Giorgio, Gabriella, Silvia e Guido Damiani

(Italiano) Damiani, i conti brillano un po’ meno

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[wzslider]«All’inizio dell’esercizio 2011/2012, e più precisamente in data 21 aprile 2011, i Consiglieri Guido Grassi Damiani, Giorgio Grassi Damiani e Silvia Maria Grassi Damiani hanno volontariamente rinunciato ai compensi per l’esercizio 2011/2012 deliberati dal Consiglio di Amministrazione ai sensi dell’art. 2389, comma 3, del codice civile, al fine di manifestare in tal modo, ancor di più, la propria viva affezione all’azienda». In tempi duri bisogna dare un segnale inequivocabile al mercato. E come direbbe Bersani-Crozza: «Signori, non siamo qui a lucidare il guscio delle cozze». Insomma, non si perde tempo e si manda a dire che gli azionisti di riferimento sono pronti a rinunciare allo stipendio per il bene della società. Decisione previdente. Perché già nella primavera 2011, con il governo Berlusconi in pieno avvitamento, la crisi dei consumi aveva bussato alla porta delle aziende del lusso. Le quali, al contrario di quanto è lecito credere, non sono immuni dalla recessione. Lo testimoniano i conti del gruppo di oreficeria quotato alla Borsa Italiana, che ha visto nel 2012 una difficile tenuta, ma non senza difficoltà. L’azienda, comunque, rimane sana e propositiva nonostante il perdurare delle difficoltà congiunturali. Forse anche grazie al beau geste dei proprio soci e manager.

Giorgio Damiani, SIlvia, la madre Gabriella e Guido Grassi Damiani
Giorgio Damiani, SIlvia, la madre Gabriella e Guido Grassi Damiani

Il gruppo. Ha (quasi) 90 anni, ma non li dimostra. La Damiani è stata fondata a Valenza nel 1924 da Enrico Grassi Damiani. È lui che ha iniziato a disegnare e produrre gioielli per le famiglie nobili dell’epoca e i ricchi borghesi della zona. La bottega orafa è stata ereditata da Damiano Grassi Damiani, il figlio, che ha continuato la tradizione di famiglia. I gioielli Damiani hanno acquistato sempre maggiore notorietà grazie anche all’idea, innovativa per quel tempo, di garantire il prezzo ai clienti e di creare cataloghi con tutte le collezioni. Negli anni Ottanta è invece cominciato il carosello dei volti dello star system, testimonial per un’azienda che ormai era proiettata sui mercati internazionali. Nomi come Isabella Rossellini, Brad Pitt, Nastassja Kinski, Chiara Mastroianni, Milla Jovovich, Jennifer Aniston, Gwyneth Paltrow, Sophia Loren o Sharon Stone sono stati (e sono ancora) abbinamenti che affermano il marchio in tutto il mondo. Oggi l’azienda, cresciuta fino a diventare un gruppo multibrand, è guidata dalla terza generazione dei Damiani. E ai gioielli ha affiancato gli orologi di alta gamma. Oltre a Damiani, del gruppo fanno parte i marchi Calderoni 1840, Salvini, Alfieri & St. John, Bliss, oltre alle linee in licenza (come Ferrari, Ducati e Maserati, Galliano Jewellery). La catena Rocca 1794 (oltre 200 anni di storia) è specializzata nel retail di orologeria e alta gioielleria. Ma il Gruppo Damiani è presente in Italia e nei principali mercati mondiali con 47 punti vendita diretti posizionati nei principali vie della moda italiana e internazionale.  Dal 2007 il gruppo è quotato sul listino di Piazza Affari.

Jennifer Aniston, Isabella Rossellini, Gwyneth Paltrow
Jennifer Aniston, Isabella Rossellini, Gwyneth Paltrow

I conti. Damiani chiude il bilancio al 31 marzo. I conti, quindi, sono sfalsati rispetto all’anno solare. Nel corso dell’esercizio terminato al 31 marzo 2012, l’azienda ha realizzato ricavi consolidati per 151,6 milioni di euro, con un ebitda (margine lordo) negativo per 4,3 milioni e un risultato operativo (ebit) anch’esso con il segno meno per 7,4 milioni. In rosso anche il risultato netto di gruppo per 11,9 milioni di euro. Ciò premesso, può sembrare curioso che l’azienda punti il dito contro i provvedimenti del governo Monti, accusato di deprimere i consumi, per giustificare i propri risultati economici. Insomma, se anche il 2011 (quando Monti non c’era) è stato chiuso in rosso, non si può certo additare lo spauracchio della Guardia di finanza per spiegare il calo delle vendite. Eppure è quello che si legge nella semestrale dei conti 2012, chiusa al 30 settembre. «Nel mercato domestico prosegue invece la contrazione dei consumi e una generale incertezza che determinano una minore propensione all’acquisto da parte della clientela wholesale», si legge nella relazioni di bilancio del semestre. «La contrazione dei consumi in Italia è dovuta anche ad un clima di sfiducia sicuramente non aiutato dal provvedimento del tetto massimo dei mille euro per i pagamenti in contanti imposto dal Governo. Per un settore come quello del lusso questo tetto frena le vendite e affossa i consumi. A ciò si aggiunge anche un generalizzato atteggiamento ostile ai beni di lusso che sono stati e sono tuttora una risorsa molto importante per il Paese e bandiera del Made in Italy». Il clima di ostilità al lusso è senza dubbio reale. Ma la lettura del conto economico andrebbe, diciamo così, più articolata. Poche righe prima, infatti, si spiega che «nel semestre i negozi monomarca Damiani gestiti direttamente in Italia e all’estero, seguendo un trend che si protrae ormai da tempo, hanno continuato a crescere registrando complessivamente ricavi in incremento del 27,4% a testimonianza dell’apprezzamento delle collezioni e del brand da parte del consumatore finale». Insomma, si dice che 1) ci sono più negozi, 2) i ricavi al dettaglio sono aumentati di quasi un terzo. Non è proprio coerente con il timore di essere tracciati oltre i mille euro. Non solo: «Anche le boutique multibrand hanno registrato un buon andamento, in miglioramento rispetto al 30 settembre 2011 anche in Italia». Eppure, i conti non sono brillanti, è il caso di dirlo: «Nel corso del primo semestre dell’esercizio 2012/2013, il Gruppo ha conseguito Ricavi da vendite e prestazioni pari a 57,7 milioni di euro, rispetto ai 61,2 milioni di euro registrati nell’analogo periodo dell’esercizio precedente, con una variazione negativa del -5,8%, a tassi di cambio correnti». Il vero problema è invece che sono calati, di parecchio, i ricavi del canale all’ingrosso. Il fatturato del wholesale nel semestre è  infatti sceso  a quota 34,150 milioni, contro i 40,090 del corrispettivo periodo precedente, con un calo del 15%. Da notare che l’incidenza di quest’area di business è passata da 65,4% a 59,1%. Insomma, se le vendite al dettaglio sono aumentate e invece è diminuito l’acquisto da parte dei rivenditori, è forse qui che, si potrebbe presumere, ha inciso l’obbligo di usare pagamenti tracciabili con il conseguente taglio del «nero»? La logica può portare in questa direzione, ma l’ipotesi è, naturalmente, tutta da verificare. Di sicuro, come afferma il gruppo, si è ridimensionato il peso del mercato italiano da 74 al 67,5% sui ricavi totali. È aumentato invece il ruolo del Giappone dal 7,6 al 9,6% del fatturato, così come quello catalogato Resto del mondo (da da 13,6 a 18,6%), mentre risulta in leggero calo il business in America Nord e Sud (da 4,7 a 4%). I sei mesi di Damiani, insomma, sono in bianco e nero, con un risultato operativo consolidato  negativo per 4,0 milioni di euro, che però è in contenuto miglioramento rispetto ai –4,8 milioni al 30 settembre 2011. Le vendite natalizie diranno quanto questo margine è stato recuperato.

Damiani, Baci
Damiani, Baci

Il futuro. Il domani è oggi, ma non qui. Damiani, come molte altre realtà del lusso, punta sullo sviluppo dei Paesi emergenti, ma non solo. Nel febbraio 2012 il gruppo ha annunciato un accordo strategico con Itochu, colosso giapponese con oltre 70mila dipendenti presente in 80 Paesi. L’accordo prevede l’ingresso di Itochu nel capitale della filiale giapponese Damiani Japan K.K. con una partecipazione di minoranza del 14% tramite un aumento di capitale riservato. L’obiettivo è rafforzare la presenza del gruppo Damiani in Giappone. Non poteva mancare una puntata in Cina: a maggio del 2012, Damiani ha infatti concluso un contratto esclusivo con il gruppo Hendgeli, leader nella distribuzione di alta orologeria e gioielleria in Cina. È il primo passo, si presume, di una lunga marcia nel Paese di mezzo, dove il gruppo è già presente. Federico Graglia

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