Acquistare un diamante sintetico e pensare di acquistare un diamante naturale. Il rischio c’è, nonostante quanto sostengono le aziende che vendono diamanti cresciuti in laboratorio. Lo indica il caso trasmesso dal popolare programma televisivo Good Morning America. Certamente, il caso raccontato dalla trasmissione riguarda gli Usa. Ma accende una luce rossa su quanto può accadere su scala globale.

Il racconto dell’inchiesta di Good Morning America riguarda una donna, Molly Carlson, che ha acquistato il suo anello di fidanzamento con diamante in una gioielleria in un centro commerciale. Dopo aver acquistato l’anello, si è recata in un’altra gioielleria per controllare il gioiello. E ha avuto una cattiva sorpresa: il gioielliere, infatti, le ha rivelato che il diamante è artificiale, non naturale. Ma al momento dell’acquisto, ha confermato il fidanzato di Molly, venditore aveva descritto lo stile, la chiarezza e il colore, senza aver mai spiegato che si trattava di una pietra coltivata in laboratorio.

Pare che la pratica commerciale poco trasparente sia diffusa. Negli Stati Uniti l’anno scorso l’agenzia federale ha inviato lettere di avvertimento a otto venditori online di diamanti coltivati in laboratorio che non avevano chiarito la differenza. C’è chi, per esempio, ha definito i diamanti sintetici semplicemente come “alternativi”. Ed è lecito chiedersi: qual è la situazione in Europa?



Questo è l’incubo di tutti noi consumatori.
Si pensa di cautelarsi acquistando nelle gioiellerie di fiducia, ma io sinceramente mi chiedo: soprattutto nei tagli piccoli, nei pavé, quanto è grande la possibilità che gli stessi negozianti vengano ingannati dai loro fornitori? Soprattutto oggi che vanno tanto di moda con i diamanti neri e brown…
Lo trovo uno spunto di discussione molto interessante.
Siamo perfettamente d’accordo, Stefania. Anche se bisogna aggiungere che le grandi marche stanno molto attente a non cadere nel tranello, perché sarebbe un danno d’immagine.