bilancio - Page 3

Per Tiffany affari d’oro

[wzslider]Tiffany fa soldi a palate. La maison americana ha chiuso il bilancio del secondo trimestre (al 31 luglio), con utili in aumento del 16,3%, a 106,8 milioni di dollari. Wow, a che cosa si deve questo balzo? Semplice: alle vendite di gioielli Tiffany in Cina e Giappone. Infatti, il colosso dei gioielli newyorchese ha venduto per il 4,4% in più, a 925,9 milioni di dollari, ma l’aumento maggiore (+13%) arriva delle vendite nella regione Asia-Pacifico (che pesa per il 22% dei ricavi). Al contrario, Tiffany non sfonda negli Usa e dintorni. Non brillanti le vendite dei gioielli che costano meno quelli d’argento e che danno più utili. Merntre l’azienda va bene nel segmento dell’alta gioielleria. In ogni caso, Tiffany ha alzato le sue previsioni per la fine dell’anno. Auguri. Federico Graglia

 

 

Damiani, tre mesi in bianco e nero

Niente da fare, Damiani resta in rosso, anche se di poco. Direte: ma a noi che importa? Importa, invece. Perché in Italia di grandi gruppi nel settore ce ne sono pochi, anzi, praticamente nessuno. La piemontese Damiani è una delle poche aziende che tenta di farsi largo tra i colossi francesi che come schiacciasassi acquistano marchi di gioielleria (e del lusso) come fossero sacchetti di patatine. Quindi, i conti della Damiani ci interessano.  Il risultato è incoraggiante, ma la strada da fare è lunga.

Veniamo prima alle notizie positive: nel periodo in questione i negozi a gestione diretta in Italia e all’estero hanno complessivamente registrato ricavi in incremento del 24,1% a tassi costanti. Anche perché i negozi sono aumentati di numero e, quindi, è logico che anche i ricavi si siano incrementati. Con un distinguo generale: il fatturato ha registrato una buona performance all’estero, mentre nel mercato italiano, «sempre colpito dalla stagnazione dei consumi e da una generale incertezza, hanno evidenziato una contrazione». Non per nulla l’azienda spinge per aprire nuovi store nei Paesi in cui l’economia tira (gestisce 52 punti vendita diretti posizionati nei principali vie internazionali del lusso), mentre in Italia i consumi ristagnano. Nonostante questo, però, Damiani nota che anche Italia c’è stato un incremento, anche se contenuto: +1,5% rispetto al 30 giugno 2012.

I conti: il gruppo Damiani nei tre mesi in esame ha incassato 33,1 milioni di euro, rispetto ai 31,4 milioni registrati nell’analogo periodo dell’esercizio precedente, con una variazione positiva del 7,7% a tassi di cambio costanti e del 5,4%, a tassi di cambio correnti. In particolare, i ricavi nel canale retail sono cresciuti del 24,1%, a tassi di cambio costanti e del 20,3% a tassi di cambio correnti.

Note negative: Damiani venderà anche di più, ma perde. L’ebitda (spieghiamo a chi non se ne intende di finanza: si tratta dell’utile lordo, prima delle tasse) del gruppo è negativo  per 572mila euro, anche se in miglioramento rispetto ai –1,1 milioni di euro al 30 giugno 2012. Il problema è che le vendite non coprono i costi: il risultato operativo del gruppo è stato negativo (–1,3 milioni di euro) e alla fine la perdita netta del Gruppo è stata di 2 milioni di euro. Guadiamo il lato positivo: l’anno scorso alla stessa data la perdita era di 2,8 milioni. Il fatto è che Damiani deve continuare a investire sui mercati esteri, ma questo costa. E così i debiti aumentano, anche se sono sotto la soglia del livello di guardia: le passività sono salite a 34,3 milioni di euro rispetto ai 33,0 milioni al 31 marzo 2013. Federico Graglia

Guido Grassi Damiani all'inagurazione dello store di Mosca
Guido Grassi Damiani all’inagurazione dello store di Mosca

Baselworld, gioielli record

[wzslider]Macché crisi: gioielli e orologi tirano, vanno, richiamano. Lo dimostrano i numeri di Baselworld, la manifestazione svizzera che richiama la créme mondiale del settore: la 41esima edizione si è chiusa con un boom. A partire dal numero record di visitatori: 122 mila da un centinaio di diversi Paesi, +17% rispetto al 2012. Alla faccia della recessione. I produttori non si possono lamentare: i buyer si sono avventati come cavallette, con 3.610 giornalisti accreditati (+9%). «È stato un evento straordinario. Ora si possono raccogliere i frutti di questo lavoro: un salone unico al mondo, sia per la nuova qualità offerta che per l’estetica», ha commentato Jacques J. Duchêne, presidente del comitato degli espositori. Dall’anno prossimo, però, si cambia o, meglio, si torna alla tradizione: la fiera si terrà da 27 marzo al 3 aprile. Quest’anno è stata posticipata per consentire la fine dei lavori del nuovo padiglione. F.G.

 

I progetti di mister Brosway

[wzslider]

Lanfranco Beleggia, fondatore e amministratore unico del gruppo Bros Manifatture
Lanfranco Beleggia, fondatore e amministratore unico del gruppo Bros Manifatture

Parla mister Brosway. Cioè Lanfranco Beleggia, fondatore e amministratore unico del gruppo Bros Manifatture, quello che si è inventato brand come Brosway gioielli e S’Agapò. L’imprenditore ha spiegato al Sole 24Ore quali sono le sue strategie e ha anticipato i risultati aziendali. Che, a dispetto della crisi, non sono affatto male: il bilancio 2012 si è chiuso con ricavi a 38,8 milioni di euro (+1,3%). Un aumento non disprezzabile, visto che la crisi ha messo in difficoltà molte maison, anche se minore   del +43% del 2011. Su questi 38,8 milioni incassati, Bros Manifatture ha un Ebitda (cioè un utile lordo) del 20%. La soddisfazione maggiore è, però, quella di andare in controtendenza. Mentre i consumi in Italia diminuiscono (per il settore si parla di -20%), Bros Manifatture fa il 95% dei ricavi nel Belpaese.

Anelli by Brosway
Anelli by Brosway

«Orgogliosamente è il nostro mercato di riferimento e l’obiettivo è mantenerlo, ma stiamo studiando altri mercati, a partire dagli Stati Uniti, perché punteremo sull’internazionalizzazione», ha spiegato Beleggia al quotidiano. Insomma, ora il produttore marchigiano vuole esportare il suo successo. Obiettivo, oltre agli Usa, sono anche Germania, Francia, Nord Europa e Russia. La formula resterà la stessa: gioielleria accessibile per tutti, veicolata con un sensibile investimento in comunicazione: oltre 7 milioni. In cui sono comprese iniziative non tradizionali: «Giornate dedicate ai clienti nei negozi, ma anche serate in discoteca in cui raccontiamo ai ragazzi la nostra storia», precisa l’imprenditore. Eventi come la vendita di un anello Love edition a tiratura limitata per il giorno di San Valentino: 15mila pezzi dalla mattina alla sera».

Orecchini by Brosway
Orecchini by Brosway

D’altra parte, all’azienda non sfugge l’importanza della Rete: «Del mondo Internet l’esperta è mia figlia Beatrice, che ha 23 anni. In un solo anno abbiamo raggiunto 200mila fan sulla pagina Facebook. Gli altri due figli, Valerio e Maurizio, più grandi, si occupano rispettivamente di prodotto e marketing», aggiunge Beleggia. Che proseguirà con la attenta targetizzazione dei prodotti di casa, come quelli di S’Agapò, prodotto low cost, con prezzi anche di 30 euro. «La strategia premiante ha valorizzato peculiarità e differenziazione di ogni singolo brand in termini di prodotto, distribuzione e comunicazione. E per maggio è in cantiere un progetto multimediale: un concorso che coinvolgerà una campagna su carta stampata, web e tv», conclude Beleggia.

Damiani, conti rosso rubino

[wzslider]

I conti di Damiani non sono molto brillanti. Il consiglio di amministrazione del gruppo di Valenza ha approvato il resoconto di bilancio al 31 dicembre 2012, relativo ai primi nove mesi dell’esercizio 2012-2013 (l’anno fiscale si concluderà a fine marzo). Risultato: crescita delle vendite nel segmento retail, ma rosso nei conti. I negozi monomarca Damiani gestiti direttamente, in Italia e all’estero, è scritto nella relazione, hanno registrato ricavi in incremento del 26%. In Italia vanno bene le boutique multimarca Rocca, però le vendite all’ingrosso risultano fortemente penalizzate «a causa della cautela negli acquisti da parte dei dettaglianti». E purtroppo il fatturato del gruppo è circa per il 70% realizzato in Italia. La conseguenza è che i conti non vanno per niente bene: la crisi dei consumi nei primi nove mesi ha depresso i ricavi a 107,5 milioni di euro, con una discesa del 9,1% (erano 118,2 milioni di euro nell’analogo periodo dell’esercizio precedente). Ragione per cui nel bilancio c’è il segno rosso: Damiani registra un Ebitda (cioè un margine lordo) consolidato negativo per 1 milione di euro, rispetto ai 1,4 milioni di euro positivi dell’anno precedente. E i Damiani fanno sapere anche che il segno negativo è contenuto grazie ai risparmi per alcune componenti di costo. Male anche il risultato operativo consolidato, che è negativo per 3,2 milioni di euro, peggio rispetto ai –0,8 milioni di euro al 31 dicembre 2011.

Che bisogna aspettarsi per la fine dell’anno fiscale? L’azienda ha implementato, spiega una nota di bilancio, «una serie di azioni che si completeranno entro la fine dell’esercizio, con la finalità di razionalizzare alcuni processi aziendali». I benefici di queste non meglio precisate mosse, però, «saranno visibili solo nel prossimo esercizio 2013-2014, mentre il conto economico al 31 dicembre 2012 già registra i correlati costi». Infatti il gruppo Damiani deve registrare una perdita netta, sempre nei nove mesi 2012-2013 pari a –4,7 milioni di euro. Male, insomma, anche se meno tosta rispetto ai –5,3 milioni di euro al 31 dicembre 2011. In precedenza, Damiani ha chiuso il bilancio 2011 con una perdita di 11,9 milioni e quello 2010 con un rosso di 14,5 milioni. Così, poco corroborante è l’aumento dell’indebitamento: la posizione finanziaria netta negativa è di 36,7 milioni di euro (contro i 28,6 milioni di euro al 31 marzo 2012).