L’oro di Arezzo visto attraverso i gioielli di Giordini, una storia iniziata nel 1964 ♦
Nel 1964 Olga Giordini fondò l’azienda che porta il suo cognome e che risiede nel distretto orafo di Arezzo. Dopo mezzo secolo, la Giordini resta ancora un’azienda familiare, che propone gioielli con una lavorazione artigianale, una particolarità tutta italiana. Tra parentesi: Giordana Giordini è diventata presidente della sezione Orafi di Confindustria. L’azienda, pur con una lunga tradizione alle spalle, non è però ancorata solo al classico, ma cerca anche la sua strada per il rinnovamento della sua proposta. L’idea è riunire in un unico gioiello l’arte scultorea e plastica del «fatto a mano» attraverso la creatività di designer, artigiani ed artisti, con le regole della produzione industriale. Insomma, la capacità di passare sapientemente da un modello in ceroplastica unico e artistico a oggetti prodotti in serie. Ecco due tra gli ultimi esempi della loro proposta. La parures-collezione Barocca, con segni curvilinei, e naturalmente realizzata a partire dall’oro. Altra novità è la parure Intrecci, con linee morbide, come fosse un pizzo dorato.
La tecnica utilizzata
Interessante la descrizione tecnica della serie Ricami. Comprende gioielli realizzati in oro con tecnica mista, che abbina parti in elettroformatura su cui vengono posizionate lastre traforate e diamantate dai disegni più svariati. Una montatura di questo tipo presenta un’incavatura che fa da cornice in cui è collocata la lastra traforata. Il contorno può terminare diritto o smerlettato, può avvolgere l’intero perimetro del traforo oppure solo una parte di esso. La tecnica è in pratica «a castone» ed è antica, generalmente usata per le pietre. Al posto delle gemme, sono invece utilizzate lastre traforate dai disegni delicati ad ispirazioni diversificate: floreali, geometrici o arabeschi.
È un procedimento che viene percepito come semplice e pulito, ma che in realtà è di laboriosa esecuzione, perché richiede di essere perfettamente equilibrato sia nella composizione del disegno, sia nell’assemblaggio d’insieme che deve garantire aderenza ed equilibrio tra le parti. La lastra traforata richiede un lungo lavoro di preparazione del disegno che è frutto di elaborazioni e scelte estetiche accurate trasferite poi, nella fase di produzione, in supporti tecnologici in grado di preservare la freschezza dello schizzo fatto a mano con molta attenzione ai minimi dettagli.
Il traforo, che viene eseguito con il laser sulla lastra diamantata, conferisce trasparenza e leggerezza al metallo, trasformandolo in un vero e proprio «pizzo d’oro», una sorta di «ricamo» metallico, che è il protagonista assoluto della composizione. Predomina sulla forma, mettendo in risalto i movimenti di pieno-vuoto e i disegni trasparenti e sottili conferiscono grazia e femminilità al gioiello, la luce passandovi attraverso crea attraenti giochi di chiaro-scuro, di vedo-non vendo evocando l’impalpabile grazia del merletto.
Il processo di lavorazione è lungo perché questi trafori sono particolarmente fragili, devono essere eseguiti e rifiniti con delicatezza e cura. Infatti il montaggio è articolato e va eseguito con scrupolosa attenzione per conferire alla lastra un morbido movimento senza strappare i sottili fili del ricamo dorato e poi la rifinitura finale, rigorosamente eseguita a mano, si avvale di lucidatura e satinatura nonché galvanica selettiva a contrasto di alcune parti, per definire il disegno ed esaltarne le caratteristiche.
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