I gioielli che possono trasformarsi: da collane a bracciali, oppure… ♦
Viva i gioielli trasformisti. Le regine e le principesse delle corti europee lo sapevano già da tempo: se tiare e bracciali sono così preziosi e costosi, che almeno siano versatili. E, infatti, nelle collezioni reali i diademi all’occorrenza diventano girocolli, i diamanti si sostituiscono con pietre preziose colorate per occasioni meno formali, gli orecchini si allungano di sera e si accorciano di giorno. Anche il direttore artistico di Van Cleef & Arpels, René Pouissant, si cimentò in questo lavoro su suggerimento della duchessa di Windsor, creando nel 1951 la famosissima collana Zip.

Una sorta di cerniera a lampo che si apre a forma di V e gira intorno al collo. Chiusa, invece, la collana si mette al polso e diventa bracciale. Ai lati, al posto del tessuto oro lavorato a spina di pesce e cuori ritagliati con la centro un diamante e una lunga preziosa nappa pende dal cursore. Quindi, i gioielli trasformisti non sono certo una novità, ma per fortuna c’è qualcosa di inedito nella loro versione contemporanea: non sono solo relegati all’alta gioielleria o a modelli dall’estetica tradizionale. L’italiana Nanis, per esempio, ha addirittura chiamato Trasformista una linea di gioielli che possono cambiare aspetto e impiego.

Tra i gioiellieri c’è chi si ispira al gioco del Meccano, come la designer cipriota Myriam Soseilos, chi nasconde un anello dentro l’altro quasi fossero matrioske, come l’olandese Bibi van der Velden. E chi, come Kiki McDonough, un marchio molto amato dalla duchessa di Cambridge, Kate Middleton, crea un’intera collezione di orecchini con parti interscambiabili di pietre dure coloratissime. Oppure c’è chi, come Michela Bruni Reichlin, abbina giada, diamanti bianchi, oro e rubini per farsi in quattro.

















