dal compratore Chow Tai Fook. Il diamante rosa tipo IIa a taglio misto da 59,60 carati è stato acquistato per 71,2 milioni.

Sotheby’s ha anche stabilito un record per gli orecchini più costosi venduti all’asta con i diamanti a forma di pera Apollo Blue e Artemis Pink, che pesano rispettivamente 14,54 carati e 16 carati. Sono stati venduti come due lotti separati e successivamente ribattezzati La memoria delle foglie autunnali e Il sogno delle foglie autunnali. I due orecchini sono stati venduti per un totale complessivo di  57,4 milioni.

Altri pezzi forti sono stati un diamante blu vivido fantasia taglio smeraldo del peso di 5,69 carati, venduto per 15,1 milioni, e un anello di Piaget con un diamante rettangolare rosa taglio brillante di 7,04 carati, venduto per 13,2 milioni di dollari. Federico Graglia

Leggi anche: The Pink Star venduto per 71,2 milioni 




The Pink Star con l'anello su cui è montato
The Pink Star con l’anello su cui è montato

Nel 2013 Pink Star è stato venduto per 83 milioni di dollari
Nel 2013 la pietra è stata venduta per 83 milioni di dollari
pink star 4
Il più grande diamante rosa fantasia, vivid, internamente perfetto
La coppia di orecchini con i diamanti Apollo Blue e Artemis Pink
La coppia di orecchini con i diamanti Apollo Blue e Artemis Pink
La Légende, diamante a cuore di 92,15 carati di Boehmer et Bassenge venduto per 14,9 milioni
La Légende, diamante a cuore di 92,15 carati di Boehmer et Bassenge venduto per 14,9 milioni
Exquisite Fancy Vivid Blue Diamond e Diamond Ring, venduto per 15,1 milioni di dollari
Exquisite Fancy Vivid Blue Diamond e Diamond Ring, venduto per 15,1 milioni di dollari

Anello con diamanti rosa purpureo intenso di Piaget
Anello con diamanti rosa purpureo intenso di Piaget







Un 2017 di record per Christie’s



Il 2017 è stato un anno d’oro per i gioielli di Christie’s, con una raffica di record ♦︎

La fine dell’anno è il momento in cui si fanno i bilanci dei 12 mesi appena trascorsi. È un momento delicato e non sempre (o, meglio, spesso) questa analisi è resa pubblica. Per quanto riguarda il mondo dei gioielli questo vale ancora di più. Un velo di riservatezza cela sempre gli affari delle grandi Maison e dei player del settore. Tranne in un caso: quando gli affari vanno bene. Anzi, super bene. È il caso, per quanto riguarda il 2017, di Christie’s, la grande casa d’aste impegnata anche sul fronte dei gioielli. Christie’s, infatti, ha reso pubblico il bilancio del settore gioielli che, i numeri confermano, è davvero lusinghiero: 24 stagioni come leader delle aste nel settore gioielli. Nel 2017, infatti, Christie’s ha venduto gioielli per 556,7 milioni di dollari. Tra l’altro, si fanno spazio anche le vendite online (8,9 milioni), anche se la parte del leone la fanno ancora le aste tradizionali (547,8 milioni).

In questo complesso si contano, inoltre, una serie di record che Christie’s, con orgoglio, rivendica. Per esempio, il record mondiale per una collezione di gioielli Art Nouveau e Art Deco di un singolo proprietario, venduti al 100%, per un totale di 12,4 milioni. Oppure il record d’asta mondiale per un diamante D-color, impeccabile, raggiunto con la collana The Art of de Grisogono, venduta per 33,7 milioni di dollari. Un altro successo è stato il prezzo record d’asta per carato raggiunto per un diamante rosa raggiunto con The Pink Promise (32,2 milioni di dollari) e, per rimanere sempre sulla stessa tonalità di diamanti, il record per diamante più storico mai venduto all’asta con Le Grand Mazarin (14,4 milioni).

«Sono stati raggiunti nove prezzi record nelle nostre vendite in tutto il mondo, spinti dall’intensa concorrenza di collezionisti che offrono ai massimi livelli per diamanti importanti, gemme rare e gioielli e oggetti superbi. Noi abbiamo visto anche un’enorme crescita nelle nostre vendite online, che hanno incoraggiato i clienti a godersi l’esperienza di vendita all’asta a tutti i livelli di prezzo», ha commentato Rahul Kadakia, responsabile internazionale della gioielleria, Christie’s. Che, probabilmente, spera di fare il bis nel 2018. Federico Graglia





The Pink Promise, diamante ovale fancy vivid pink diamond di 14.93 carati. Venduto per 32,163 milioni di dollari a Hong Kong
The Pink Promise, diamante ovale fancy vivid pink diamond di 14.93 carati. Venduto per 32,163 milioni di dollari a Hong Kong

The Art of de Grisogono, collana con diamante di 163,41 carati, venduta per 33,7 milioni
The Art of de Grisogono, collana con diamante di 163,41 carati, venduta per 33,7 milioni
La Légende, diamante a cuore di 92,15 carati di Boehmer et Bassenge venduto per 14,9 milioni
La Légende, diamante a cuore di 92,15 carati di Boehmer et Bassenge venduto per 14,9 milioni
Anello conun diamante fancy intense blue pot/IF diamante da 8.67 carati per 13,2 milioni
Anello conun diamante fancy intense blue pot/IF diamante da 8.67 carati per 13,2 milioni
Le Grand Mazarin, diamante rosa light, di 14,93 carati, venduto per 14,4 milioni, 758,4 per carato
Le Grand Mazarin, diamante rosa light, di 14,93 carati, venduto per 14,4 milioni, 758,4 per carato

Anello con diamante burmese di oltre 15 carati venduto per 12,9 milioni, alla cifra record di 861.000 per carato
Anello con diamante burmese di oltre 15 carati venduto per 12,9 milioni, alla cifra record di 861.000 per carato







VicenzaOro, bilancio finale

Il direttore di Fiera Vicenza, Corrado Facco, l’aveva detto: il mercato della gioielleria, in sostanza, va bene solo negli Usa, mentre è debole in Europa e in pesante calo in Medio Oriente e in parte dell’Asia. Bisogna leggere in questa chiave il bilancio di VicenzaOro September. Mentre in Italia si registra l’eclisse per crisi di brand storici come Chimento, non stupisce che le presenze siano risultate in leggero calo: 19mila quelle comunicate, cioè il 2,5% in meno rispetto allo scorso anno. Buyer e operatori sono risultati provenienti da 115 Paesi, solo cinque in meno dello scorso anno. Sembra un risultato così così ma, nel contesto della situazione attuale, non è così negativo, anzi. Forse alla sostanziale tenuta ha contribuito l’idea di inserire la nuova sezione espositiva Now (Not Ordinary Watches) dedicata al mondo dell’orologio, che ha compensato le assenze. Gli spazi espositivi, infatti, sono stati tutti occupati, segno che Fiera Vicenza ha una reattività che le permette di affrontare anche i momenti difficili del mercato orafo.

Tra gli stand con il passaporto

Il 37% delle aziende espositrici, comunque, è arrivata dall’estero, segno che VicenzaOro continua a mantenere un appeal internazionale: anche il 40% dei visitatori professionali aveva passaporto non italiano. Ma se si registra una sostanziale tenuta della presenza internazionale, c’è stata una flessione della presenza nazionale. Insomma, la crisi in Italia è il tallone d’Achille. Fiera Vicenza comunica che, in linea con i dati di mercato, si è registrata una buona performance dagli Stati Uniti e da alcuni paesi del Centro e Sud America, mentre la provenienza degli operatori della zona Ue è alterna, con Germania, Francia e Spagna in leggero calo, ma Gran Bretagna, Grecia, Norvegia, Danimarca e Olanda in crescita. Buone le presenze dell’Europa centro-orientale (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca,  Slovacchia, Bosnia Erzegovina e Kazakistan) «al netto degli operatori di lingua russa che hanno decisamente confermato un’importante contrazione sia in termini di presenze che di capacità di acquisto». Sulla lista delle defaillances anche area del Golfo (mentre cresce la presenza di Israele) e Turchia. Nonostante il calo nelle vendite buona la performance della Cina, ma non di Hong Kong. Il registro delle presenze segna stabile per gli operatori indiani e in crescita dei tailandesi.

Congiuntura incerta

I risultati sono, come accennato, da mettere in relazione con la situazione del mercato orafo-gioielliero internazionale. Nei primi sei mesi del 2016, la domanda di oro per il settore jewellery ha infatti segnato una flessione del 28% rispetto ai primi sei mesi del 2015. Si registrano cali in mercati chiave per il comparto, quali India (-54%), Cina (-26%), Russia (-25%) e Uae (-18%). Crescono invece Usa (+11%), Uk (+4%) e Germania (+3%). Il fatturato del settore orafo italiano (7,2 miliardi di euro nel 2015), tra gennaio e marzo 2016 è cresciuto del 9%. Eppure nei primi tre mesi dell’anno le esportazioni del Made in Italy hanno registrato una decrescita del 3,6% rispetto al medesimo periodo del 2015.

Il commento di Marzotto

Per chiudere, ecco il commento istituzionale del presidente di Fiera di Vicenza, Matteo Marzotto: «VicnezaOro ha dato ancora una volta prova di essere una piattaforma di business al servizio di tutta la filiera nazionale e internazionale, in grado di stimolare il mercato anche e soprattutto in una situazione globale non particolarmente favorevole. Il valore aggiunto della nostra Manifestazione risiede nella capacità di proporre servizi e contenuti, informazioni e approfondimenti sempre molto utili e appositamente studiati per far conoscere le evoluzioni del settore a tutti i nostri espositori e visitatori. Esprimendo un know-how e un’expertise nel comparto jewellery che rendono VicenzaOro riconosciuto top player internazionale, Fiera di Vicenza continua quindi ad affrontare le sfide globali con visione strategica, capacità di esecuzione e prodotti fieristici di indubbia eccellenza». La parola passa all’appuntamento di gennaio. Roberto Di Lellis

Matteo Marzotto con Isotta Scarpa, vincitrice del premio Next Jeneration Jewellery Talent Contest 2016
Matteo Marzotto con Isotta Scarpa, vincitrice del premio Next Jeneration Jewellery Talent Contest 2016
Corrado Facco
Corrado Facco
Vetrina a VicenzaOro
Vetrina a VicenzaOro
Ingresso ai padiglioni
Ingresso ai padiglioni
Il nuovo padiglione Now
Il nuovo padiglione Now

Affari più brillanti a VicenzaOro January

A Fiera finita è il momento dei bilanci: VicenzaOro January 2016 ha visto la partecipazione di 19.381 buyer (8774 quelli stranieri, +5%, mentre 10.607, con +4,3% quelli italiani), con 35mila presenze, traffico complessivo cresciuto del 5%. Già nota, invece, l’offerta della manifestazione fieristica: 1500 brand di 31 Paesi distribuiti in nove padiglioni e su 29mila metri quadrati di superficie netta. Molte le novità presentate (che pubblichiamo ogni giorno su gioiellis.com). Secondo gli organizzatori una particolare attenzione è stata riservata al mondo della tecnologia: in parallelo si è svolta anche la 39esima edizione di T-Gold, Salone internazionale dedicato ai macchinari per oro e gioielli, con 133 aziende, di cui 111 italiane.

Un altro dato interessante sotto il profilo economico è la performance di operatori di alcuni Paesi del Medio Oriente, come l’Egitto, l’Iran e gli Emirati Arabi Uniti, tra i primi partner commerciali del Made in Italy in questo settore. In forte crescita anche il numero di operatori provenienti dagli Usa, che conferma la fase di ripresa dell’economia statunitense. E buona presenza anche dei paesi dell’Europa (Spagna, Francia, Portogallo, Grecia, Germania, Gran Bretagna, Olanda e Polonia), che hanno compensato il calo di arrivi dalla Russia, Cina e Hong Kong.

Commento affidato al presidente di Fiera di Vicenza, Matteo Marzotto: «Siamo particolarmente soddisfatti dei risultati e dell’affluenza durante questa edizione di VicenzaOro. Ci gratificano del grande lavoro svolto negli ultimi anni in termini di investimenti, visione, coraggio nell’innovazione del format e nella creazione di un network sempre più qualificato. Sia a livello nazionale, penso alla recente alleanza con Arezzo per un sistema fieristico italiano del settore, che a livello globale, grazie a cui nel 2016 saremo direttamente presenti nei principali mercati esteri. Fiera di Vicenza affronterà tutte queste nuove sfide con consapevole spirito di servizio, per fare di VicenzaOro non solo il brand di Vicenza e dell’Italia, ma, soprattutto, il simbolo di tutti i protagonisti del sistema jewellery mondiale, a partire dalla prossima nuova edizione di VicenzaOro Dubai». A Fiera Vicenza i gioielli torneranno dal 3 al 7 settembre. Federico Graglia

VicenzaOro January 2016
VicenzaOro January 2016
VicenzaOro January 2016
VicenzaOro January 2016
L'ingresso a VicenzaOro January 2016
L’ingresso a VicenzaOro January 2016
Matteo Marzotto
Matteo Marzotto

Pandora tocca 2 miliardi

I braccialetti componibili di Pandora, uniti a orecchini e pendenti, vanno a gonfie vele. Sulla base delle relazioni preliminari, il fatturato della società danese per il 2015 è aumentato di circa il 40% rispetto al 2014, raggiungendo quota 2 miliardi. L’aumento di fatturato, va precisato per gli amanti della finanza, è stato agevolato dal cambio di valuta favorevole rispetto all’anno precedente per circa l’11%. Tutte le regioni in cui sono distribuiti i gioielli Pandora hanno contribuito con una crescita a due cifre in valuta locale nel quarto trimestre, un elemento preponderante, con una crescita rispetto alle vendite natalizie previste. Dei ricavi abbiamo detto. Ma quanto guadagna Pandora su ogni braccialetto che vende? Ecco svelato: il margine lordo (Ebitda) è intorno al 37%. Traduciamo per i non addetti ai lavori. Su un bracciale da 100 euro, Pandora ne guadagna lordi 370. Da questa cifra però bisogna sottrarre gli interessi (gestione finanziaria), le tasse (gestione fiscale), i deprezzamento di beni e gli ammortamenti. Quello che resta sono gli utili netti e saranno resi noti a febbraio. Federico Graglia

Charm Pandora Cristallo di ghiaccio in Argento Sterling 925 e zirconia cubica. Prezzo: 65 euro
Charm Pandora Cristallo di ghiaccio in Argento Sterling 925 e zirconia cubica. Prezzo: 65 euro
Charm Pandora Fiocco di neve luccicante in Argento Sterling 925, zirconia cubica e cristallo blu. Prezzo: 55 euro
Charm Pandora Fiocco di neve luccicante in Argento Sterling 925, zirconia cubica e cristallo blu. Prezzo: 55 euro

Damiani: più vendite con i monomarca

Per Damiani il 2014 ha significato un incremento dei ricavi consolidati da vendite del 4,3% a cambi correnti (150,4 milioni). Conferma di una «solida e duratura crescita» nel segmento retail (+7,2%), che incide per circa il 41% sul totale ricavi. L’utile non c’è ancora, ma le perdite si sono notevolmente ridotte a 3,5 milioni contro gli 8,6 del bilancio precedente. Il consiglio di amministrazione del gruppo di Valenza ha approvato il progetto di bilancio (che è stato chiuso al 31 marzo 2015). Migliora, soprattutto, la redditività: l’Ebitda (margine lordo) consolidato supera i 4 milioni di euro (era di 0,3 milioni di euro nel 2013). A quanto pare gli affari vanno bene soprattutto per i monomarca Damiani, che tra Italia ed estero, registrano una crescita del 25%. In buona performance anche il segmento wholesale (ingrosso), maggiormente penalizzato in passato dalla crisi dei consumi, ha registrato un recupero con ricavi in crescita del 2,4%. Damiani gestisce 54 punti vendita diretti, di cui 41 monomarca. Gli investimenti in giro per il mondo hanno, però, peggiorato l’indebitamento, salito a 50,5 milioni contro i 40,8 al 31 marzo 2014: uno scotto inevitabile se l’azienda vuole sostenere l’espansione sui mercati fuori dai confini. Un esempio è quello del progetto Damiani Ginza Tower, che consiste nella trasformazione di un edificio di nove piani, situato nella centralissima Chuo-street del quartiere di Ginza in Tokyo. Nell’edificio sarà situata la nuova boutique Damiani e la Vip room, che occuperanno quattro piani del palazzo e gli uffici della filiale giapponese del gruppo. La conclusione dei lavori di allestimento e l’apertura della boutique è prevista per l’estate. Federico Graglia

Rocca 1794, corner Damiani
Rocca 1794, corner Damiani
Margherita Buy
Margherita Buy ha scelto di indossare i gioielli Damiani in occasione dell’edizione dei premi David di Donatello 2014-2015, dove è stata incoronata miglior Attrice per la nona volta. Margherita ha indossato gli orecchini della collezione Drip Drop con diamanti neri e rubini e bracciale della collezione Swan
Da sinistra, Giorgio Grassi Damiani, la signora Montolivo, Guido Grassi Damiani e Riccardo Montolivo
Da sinistra, Giorgio Grassi Damiani, la signora Montolivo, Guido Grassi Damiani e Riccardo Montolivo

Tiffany, 2014 brillante ma non d’oro

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Affari d’oro per Tiffany, ma senza brillare. Il più grande gruppo mondiale della gioielleria ha annunciato di avere registrato nel quarto trimestre (chiuso da un punto di vista contabile a gennaio 2015) utili per 196 milioni di dollari, e l’intero anno con profitti per 484 milioni di dollari, in crescita rispetto ai 181 milioni dell’anno precedente. Ma avrebbe potuto andare meglio se il dollaro non si fosse rafforzato sull’euro. Nei tre mesi terminati a fine gennaio, infatti, Tiffany ha visto le vendite diminuire dell’1% a 1,3 miliardi di dollari. E il futuro? L’azienda ha fatto sapere di attendersi «una crescita minima» degli utili rispetto al 2014, con un calo degli utili netti del 30% nei primi tre mesi del nuovo esercizio fiscale. F.G. 

Negozio Tiffany
Negozio Tiffany
Bracciale della serie T di Tiffany
Bracciale della serie T di Tiffany. Ceramica e oro, prezzo: 8.500 dollari

Cambio della guardia alla Damiani

Il gruppo Damiani è l’unico del comparto quotato alla Borsa italiana. Come tale è tenuto a dare conto dei suoi affari ogni tre mesi: un esercizio scomodo, ma che offre trasparenza agli investitori. Ecco, dunque, i conti dell’azienda piemontese nei primi nove mesi del bilancio 2014-2015 (che la società chiude ogni 31 marzo). Tenendo conto che in Italia i consumi sono andati a picco per tutti, i conti non sono troppo male, anzi, mostrano segni di ripresa. Nei conti al 31 dicembre 2014 i ricavi sono saliti del 5% a cambi costanti, a 115,4 milioni di euro. Il dato positivo è anche la crescita delle vendite nel segmento retail (+6,3%), e in particolare il marchio Damiani (58 punti vendita diretti) è quello che tira di più, con un incremento del 22%. Il canale retail pesa per circa il 40% sul fatturato totale del gruppo. Un po’ in controtendenza con il resto del mercato, Damiani segna un incremento anche in Italia di oltre il 5%, mentre all’estero i ricavi sono stati complessivamente in incremento del 3,5% a tassi costanti e del 2,3% a tassi correnti rispetto al pari periodo precedente, penalizzati principalmente dalla svalutazione dello yen. Positivo anche il margine lordo (Ebitda) a 5,2 milioni di euro, in miglioramento di 4,9 milioni di euro rispetto al 31 dicembre 2013. Ma resta un dato negativo, seppure ridotto: i nove mesi si sono chiusi con un rosso di 1,4 milioni di euro, che comunque significa un miglioramento del 61,6% rispetto a un anno fa. Nessuna buona nuova anche dalla posizione finanziaria netta negativa di 50,2 milioni di euro (40,8 milioni di euro al 31 marzo 2014), ma «a seguito della stagionalità e degli investimenti effettuati nel periodo».

Ma c’è anche una novità di rilievo al vertice del gruppo: il consiglio di amministrazione, «in considerazione del sempre maggiore coinvolgimento diretto del presidente Guido Grassi Damiani nell’ambito del processo di internazionalizzazione del Gruppo, la cui strategia è sempre più focalizzata ad una presenza diretta nei mercati esteri, ha deliberato la nomina alla carica di amministratore delegato di Damiani spa dell’attuale vice presidente Giorgio Grassi Damiani, con deleghe alla gestione operativa della società italiana». In sostanza Guido Grassi Damiani continuerà a fare l’ambasciatore del gruppo in giro per il mondo, mentre le redini operative industriali passano al fratello Giorgio. Federico Graglia 

Giorgio Grassi Damiani con Sofia Loren
Giorgio Grassi Damiani con Sofia Loren
Un anno di titolo Damiani in Borsa
Un anno di titolo Damiani in Borsa
Giorgio Grassi Damiani con star cinesi
Giorgio Grassi Damiani con star cinesi
Giorgio Grassi Damiani con il calciatore Hidetoshi Nakata
Giorgio Grassi Damiani con il calciatore Hidetoshi Nakata
Da sinistra, Giorgio Grassi Damiani, la signora Montolivo, Guido Grassi Damiani e Riccardo Montolivo
Da sinistra, Giorgio Grassi Damiani, la signora Montolivo, Guido Grassi Damiani e Riccardo Montolivo

Per Damiani semestre in bianco e nero

Anelli della collezione Battito d'ali
Anelli della collezione Battito d’ali

Nel primo semestre dell’anno fiscale 2014/2015 Damiani rivede l’utile lordo. Una nota della società sottolinea «un trend positivo che si protrae ormai da cinque esercizi che testimonia l’apprezzamento sempre crescente del brand da parte del consumatore finale». I ricavi dal canale retail hanno raggiunto il 44,1% dei ricavi da vendite, in ulteriore crescita rispetto al primo semestre dell’esercizio precedente.

Il flagship store Damiani a Shanghai
Il flagship store Damiani a Shanghai

Nel corso del primo semestre (che va da marzo a settembre, dato che il bilancio di Damiani si chiude al 31 marzo) l’azienda piemontese, che ha celebrato quest’anno i 90 anni di attività, ha però registrato vendite per 62,1 milioni di euro, rispetto ai 65,0 milioni di euro registrati nell’analogo periodo dell’esercizio precedente, con una variazione negativa del -3,8% a tassi di cambio costanti e del -4,5%, a tassi di cambio correnti. In compenso, l’Ebitda (utile lordo) consolidato è positivo per 100mila euro. Poco, ma sempre meglio del dato negativo di –3 milioni al 30 settembre 2013. Miglioramento merito, continua la nota, «di azioni di riorganizzazione interna». Premesso questo, il risultato operativo consolidato resta negativo, anche se in miglioramento: –2,2 milioni di euro, rispetto ai –4,6 milioni dello scorso anno. In definitiva, nei primi sei mesi il gruppo ha chiuso «con un risultato netto consolidato di competenza negativo e pari a -3,4 milioni di euro rispetto ai -6,1 milioni di euro conseguiti il 30 settembre 2013». Anche i debiti sono cresciuti: la posizione finanziaria è negativa per 47 milioni di euro, rispetto ai 40,8 milioni registrati al 31 marzo scorso. Ma l’azienda fa sapere che «la variazione è principalmente riconducibile alle dinamiche stagionali dei flussi finanziari».

Giorgio Damiani e Hidetoshi Nakata
Giorgio Damiani e Hidetoshi Nakata

Da registrare anche che nei sei mesi passati Damiani è uscita dal segmento Star di Borsa Italiana. Uno dei motivi è anche la «la riduzione del flottante (cioè delle azioni trattate in Borsa ndr) al di sotto della soglia del 20% del capitale, minimo richiesto per la presenza nel segmento Star e dall’obiettivo di focalizzare la struttura del gruppo sul core business». Damiani resta ancora quotata a Piazza Affari ma le azioni liberamente scambiate si assottigliano. A questo si aggiungono volumi particolarmente elevati negli ultimi giorni. Qualcuno si potrebbe chiedere se, per caso, l’intenzione sia quella di un prossimo addio al listino.

Sempre nel semestre concluso a settembre, l’azienda ha proceduto con la fusione per incorporazione tra Damiani S.p.A. e Rocca S.p.A., «operazione è finalizzata ad assicurare una maggiore funzionalità del Gruppo, sotto il profilo economico e finanziario, e si inserisce nell’ambito delle azioni di riorganizzazione già in gran parte realizzate nei precedenti esercizi».damiani

Damiani, in ogni caso, è molto attiva sul piano del rilancio. Lo scorso ottobre, insieme all’ex calciatore giapponese Hidetoshi Nakata, ha lanciato la nuova collezione Metropolitan Dream by H. Nakata con l’obiettivo di reperire risorse per sostenere il progetto Home for all, lanciato nel 2011 e diretto dall’architetto Toyo Ito, per aiutare le vittime del terremoto che ha colpito il Giappone nel marzo 2011 nella ricostruzione delle città colpite e di migliorare la vita quotidiana della comunità.

Semester in improvement for Damiani

In the first half of fiscal year 2014/2015 Damiani revises the gross profit. A note of the company emphasizes “a positive trend that has lasted for five years testifies to the growing appreciation of the brand by the end consumer.” Revenues from retail channel reached 44.1% of revenues from sales, a further increase over the first half of the previous year.

During the first six months (from March to September, because the financial statements of Damiani closes March 31) the Piedmont company, which this year celebrated 90 years in business, has posted sales of 62.1 million euro, compared to 65.0 million euro in the same period of the previous year, a decrease of -3.8% at constant exchange rates and -4.5% at current exchange rates . On the other hand, Ebitda (gross profit) consolidated is positive for 100 thousand euro. Little, but still better than the negative figure of -3 million at September 30, 2013. The Improvement, a note continues, is the result “of internal reorganization.” That said, the consolidated operating profit remains negative, although improving: -2.2 million euro, compared to 4.6 million last year. Ultimately, in the first six months, the group closed with a consolidated net profit attributable negative and amounted to -3.4 million compared to EUR -6.1 million euro achieved September 30, 2013. Even the debts have grown: the financial position was negative for 47 million euro, compared to 40.8 million recorded at 31 March. But the company says that “the change was mainly due to the seasonal dynamics of financial flows.”

Moreover, in the past six months Damiani left the Star segment of the Italian Stock Exchange. One of the reasons is also the “reduction of the free float (shares traded on the Stock Exchange ndr) below the threshold of 20% of the capital, the minimum required for the presence in the Star segment. The focus is on the structure of the group core business. Damiani is still listed on the stock exchange but the shares freely traded dwindle. Added to this are particularly high volumes in recent days. Someone might wonder if, by chance, the intention is the delisting.

Also in the first half ended in September, the company proceeded with the merger between Damiani SpA and Rocca SpA, “operation aims to ensure greater functionality of the Group, from the economic and financial environment, and is part of the reorganization already largely made in previous years.”

Damiani, in any case, is very active in terms of the relaunch. Last October, together with former Japanese footballer Hidetoshi Nakata, has launched the new collection Metropolitan Dream by H. Nakata with the aim of raising funds to support the project Home for All, launched in 2011 and directed by the architect Toyo Ito, to help victims of the earthquake that hit Japan in March 2011 in the reconstruction of the affected cities and to improve the daily life of the community.

Delusione (breve) da Tiffany

Scivolone da Tiffany. O, se preferite, delusione da Tiffany. La grande maison della gioielleria ha registrato una giornata-no a causa dei suoi conti: ha aumentato il fatturato e, per paradosso, la Borsa l’ha punita. Il gioielliere della Quinta strada famoso anche per il film con Audrey Hepburn, Colazione da TIffany, ha infatti annunciato risultati in crescita, ma sotto le stime degli analisti.
tiffany2Risultato: il titolo è iniziato a crollare, per poi risalire e recuperare terreno. Tiffany è il secondo gruppo di gioielli al mondo, dopo il colosso elvetico Financiere Richemont. Nel 2013 ha annunciato ricavi in aumento del 6%, oltre 4 miliardi di dollari (però a «solo» +5,1%, 1,3 miliardi nel trimestre dei regali di Natale), e profitti al di sotto delle attese a causa di costi maggiori sia per gli affitti dei negozi che per il personale. Come se non bastasse, Tiffany ha sborsato 460 milioni di dollari di risarcimento nei confronti di Swatch, dopo aver perso una causa. L’utile è calato del 56% a 181 milioni di dollari. Tuttavia, escludendo il risarcimento a Swatch sarebbe incrementato del 15% a quota 481 milioni di dollari. E il 2014? La maison ha annunciato di aspettarsi un aumento degli utili dell’8-9%. Una cifra che farebbe felici quasi tutte le imprese. Eppure Wall Street non sembra accontentarsi. F.G. 

L'interno del negozio Tiffany sulla Quinta Strada, a New York
L’interno del negozio Tiffany sulla Quinta Strada, a New York

Damiani, conti di compleanno

Ancora rosso rubino. Ma in fondo si intravede un azzurro zaffiro. I conti dei primi nove mesi del 2013 di Damiani (che per il bilancio della società terminano al 31 dicembre) restano sotto la linea del pareggio. Ma l’utile operativo migliora ed è meno negativo. In compenso, aumentano i debiti (ma ne sta discutendo con Unicredit).

Collana di diamanti Damiani
Collana di diamanti Damiani

I ricavi del gruppo sono stati di 110,3 milioni di euro, in crescita del 5,6% a cambi costanti del 2,6% a cambi correnti (erano 107,5 milioni di euro nell’analogo periodo dell’esercizio precedente). Sempre nei primi nove mesi Damiani ha registrato un guadagno di natura non ricorrente pari a 2 milioni di euro. Insomma, soldi incassati per la vendita (è presumibile) di qualche asset. Al netto di questo incasso, l’Ebitda (in pratica il margine lordo) risulterebbe comunque in miglioramento di 3,0 milioni di euro. Il risultato operativo consolidato è stato però negativo e pari a –2,2 milioni di euro, anche se migliora rispetto ai –3,0 milioni di euro al 31 dicembre 2012. Al netto del citato provento non ricorrente il risultato operativo sarebbe in miglioramento di 2,8 milioni di euro. Nei primi nove mesi 2013/2014 Damiani rileva i benefici attesi di una serie di azioni implementate nello scorso esercizio che avevano la finalità di razionalizzare alcuni processi aziendali e contenere i costi operativi. Ma il risultato netto consolidato di competenza è ancora negativo (–3,6 milioni di euro), anche se in miglioramento rispetto ai –4,7 milioni di euro conseguiti il 31 dicembre 2012. La posizione finanziaria netta negativa, cioè i debiti, sono a quota 45,4 milioni (erano 33 milioni al 31 marzo 2013). Bisogna aggiungere che Damiani si dà da fare.

Boutique Damiani
Boutique Damiani

A ottobre ha aperto la prima boutique Damiani in franchising nel Kyrgyzstan, ex repubblica sovietica in Asia centrale. Sempre a ottobre è stata inaugurata la seconda boutique a gestione diretta a Shanghai, a Xin Tian Di, area pedonale trendy ed elegante per lo shopping. Il 20 novembre è stato organizzato l’evento per la riapertura della boutique Damiani di Roma, in via Condotti, completamente ristrutturata per 400 metri quadri disposti su tre piani, con il nuovo concept presentato in via Montenapoleone a Milano lo scorso anno e con Sophia Loren madrina dell’evento. L’evento di Roma segna anche l’inizio delle celebrazioni per i 90 anni dell’azienda, che si festeggiano nel 2014 e che proseguiranno in altre città chiave per il Gruppo.

Anello della serie Baci
Anello della serie Baci

A fine novembre 2013 Damiani ha ottenuto un altro riconoscimento internazionale, con la vittoria del Watch & Jewellery Awards 2013 a Kuala Lumpur, in Malesia. La manifestazione, giunta alla settima edizione, ha premiato il collier Sophia Loren, un masterpiece unico in diamanti per un totale di 81 carati. A Kuala Lumpur, il Gruppo è presente con una boutique Damiani monomarca in franchising, aperta a settembre 2013. Infine, nel gennaio scorso Damiani ha aperto un nuovo punto vendita monomarca Damiani al terminal T3 dell’aeroporto internazionale Leonardo da Vinci-Fiumicino di Roma, che segue l’inaugurazione nel luglio 2013 della boutique Damiani all’aeroporto di Mosca.

 

Per De Beers i diamanti sono oro

I diamanti sono d’oro. O, meglio, la vendita di brillanti è davvero ricca: De Beers, maggior gruppo mondiale nel settore dei diamanti nel 2013 ha superato il miliardo di dollari di utile operativo, con una crescita del 112%. A novembre 2011 il gruppo Anglo American è salito all’85% del capitale sociale di De Beers, acquistando una quota del 40% dalla famiglia Oppenheimer. Il restante 15% del numero uno mondiale dell’estrazione dei diamanti è in mano al governo del Botswana. La performance del 2013 è stata raggiunta con un aumento dei ricavi a 6,4 miliardi di dollari (circa 4,67 miliardi di euro) e a un rapporto dei cambi favorevole. Tutto bene, quindi, tranne che in India, dove «le condizioni economiche difficili e una svalutazione della rupia hanno provocato un calo della domanda. Il mercato Usa ha invece registrato una crescita positiva, con un buon andamento del quarto trimestre grazie alle festività. La Cina ha continuato a mostrare tassi di crescita positivi, ma a livelli coerenti con il rallentamento dello sviluppo economico», si legge in una nota.  

Negozio De Beers in Cina
Negozio De Beers in Cina

Con Bulgari bilancio d’oro per Lvmh

Pare che i gioielli italiani servano a produrre utili. Per i francesi. Secondo il consuntivo 2013 del gruppo Lvmh, colosso che spazia dalle borse di pelle allo champagne, fino a orologi e gioielli, l’acquisizione di Bulgari sembra sia un toccasana per i conti, perlomeno a leggere quanto dichiara la società. Il gruppo Lvmh ha chiuso il 2013 con ricavi a oltre 29 miliardi, contro i 28 del 2012. Ma l’area di attività relativa a gioielli e orologi ha perso qualche colpo: il fatturato è infatti sceso a 2,7 miliardi dai 2,8 dell’anno precedente. Eppure, gli utili netti sono aumentati. In particolare, per la divisione che riunisce brand cone Tag Heuer e Bulgari, gli utili sono lievitati a 375 milioni di euro rispetto a 334 del 2011. Insomma, un po’ meno vendite, ma maggiori guadagni. In particolare, Bulgari ha fato segnare un grande anno, come dimostra il successo della collezione Serpenti, con esposizioni organizzate a Shanghai, Dubai e New York. È andato bene, pare, anche il lancio della nuova collezione Diva, oltre alle linee B.zero1 e agli anelli di fidanzamento, che hanno contribuito al successo del marchio. La super testimonial Carla Bruni ha rafforzato la presenza internazionale di Bulgari, che ha svettato anche nel segmento orologi, con Bulgari Octo che mantenuto la sua posizione come top-of-the-line premium segnatempo maschile.  

 

 

Bernard Arnault, presidente di Lvmh
Bernard Arnault, presidente di Lvmh

 

 

 

Affari d’oro a VicenzaOro

[wzslider]VicenzaOro, la fiera della gioielleria organizzata a Vicenza, ha fatto affari. Secondo gli organizzatori, la rassegna vicentina d’autunno ha registrato un buon trend per i produttori, che hanno incontrato una buona domanda da parte dei buyer. In particolare, la domanda è arrivata dall’estero: Zona Euro, Europa centro-orientale, Emirati Arabi, Arabia Saudita, Asia con particolare riferimento alla Cina e Nord America. Insomma, incoraggiante, specialmente per chi punta meno sul mercato italiano. Per la prima volta, dopo due anni negativi, il secondo trimestre del 2013 ha registrato un risultato positivo per le esportazioni italiane di gioielleria (dati Istat) che sono cresciute rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente sia in valore (+6%) che in quantità (+2,6%). Nello specifico, verso gli Stati Uniti (+12% in valore) e verso gli Emirati Arabi (+32% in valore). Si vedrà se questa tendenza sarà confermata anche nei mesi finali dell’anno. Tra gli addetti ai lavori si respira un clima di moderata fiducia. Federico Graglia