Controversia legale a New York tra Roberto Coin e un dealer americano, Joseph Goldstein sulla giada nera♦︎
La storia è piuttosto curiosa. Da una parte un grande e stimato brand italiano, Roberto Coin. Dall’altra, un importatore di giada, Joseph Goldstein. Giada nera, per la precisione. Al centro, chiamata a dare un giudizio, la Corte distrettuale di New York. La diatriba nasce sulla liceità dell’utilizzo della pietra. O, meglio, sulla definizione di giada nera. Secondo Roberto Coin (ma la società non rilascia dichiarazioni), quella utilizzata per alcuni gioielli della Maison veneta è a pieno titolo giada nera e il comportamento dell’azienda è pienamente corretto, come conferma la descrizione dei gioielli nelle informazioni di vendita. Secondo Goldstein, invece, solo la pietra certificata da un ente cinese, Ngtc, può essere davvero considerata il minerale puro, quello con patente ufficiale.
A supporto della sua tesi l’importatore della pietra, che definisce una “solida alternativa ai diamanti neri”, ha spedito ai giudici di New York un corposo atto d’accusa.
Ma la realtà è che si tratta solo di una mossa difensiva, dato che ad assumere per primi le vie legali nei confronti del dealer americano sono stati proprio gli avvocati di Roberto Coin.
Saranno in grado i magistrati della Corte distrettuale di cogliere il nocciolo del problema? Riusciranno, con l’aiuto di esperti gemmologi, a giudicare la liceità dell’utilizzo della gemma nera? La pietra della discordia non è una questione di poco conto, dato che la campagna di Goldstein nei confronti di Roberto Coin rischia di procurare un danno d’immagine (ed economico) al brand italiano, molto quotato sul mercato Usa. E, si sa, le parole sono pesanti come pietre.