Quasi tutti i gioiellieri impiegano il loro tempo a realizzare gioielli. Quasi. Qualcuno, come Selim Mouzannar, si impegna anche in battaglie civili. Il gioielliere di Beirut, infati, fa parte del Comitato esecutivo di Achrafieh2020, un’iniziativa ambientale guidata dai cittadini per reinventare lo storico quartiere di Ashrafieh della città libanese come uno spazio sostenibile e vivibile. Inoltre, è tra i fondatori di Right to Nonviolence, una Ong impegnata nell’attivismo legale e la difesa. Mouzannar, racconta la sua biografia, è stato coinvolto nella rivoluzione non violenta dei cedri del 2005 che ha costretto alla partenza dell’esercito siriano dal Libano.
Ma, naturalmente, la sua attività principale rimane quella legata alla gioielleria. Discende da una famiglia di artigiani originari di Damasco, e ha imparato l’arte di lavaorare metalli preziosi e gemme nella gioielleria di suo padre nel souk di Beirut, durante il periodo di massimo splendore della città cosmopolita. Nel 1980, durante la guerra civile, Mouzannar è andato a studiare a Parigi, dove si è laureato in mineralogia e gemmologia. Ha poi lavorato per un gioielliere con sede in Arabia Saudita e si è trasferito a Bangkok, Thailandia, dove si è occupato di gemme.
Nel 1990 Mouzannar è tornato a Parigi, dove ha acquisito ulteriori competenze in mineralogia dall’Institut National de Gemmologie. Infine, ha aperto a Beirut la sua Maison, e nel 2012 ha ricevuto una certificazione in Jewelry Design dal GIA Gemological Institute of America , seguita da un certificato dall’École supérieure des affaires (Beirut) Libano) in Marketing De Luxe nel 2014. Il gioielliere è noto per la sua tecnica di lavorazione, nota come Falamenk (significa fiammingo in arabo), che combina diamanti con taglio a rosa e castoni con fondo d’argento.