intervista

Tiffany ha spedito a casa due terzi dei dipendenti

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Tiffany ha mandato a casa, cioè licenziato o incentivato alle dimissioni, circa 9 mila dei suoi dipendenti. La sorprendente rivelazione ha una fonte inattaccabile: Anthony Ledru, Ceo della grande azienda di New York, ora controllata dal gruppo francese Lvmh. In un’intervista rilasciata a Wwd, infatti, il nuovo presidente e Ceo di Tiffany & Co. ha rivelato che il marchio di gioielli di lusso ha sostituito due terzi dei dipendenti in 14 mesi, cioè dal momento dell’acquisizione. Dato che i dipendenti dichiarati da Tiffany sono (o erano) circa 13.000, il calcolo della grande purga è presto fatto.

Sarah Jessica Parker con Anthony Ledru
Sarah Jessica Parker con Anthony Ledru

L’allontanamento di migliaia di dipendenti è avvenuto quindi in un arco di tempo strettissimo, visto che l’effettivo acquisto di Tiffany da parte di Lvmh è stato firmato solo nel gennaio 2021, per 15,8 miliardi di dollari (e dopo una estenuante trattativa). La ricetta francese per il menu di Tiffany ha previsto, però, anche nuovi ingressi, di un numero non precisato. Ora, secondo il manager, accanto a un terzo dei dipendenti che è rimasto al suo posto, il 30% proviene da Lvmh, mentre il restante è entrato in azienda senza avere alle spalle un’esperienza in nessuno dei due gruppi originali.

Lo store di Tiffany all'angolo tra la 57a Strada e Fifth Avenue, New York
Lo store di Tiffany all’angolo tra la 57a Strada e Fifth Avenue, New York

Nell’intervista, Ledru definisce Tiffany una bella addormentata, che ha necessità di una scossa. Tra le priorità, secondo il manager, c’è il rinnovo dei negozi di vendita al dettaglio di Tiffany. I piani prevedono di rinnovare da 30 a 50 negozi all’anno. La Maison ha appena presentato la nuova linea  di alta gioielleria Botanica Blue Book, la prima di tre che saranno lanciate quest’anno.

Laboratorio Tiffany
Laboratorio Tiffany

Bracciale in oro giallo della collezione Tiffany City HardWear
Bracciale in oro giallo della collezione Tiffany City HardWear







Ecco le novità di GemGèneve




GemGèneve torna (4-7 novembre, Ginevra) con molte aspettative. In questa intervista, disponibile tramite la media manager Christine Urfer, i due organizzatori Thomas Faerber e Ronny Totah spiegano quali sono le novità dell’evento dedicato a gemme e gioielli.

Gioielli a GemGèneve 2019. Copyright: gioiellis.com
Gioielli a GemGèneve 2019. Copyright: gioiellis.com

Qual è il Dna di GemGenève e cosa lo distingue dagli altri saloni?

Thomas Faerber Il Dna di GemGenève è quello di adeguarsi il più possibile alle esigenze di espositori e visitatori, sia nella tempistica della fiera, nei prodotti offerti, negli stand, nell’accoglienza.

Ronny Totah Ogni volta cerchiamo di migliorarci, di aggiungere valore, di portare cose nuove e uno sguardo nuovo alla nostra professione. Ciò che lo distingue dagli altri spettacoli è senza dubbio il fatto che ci concentriamo prima sulla necessità e sulla domanda di spettacoli e solo dopo produciamo lo spettacolo. Questo approccio a monte ci permette di andare avanti nell’organizzazione con la certezza che gli espositori parteciperanno. Ciò che intendiamo con questo è che non siamo “produttori di saloni” che poi sperano di riempirli. Questo è sicuramente ciò che ci distingue dagli altri ed è parte integrante del nostro approccio.

Thomas Faerber
Thomas Faerber

Quali sono le principali novità di GemGenève 2021?

Ronny Totah L’incorporazione di nuove scuole intorno alla nostra professione provocando scambi reali. Avevamo già coinvolto nella nostra sfilata giovani Designer, talenti emergenti e Head. Quest’anno, per la prima volta, anche altre scuole, come ISG Luxury Management, scuole di formazione per il Certificato Federale di Capacità (CFC) e CREA, avranno il loro stand nell’edizione 2021 e potranno anche, accanto a Head, presentare il loro programma.

Quali sono le prospettive per il mercato dell’alta gioielleria e come può o dovrebbe svilupparsi il settore?

Thomas Faerber e Ronny Totah Guardando alle cose a lungo termine, il futuro del mercato della gioielleria rimane brillante. In termini di digitalizzazione, il mercato incorporerà sicuramente più digitale, che può portare un reale valore aggiunto in fase di preparazione per una vendita. Ma nel nostro ramo, la nostra visione “H to H”, da uomo a uomo, rimane l’essenza e il cuore del nostro sviluppo.

Ronny Totah Il nostro mercato è ovviamente nel settore della gioielleria, ma anche nel campo dell’esperienza in senso lato. Il futuro sta nel perseguire e rafforzare le partnership con persone creative di ogni ceto sociale. Per esempio, partnership con scuole di comunicazione, come Crea, di design, come Head o con scuole che si preparano ai vari Cfc della filiale. Questi scambi con giovani creativi, designer e apprendisti ci permettono di seguire gli sviluppi, di essere consapevoli delle nuove tendenze. Il nostro show presenta proprio queste nuove tendenze. Siamo trendsetter! In cambio, offriamo ai giovani designer l’opportunità di mettere alla prova le loro idee in termini di business e requisiti tecnici. È anche con questo spirito che abbiamo invitato Vivienne Becker, che torna per la terza volta con il suo Designer Vivarium, avanguardia della creazione contemporanea.

È utilizzato anche il canale digitale per le vendite a GemGenève?

Thomas Faerber Darò la parola a Ronny su questo argomento, poiché ha sviluppato un nuovo concetto con la sua squadra che vi presenterà meglio di me.

Ronny Totah Questa è la prima volta che implementiamo una soluzione sperimentale digitale, consentendo ai visitatori che non possono viaggiare di partecipare alla mostra in tempo reale e durante gli orari di apertura della mostra. I visitatori potranno contattare un espositore a loro scelta tramite una piattaforma, con un host alla fine, che li indirizzerà allo stand desiderato. Attraverso la piattaforma digitale, i visitatori saranno accolti dall’espositore in una sala riservata, come se fossero lì. Inoltre, tutte le conferenze GemGenève saranno accessibili online, in streaming e in differita.

Che cosa vi aspettate da questa nuova edizione?

Ronny Totah Attendiamo con impazienza una riunione in presenza con espositori e visitatori dopo oltre due anni di assenza. La ripresa di questa avventura umana ci incanta e ci delizia nel punto più alto. Saremo tutti così felici di rivederci, di incontrarci di nuovo e di chiacchierare. Ci sarà sicuramente tanta emozione.

Thomas Faerber Questa crisi sanitaria ci fa capire quanto sia importante una fiera come GemGenève per l’intero settore. I nostri espositori e visitatori sono felici e desiderosi di incontrarsi di nuovo per l’edizione di novembre 2021.

Quando si svolgerà la prossima edizione di GemGenève?

Ronny Totah Non sappiamo ancora con certezza la data della prossima edizione del 2022. Attendiamo di poter fare il punto su quest’anno prima di prendere una decisione definitiva. Siamo il secondo o il terzo evento al mondo ad essere organizzato dopo la pandemia (dopo il Jck Las Vegas di agosto 2021 e VincenzaOro di settembre), e le risposte di quest’anno ci permetteranno di pianificare la prossima edizione. Anche in questo caso, coinvolgeremo i nostri espositori nel processo decisionale.

Tormaline a GemGèneve 2019. Copyright: gioiellis.com
Tormaline a GemGèneve 2019. Copyright: gioiellis.com

Thomas Faerber Personalmente vorrei che si svolgesse il prossimo maggio con l’arrivo della primavera, ma condivido in pieno l’opinione di Ronny e fisseremo la data della nuova edizione in accordo con tutti gli espositori.

Qual è la più grande soddisfazione?

Ronny Totah Siamo stati in grado di dimostrare agli espositori di GemGenève che il nostro spettacolo è di tutti. Il 30 agosto e il 20 settembre abbiamo ospitato due sessioni Zoom a cui hanno partecipato oltre 80 potenziali espositori. Da parte nostra, eravamo un po’ in riserva e non pensavamo proprio che l’edizione 2021 potesse vedere la luce. Durante questi incontri digitali abbiamo organizzato un sondaggio per scoprire la percentuale di espositori disposti a partecipare a GemGenève – The Challenging Edition. Con nostra sorpresa, oltre il 70% degli espositori ha confermato la propria volontà di farne parte. Da quel momento abbiamo deciso di raccogliere questa sfida e organizzare la terza edizione di GemGenève a tempo di record, ovvero in meno di sei settimane. Questo è il vantaggio di un piccolo team reattivo vicino ai suoi espositori. Credo che possiamo essere orgogliosi di essere riusciti a soddisfare la domanda della maggior parte di loro e di dimostrare, ancora una volta, che GemGenève è davvero la fiera di tutti.

Thomas Faerber Confermo assolutamente quanto sopra e mi complimento con il team organizzativo!

Lo spazio riservato alla Head. Foto: G.Maillot
Lo spazio riservato alla Head. Foto: G.Maillot







Tamara Comolli: torno a VicenzaOro. E per Baselworld…





Tamara Comolli spiega a gioiellis.com le strategie per l’Italia, per VicenzaOro, per Baselworld e… ♦︎

Tamara Comolli lancia una nuova collezione. Tamara Comolli apre uno store a Forte dei Marmi. Tamara Comolli viene comprata (almeno in parte) dal fondo Naga di Hong Kong. Il brand tedesco con nome italiano è in un momento di grande attività. D’altra parte la sua mente creativa, Tamara Comolli, è sempre stata piuttosto effervescente. Ma, anche se ha tante novità, la designer ha anche punti fermi. Per esempio, «a settembre torno a VicenzaOro», anticipa a gioiellis.com. E su Baselworld…

Domanda. La partnership con Naga prelude a un’espansione sul mercato asiatico, dal momento che il fondo ha sede a Hong Kong?

Risposta. L’investimento del Gruppo Naga in Tamara Comolli è completamente in linea con il modus operandi dell’azienda. Il loro obiettivo è sostenere gli imprenditori creativi di famiglie e/o aziende guidate dai fondatori in un punto cruciale nel loro sviluppo ed espansione. Il fatto che Naga sia una holding con sede a Hong Kong non implica un focus commerciale in Asia. Damien Dernoncourt, francese e amministratore delegato del gruppo Naga, ha creato John Hardy, una società di gioielli con sede a Bali che ha avuto particolare successo negli Stati Uniti, ma che ha mantenuto il proprio hub a Hong Kong. Gli investimenti resi possibili dalla partnership si concentreranno principalmente sull’ulteriore rafforzamento di Tamara Comolli nei suoi mercati chiave, Europa e Stati Uniti. Questo è il secondo importante investimento per il Gruppo Naga: il primo è stato Talika, un marchio di cosmetici con sede a Parigi.

D. Quale percentuale del marchio Tamara Comolli è stata venduta?

R. Come concordato da entrambe le parti, i dettagli finanziari non sono divulgabili. Come presidente esecutiva e direttore creativo, mi resta una significativa minoranza.

D. La proposta di gioielli sarà estesa al top della gamma o alla categoria di gioielli «più accessibili»?

R. In questo momento rimarrà sicuramente l’ampia gamma di punti di prezzo che si rivolgono a tutti i segmenti del mercato della gioielleria. Definire noi stessi come «casual luxury» è collegato a un approccio progettuale che copre diversi punti di prezzo. La collezione principale va da 1.000 a 15.000 euro per pezzo.

D. La boutique di Forte dei Marmi è un esperimento o avete in programma altre aperture?

R. Forte dei Marmi è una scelta naturale per la strategia retail internazionale del marchio Tamara Comolli. È la nostra settima boutique e siamo convinti che sia un luogo perfetto per sostenere l’espansione. Siamo fiduciosi che questo non sia un esperimento, ma il passo giusto verso «la dolce vita».

D. Perché Forte dei Marmi e non Roma o Firenze (c’è acqua anche lì, elemento che lei predilige)?

R. Forte dei Marmi è stato selezionato per due motivi. In primo luogo, ha la clientela perfetta, sia in termini di residenti locali che nel profilo dei turisti stranieri. In secondo luogo, è l’ideale con la presenza al dettaglio preferita in «luoghi dello spirito» rilassanti e lussuose località balneari dal fascino inconfondibile e un’atmosfera «da villaggio». Il marchio o il simbolo del marchio è la goccia d’acqua. Ne consegue che il viaggio al dettaglio è iniziato dove il lusso rilassato è vissuto al suo meglio: sull’acqua, vicino a spiagge o laghi.

D. Lei pensa di partecipare di nuovo a Baselworld?

R. Stiamo aspettando informazioni sul nuovo concetto di Baselworld per il 2019 e sicuramente ne faremo parte. Inoltre, siamo appena tornati dal Couture di Las Vegas.

D. E a Vicenza Oro?

R. Sì, saremo presenti a settembre 2018.




Tamara Comolli
Tamara Comolli
Pendente in oro rosa e zaffiri
Tamara Comolli, pendente in oro rosa e zaffiri
Pendente Snowflakes
Pendente Snowflakes
Tamara Comolli
Tamara Comolli
Boutique di Tamara Comolli
Boutique di Tamara Comolli
Collezione India, orecchini in oro e snakewood. Prezzo: 1490 euro
Collezione India, orecchini in oro e snakewood. Prezzo: 1490 euro
Bracciale Mikado Flamenco, in 25 pezzi. Oro rosa e pietre colorate
Bracciale Mikado Flamenco, in 25 pezzi. Oro rosa e pietre colorate

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Tamara Comolli, braccialetto Mikado Romance in oro rosa con quarzi, e morganite rosa.







Zoe Urmacher: il nostro Michael Kors

Il sito Professional Jeweller pubblica un’intervista a Zoe Uhrmacher, numero uno di Fossil per i gioielli di Michael Kors: la società che produce le linee del brand americano. Zoe spiega le strategie per la linea di gioielli del designer di New York. Potete leggere l’intervista originale qui.

Zoe Uhrmacher
Zoe Uhrmacher (Fossil)

Professional Jeweller: Dicci di più su Michael Kors come un marchio e sul coinvolgimento del signor Michael Kors nelle collezioni.

Zoe Uhrmacher: Michael Kors ha fondato la sua casa di moda e ha lanciato la sua collezione di abbigliamento femminile nel 1981, fino al 2006, quando sono stati lanciati gli orologi. Da allora sono stati introdotti sempre più altri elementi e i gioielli sono stati uno di questi. Michael Kors è un marchio lifestyle di design e quindi qualifica le collezioni. Sianoorologi, gioielli, occhiali da sole o abbigliamento, costruiscono il mondo «Jet set» di Michael Kors, e consentono al marchio di essere sia desiderabile e accessibile a tutti. Un grande successo è stato il design alla moda, campagne di marketing fenomenali e l’incredibile seguito delle celebrity. Michael Kors stesso ha una grande influenza su tutte le collezioni stagionali. Michael è presidente onorario e chief creative officer e continua a guidare la visione e l’ispirazione dietro il marchio. Questo è un fattore chiave per il successo oggi.

PJ: Ci sono linee di gioielli particolari che stanno guidando le vendite in questo momento?

ZU: Gli accessori da polso sono un driver di vendita fondamentale per i gioielli. Una delle nostre linee di maggior successo essendo sono il braccialetto Lucchetto e il braccialetto Astor. Ci sono un sacco di elementi della gioielleria che influenzano poi anche il design delle borse, come il lucchetto, e questo ne ha dimostrato il grande successo. Per i gioielli Michael Kors il complemento perfetto è un orologio di Michael Kors e una borsa. Fasce di prezzo accessibili e attraenti fanno dei gioielli il primo grande acquisto per le ragazze. La collezione Michael Kors-gifting è un elemento molto forte e un obiettivo chiave per noi in futuro.

PJ: I rivenditori hanno incentivi per rifornirsi sia gioielli e orologi? Come funziona questo processo?

ZU: La domanda di orologi e gioielli sono totalmente separate; se un negozio si rifornisce di orologi Michael Kors, avranno bisogno anche dei gioielli. Ma può anche darsi che alcuni negozi vendano orologi e non i gioielli, mentre in altri casi alcuni rivenditori scelgano gioielli e non orologi. Questo protegge l’integrità del marchio e assicura che noi proteggiamo e controlliamo la distribuzione.

PJ: Come vede lo sviluppo del marchio nei prossimi mesi?

ZU: C’è ancora una grande quantità che accadranno da Michael Kors. I piani per la gioielleria e gli orologi sono estremamente eccitanti e le collezioni continuano a evolversi. Ci si possono campagne di brand awareness, collaborazioni con il rivenditore e attività di mercato. Ora che abbiamo raggiunto questo livello fenomenale di successo di vendite,faremo tutto il possibile per continuare strategicamente a crescere. Ciò vale in realtà a tutte le categorie di Michael Kors.

PJ: Pensi che le vendite di gioielli potranno mai competere con le vendite di orologi?

ZU: Tutto quello che posso dire è che abbiamo visto una crescita a quattro cifre e la collezione di gioielli è ancora nella sua prima fase. Le vendite di gioielli hanno colto tutti di sorpresa. Chi sa che cosa riserva il futuro? Ma il team lavora duro per contribuire a rendere il marchio quello che è oggi e vediamo ancora un enorme potenziale sia per la gioielleria e gli orologi.

PJ: Quanto è significativo l’oro rosa nelle collezioni di gioielli, considerando quanto è stato popolare per gli orologi?

ZU: Il significato è praticamente lo stesso per tutti, gioielli e orologi.

PJ: Lei quali marche vede come seri concorrenti. Oppure il vostro brand è già talmente conosciuto che non ha più bisogno di concentrarsi sulla concorrenza?

ZU: Non credo che si possa mai ignorare la concorrenza, sia che si tratti di un marchio esistente o emergente. Alla fine tutti noi vogliamo la miglior lo spazio e diffusione possibile. Spendiamo un sacco di tempo ad analizzare il mercato e sviluppare le nostre strategie di conseguenza.

Questa intervista è originariamente apparso nel numero di marzo 2015, di Professional Jeweller.

Fashion, bracciale in acciaio Rose Gold con elementi resina rosa, pendente con logo e chiusura a T. Prezzo: 129 euro
Fashion, bracciale in acciaio Rose Gold con elementi resina rosa, pendente con logo e chiusura a T. Prezzo: 129 euro
Brilliance, collana in acciaio dorato con glitz applicati.
Brilliance, collana in acciaio dorato con glitz applicati. Prezzo: 119 euro
Heritage, bracciale in pelle bianca e acciaio dorato con pendente a lucchetto in acciaio e inserto in pelle.
Heritage, bracciale in pelle bianca e acciaio dorato con pendente a lucchetto in acciaio e inserto in pelle. Prezzo: 119 euro

Giovanna Protti (Verdi) unplugged

Disegna gioielli, ma non solo: Giovanna Protti è una art director che cesella il suo lavoro come un orafo opera su un ricamo dorato. Insomma, non è un tecnico, ma l’anima creativa di Verdi, brand del distretto di Valenza fondata nel 1971 da Giuseppe Verdi e ora guidata dal figlio Marco. Accanto a lui, Giovanna Protti interpreta lo stile della maison senza dimenticare che conservare vuol dire anche innovare. «Cerco sempre di essere un passo avanti rispetto al trend del momento», spiega in questa intervista «unplugged» per Gioiellis.com.

Giovanna Protti, arti director di Verdi Gioielli
Giovanna Protti, arti director di Verdi Gioielli

Domanda. Da vent’anni lei è designer del brand Verdi. Come ha iniziato?

Risposta. La mia formazione professionale inizia frequentando la Scuola D’Arte a indirizzo Gioielleria-Pietre Preziose e relativo diploma. Ho intrapreso quest’affascinante lavoro percorrendo la canonica gavetta, sperimentando ogni genere di tecniche orafe che potessero migliorare le mie capacità ancora acerbe. Nel 1991 incontro la Ditta Verdi e da quel momento percorriamo insieme «la strada per il successo». In tutti questi anni di esperienza ritengo di aver acquisito anche ottime competenze tecniche grazie al confronto con artigiani qualificati, ottenendo nozioni specifiche molto preziose per una professionalità a tutto tondo. In virtù di questo considero un gioiello come unione di tecnologia insieme a cura, passione e dedizione… Creare gioielli è per me palesare al mondo la mia personalità.

D. Qual è la filosofia di prodotto dell’azienda e come si traduce in forme e gioielli? 

R. In primo luogo, Verdi è emblema del Made in Italy: i nostri gioielli sono interamente progettati e realizzati nella città di Valenza. Il mio design, non è ispirato da qualcosa in particolare, ma cerco sempre di tradurre le tendenze nel mio linguaggio, sforzandomi di creare qualcosa di fresco, moderno e femminile al tempo stesso. I miei gioielli sono pensati per una donna moderna, economicamente e soprattutto mentalmente indipendente, che ama ancora provare emozioni quando vede un bel gioiello e che ne sa apprezzare l’alta qualità.

Verdi, bracciali in oro bianco con diamanti bianchi e grigi
Verdi, bracciali in oro bianco con diamanti bianchi e grigi

D. Pietre naturali o trattate: ci sono due squadre nella gioielleria. Lei quale sceglie?

R. Sono sempre stata attratta dalle pietre colorate naturali, mi offrono infinite opportunità per combinare e creare qualcosa di nuovo. Come con il cibo (un’altra eccellenza italiana) mi piace mescolare diversi ingredienti e far nascere nuove ed entusiasmanti accostamenti.

Verdi, orecchini in oro bianco con diamanti e briolettes di zaffiri rosa
Verdi, orecchini in oro bianco con diamanti e briolettes di zaffiri rosa

D. Quali sono le novità?

R. Abbinamenti insoliti e originali dalla personalità esclusiva. Amo giocare con i colori, però sempre accostati alla pietra preziosa per eccellenza: il diamante. Quindi pavé irregolari su forme sinuose per orecchini e anelli e gemme colorate taglio briolette che catturano e riflettono la luce da tutti gli angoli.

Verdi, anelli in oro bianco con diamanti e briolettes di zaffiri rosa, blu e diamanti neri
Verdi, anelli in oro bianco con diamanti e briolettes di zaffiri rosa, blu e diamanti neri

D. Qual è il gioiello di maggior successo che ha mai proposto? Per concepire una collezione parte dalla sua fantasia o dalle richieste del mercato?

R. Direi, senza voler sembrare presuntuosa, che cerco sempre di essere un passo avanti rispetto al trend del momento. Non abbiamo una firma «sells it self» e quindi devo colmare questa lacuna cercando di creare tendenza non di seguirla… fortunatamente a volte ci riesco.

Verdi, anelli in oro bianco con diamanti e smeraldi
Verdi, anelli in oro bianco con diamanti e smeraldi

D. Tra i gioiellieri c’è una rivalità o, meglio, una competizione uguale a quella del mondo fashion. Facciamo una trasgressione: mi dica un brand di gioielli che ammira.

R. Ritengo che non sia trasgressione ammirare altri brand competitori. Sono affascinata e provo stima per chi riesce a creare dal nulla belle idee, la rivalità non fa parte del mio essere. Mi piacciono molto i gioielli di Bogh-Art, che uniscono grande creatività e semplicità «apparente».

Verdi, bracciali con diamanti, calcedonio, opale rosa e giada nera
Verdi, bracciali con diamanti, calcedonio, opale rosa e giada nera

D. Segno zodiacale?

R. Gemelli.

D. Ultimo libro letto?

R. La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano (bellissimo).

D. Il miglior film?

R. Il Postino.

D. Musica in cuffia?

R. I cantautori Italiani di vecchia generazione e la discomusic anni Ottanta-Novanta (i due opposti si attraggono!).

D. Il piatto da mangiare il giorno del compleanno?

R. La mia torta!

D. Tre cose da cui non si separerebbe mai?

R. Una matita, dei fogli bianchi e la mia borsa che contiene… la mia casa.

Matilde de Bounvilles

Il 2015 per Tiffany

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Florence Rollet, presidente di Tiffany Europe
Florence Rollet, presidente di Tiffany Europe

Qualche anticipazione sul 2015 e un bilancio del lavaoro svolto finora: Florence Rollet è presidente di Tiffany & Co Europe. È stata intervista da Roselina Salemi, ex direttore del settimanale A per l’Espresso. Ne riportiamo la parte essenziale.

Il video natalizio di Tiffany è semplicissimo. Nessun attore. Solo un corto d’animazione in cinquanta sfumature di azzurro. Location, una New York invernale fra Times Square, Tower Bridge, la pista di pattinaggio, dove coppie e famiglie trasportano i gioielli Tiffany in versione macro, unico elemento non cartoon, da una parte all’altra della città. Un mondo magico. Dietro però ci sono persone come Florence Rollet, Presidente di Tiffany & Co. Europa, che alla fiaba danno solidità. Bionda, capelli corti, non molto ingioiellata (ma la spilla che porta è di Schlumberger, uno dei più famosi designer di Tiffany) Florence Rollet è la prima donna a ricoprire un incarico del genere nel colosso mondiale della gioielleria.

Dalla birra ai gioielli passando per i profumi Dior. Cosa è rimasto di queste esperienze?

«È stata una lunga strada dal birrificio Kronenbourg a oggi. Mi occupavo della parte commerciale e del marketing. È stato significativo per me l’anno passato in Grecia nel 1990 per Henninger. Ho amato subito quel paese, ho imparato la lingua. Andare all’estero è un’esperienza che consiglio fortemente ai giovani perché arricchisce, obbliga a rimetterci in discussione, allarga la nostra visione ad altri modi di pensare. Insegna la tolleranza. Ho viaggiato molto, ho lavorato con persone che mi sono state di ispirazione».

Lei è al vertice europeo di Tiffany. C’è più spazio per le donne oggi, nelle aziende?

«Il mondo si è mosso molto su questo tema negli ultimi vent’anni. Essere donna non è un difetto né una qualità, è un fatto! Per certi uomini una donna al vertice può essere un problema, ma basta reagire con professionalità e senso dell’umorismo, senza drammatizzare. Io ho avuto la chance di essere apprezzata e sostenuta. La cosa più importante è adattarsi alla cultura dell’azienda. Sono stata uno dei primi direttori vendite alla Kronenbourg, e una delle prime ad avere una direzione generale da Coty e non ho mai avuto problemi».

Qual è la sua qualità migliore? 

«Due linee-guida: essere al servizio del cliente e lavorare in team con i colleghi».

Quale valore aggiunto ha portato la nuova designer Francesca Amfitheatrof?

«Una ventata di energia. Ha la stessa visione e passione creativa che Charles Lewis Tiffany aveva 177 anni fa, quando è cominciata la nostra storia. I gioielli Tiffany-T, disegnati da lei, hanno avuto successo, ma siamo fortunati: abbiamo collezioni iconiche che vanno oltre le mode e continuano a piacere ovunque nel mondo. Molti celebrano le tappe significative della vita con un oggetto di valore. Tiffany ha l’alta qualità, la lavorazione a mano e un design che si può tramandare nel tempo».

Quali novità avete in cantiere?

«Non c’è un altro Gatsby, ma nel 2015 abbiamo molte eccitanti iniziative, la realizzazione di un documentario su Tiffany e l’apertura di un flagship a Ginevra».

Tiffany T
Le catene della collezione T di Tiffany
collezione T
Gli anelli, collezione T
Bracciale Tiffany Infinity in argento. Prezzo: 450 euro
Bracciale di Tiffany Infinity

Intervista a Bos (Van Cleef & Arpels)

I segreti di Van Cleef & Arpels rivelati dal numero uno dell’azienda, Nicolas Bos, Presidente e amministratore delegato del brand. L’intervista è stata realizzata da luxury-insider.com, un sito asiatico dedicato al mondo dei prodotti alto di gamma. L’intervista originale, in inglese, la potete trovare qui.

Nicolas Bos
Nicolas Bos

La continuità è un grosso problema nel mondo del lavoro artigianale. Dopo centinaia di anni, le aziende che restano attive vogliono continuare la loro tradizione e il mercato appare affamato di questo genere di cose. Ne parliamo con Mr Nicolas Bos, presidente e ceo di Van Cleef & Arpels. Il quale è riuscito a rimpiazzare Stanislas de Quercize, che si è trasferito al vertice di Cartier. Scherzando si può dire che Bos (gioco di parole: in inglese boss significa capo) ha certamente il nome giusto per il suo lavoro. Più seriamente, ha anche alcune idee molto ferme sull’importanza di identità e di continuità per i marchi di lusso contemporaneo.

Bos ha coltivato queste idee sull’utilizzo di marchi top da quando è entrato a far parte del Gruppo Richemont nel 1992, inizialmente con la Fondation Cartier pour l’art contemporain. Dopo che il Gruppo ha acquisito Van Cleef & Arpels, nel 2000, Bos si spostato al piano superiore ed è diventato direttore creativo e marketing della Maison. Continuità, anche nel suo nuovo ruolo di presidente e amministratore delegato, sono del tutto coerenti con la sua lunga storia condivisa con l’azienda nella sua forma attuale.

Uno storico pezzo  di alta gioielleria firmato Van Cleef & Arpels, con diamanti e rubini
Uno storico pezzo di alta gioielleria firmato Van Cleef & Arpels, con diamanti e rubini

Abbiamo chiacchierato con i dirigenti della Maison molte volte nel corso degli anni su come essi continuano a proporre creatività per orologi e gioielli. Assieme a «complicazioni poetiche» nei pezzi di orologeria e nei gioielli sontuosi, come la collana iconica Zip, Van Cleef & Arpels ha un assortimento meravigliosamente distintivo di bellissimi oggetti nel suo catalogo. L’ex amministratore delegato de Quercize diceva che l’acronimo VCA non significava solo Van Cleef & Arpels, ma anche Very Creative Artists, artisti molto creativi. Come uno di quegli artisti, Bos ha una profonda comprensione del ruolo di Van Cleef & Arpels ma è una figura piuttosto diversa da quella tipica dell’uomo-azienda.

Com’è essere arrivato al vertice di Van Cleef & Arpels?

Sono stato vice presidente, responsabile di aree diverse, e poi sono stato responsabile del mercato americano, così come il direttore creativo. Ora non è così diverso per me; non c’è stato un cambio di strategia o una situazione da sanare… La presidenza per me è davvero una questione di continuità, perché sono stato in Van Cleef & Arpels per lungo tempo. Una cosa che è diversa per me è il viaggio in Asia, e sono molto contento. Non è stato così quando mi è stata indicata la sede negli Stati Uniti.

Bracciale in stile egizio di Van Cleef & Arpels
Bracciale in stile egizio di Van Cleef & Arpels

Van Cleef & Arpels è molto popolare, con fan in tutto il mondo, anche in Asia. Siete stati capaci di sviluppare il vostro business perché altri vi hanno già aperto la strada? 

I clienti si rivolgono a noi dopo aver acquisito una certa conoscenza, una certa esperienza, che permette loro di fare una distinzione in termini di qualità. Questo tipo di conoscenza non può essere inventata. Ed è perché il mercato del lusso è stato sviluppato da marchi globali che sono più accessibili che questa educazione esiste… Così i clienti possono sviluppare il loro gusto e osservare ciò che le aziende internazionali possono proporre. In questo modo i clienti decidono che vogliono qualcosa di meno evidente, meno visibile, ma forse più sofisticato… Forse è più un piacere per se stessi.

Collana della collezione Alhambra
Collana della collezione Alhambra

Negli ultimi anni, vediamo più linee come Perlee e Alhambra facendo una proposta leggermente diversa al cliente. È uno sforzo per diversificare il business. Come influisce sulla proposta esclusiva di Van Cleef & Arpels?

Non interessa che sia davvero esclusiva. Anche in questo caso si tratta di nuovo della identità. Non proponiamo solo pezzi eccezionali di alta gioielleria… Fin dai primi giorni della casa, dai giorni della collana Zip, ci sono stati quello che noi chiamiamo pezzi boutique, che erano meno complessi e più piccoli: sto parlando di linee dal 1920, prima di qualsiasi campagna di marketing contemporanea. La pubblicità a quel tempo era su come i clienti potessero acquistare gioielli per un uso quotidiano. Tornando al presente, si può vedere come questo è coerente con l’identità di Van Cleef & Arpels. Nel caso di Alhambra, sono più di 40 anni (è stata creata nel 1968) e quindi è una delle dimensioni della nostra Casa. In alcuni mercati questo è un buon punto di ingresso, perché naturalmente il prezzo è diverso ed è semplicemente più facile da indossare. Oggi ci sono donne che lavorano che vogliono indossare qualcosa di eccezionale tutti i giorni, ma forse non qualcosa molto appariscente, ma con lo stesso valore di pezzi più formali. Non riesco nemmeno a pensare a clienti di alta gioielleria che non indossano Alhambra o Perlée… Ricordate anche che il nostro modo di produrre questi gioielli è lo stesso dei pezzi più formali, ma una collana Alhambra è meno complessa rispetto, diciamo, alla collana Zip. Ancora una volta uno è un gioiello per il giorno, magari in ufficio, mentre l’altro è più per la sera: né noi né il cliente vediamo alcuna contraddizione.

Bracciali della collezione Perlee
Bracciali della collezione Perlée

L’idea è che Van Cleef & Arpels propone creazioni straordinarie a tutti i livelli. Ma se tutto è straordinario non c’’è il pericolo che nulla sia davvero speciale?

Bella domanda. Prima di tutto, vi è un problema di linguaggio, perché tutti utilizzano le stesse parole. Tutto è straordinario, unico, eccellente, innovativo e così via. Le parole a volte perdono la loro sostanza, ma oltre le parole, penso che ci siano le emozioni. Si tratta di andare, per quanto è possibile, sulla qualità di pietra, sulla perfezione del disegno, all’espressione artigianale… La domanda è molto valida, ma se ognuna delle nostre creazioni ci fa sentire qualcosa di straordinari, allora abbiamo raggiunto qualcosa di straordinario. È vero che si può dire se si guarda alle nostre raccolte abbiamo fatto pezzi incredibili, ma questo non diminuisce il senso quando creiamo nuovi oggetti. Ci sentiamo a nostro agio con i pezzi che stiamo creando oggi così come con quelli che abbiamo realizzato in passato. In un certo senso è semplice perché, quando si tratta di ciò che creiamo, abbiamo fissato alcuni criteri e non scendiamo mai a un compromesso.

Van Cleef & Arpels Midnight Poetic Wish
Van Cleef & Arpels Midnight Poetic Wish

La Complicazione Poetica di Van Cleef & Arpels è stata e rimane particolarmente ardita in orologeria. Vedete questi orologi interessanti per uomini e donne?

Abbiamo visto che, anche se la collezione è sviluppata principalmente per le donne, abbiamo un buon numero di collezionisti anche tra gli uomini, la risposta è stata buona in generale. La Complicazione Poetica è un modello molto specifico e si distingue nel mondo degli orologi femminili, perché non ci sono così tante opzioni. Sto parlando del mondo di «complicazioni» per donne. Nel mondo di orologi da uomo ci sono molte offerte diverse, con molti approcci differenti, ma l’aspetto narrativo è ancora unico. Vediamo un sacco di uomini che vogliono orologi sportivi veri, forse un orologio sottile è troppo elegante. Ma poi vogliono anche qualcosa di estremamente poetico, qualcosa di diverso…

Una raffinata spilla a forma di ballerina firmata Van Cleef & Arpels con diamanti e zaffiro
Una raffinata spilla a forma di ballerina firmata Van Cleef & Arpels con diamanti e zaffiro

Ha il tempo davvero per considerare le donne come collezionisti seri di orologi e un segmento considerevole del mercato?

Sicuramente sì. L’idea della collezione è probabilmente diverso per le donne che per gli uomini. La dimensione del piacere è probabilmente più elevata per le donne che per gli uomini. Credo che per gli uomini sia più una costrizione, una patologia che confina con l’ossessione: sono sempre sul pezzo successivo, sull’elemento successivo della lista. Le donne provano più piacere per quello che già hanno. È divertimento. Non hanno bisogno di avere qualcosa nella collezione per colmare un vuoto… Per gli uomini, è possibile vederlo durante un’asta che non si divertono. Spesso l’attenzione è più sul pezzo che si sono persi che su quello che hanno ottenuto. Per Van Cleef & Arpels, si tratta di creare qualcosa che una donna ami indossare, che diverte e con cui giocare. Qualcosa che, anche se non è portato per molti anni, tornerà a produrre un piacere.

Perlée solitaire
Perlée solitaire

Come si definisce una buona crescita per una piccola azienda di oggetti esclusivi come Van Cleef & Arpels?

La cosa grandiosa di Richemont è un accordo completo sulla natura della crescita. La responsabilità principale che ho è mantenere la continuità e fare in modo che restiamo molto fedeli all’identità della casa, per svilupparla ulteriormente. L’altro aspetto è continuare a sviluppare un’azienda molto stabile e di successo. Sì, la crescita è una parte, ma lo stiamo facendo organicamente. Non facciamo nulla di artificiale o di opportunistico che potrebbe minacciare l’identità della casa. La crescita è prevista, prima di tutto da noi stessi, prima ancora che a livello di gruppo. Nella nostra area del lusso (gioielli e orologi) tutto è in crescita, quindi se non fosse in crescita vorrebbe dire che stai facendo qualcosa di sbagliato. Per quanto mi riguarda, vedo una crescita più come conseguenza della nostra strategia e gestione che come un obiettivo o target fissato. Più di tutto, la crescita è conseguenza di una forte identità; cerchiamo di creare le collezioni più forti che possiamo, di ottenere la migliore copertura stampa, raggiungere più clienti. L’obiettivo è rendere Van Cleef & Arpels più visibile e per rendere la nostra identità più forte.

Per fare un esempio, eravamo un po’ poco sviluppati in Asia, al di fuori del Giappone. Storicamente non abbiamo avuto una forte impronta nel resto dell’Asia. Abbiamo sviluppato un sacco di iniziative in questo campo per costruire il nostro brand, perché siamo convinti che i clienti qui, proprio come i nostri clienti in Europa, sono interessati alle nostri creazioni per gli stessi motivi. Quello che voglio dire con questo è che cerchiamo di portare la nostra identità sul mercato nel miglior modo possibile. Noi non consideriamo se faremo una collezione speciale per un mercato o un altro, solo per ottenere una buona crescita in questo mercato. Siamo abbastanza fortunati di essere un punto di riferimento nel mondo della gioielleria e sappiamo che gli intenditori tutto il mondo apprezzano davvero le creazioni della nostra Maison.

È Gemma la novità di Recarlo

[wzslider]Non si ferma la maison Recarlo: dopo l’apertura di un corner all’interno del multimarca Brian & Barry, in Via Durini a Milano, ci sarà un’altra inaugurazione, questa volta a Roma nel nuovo department store Excelsior Coin, ossia l’interpretazione del lusso secondo il gruppo veneto. E se non bastasse, nel giro di 15 giorni si torna nella città lombarda per presentare lo spazio nell’Excelsior di Galleria del Corso. Un dinamismo che è frutto di una precisa strategia: «L’idea è quella di diventare un marchio riconoscibile dai clienti attraverso un rapporto diretto, quindi una distribuzione retail, sostenuta da attività di marketing e comunicazione. Il prodotto c’è e mantiene la qualità di sempre con un’attenta ricerca stilistica che si combina alla certificazione dei diamanti e all’uso di pietre preziose non trattate, quindi completamente naturali senza alterazioni sintetiche», racconta Paolo Re, vice presidente dell’azienda di Valenza, nata nel 1967. Una nuova fase di sviluppo che vede Recarlo farsi brand per consolidare il mercato italiano, dove sono già molto ben posizionati nel segmento bridal con le collezioni Anniversary, caratterizzata dal cuore di brillanti che ogni anno viene riproposto in declinazioni diverse così come accade per Eternity modello classico a tre diamanti, e lanciare una nuova linea battezzata Gemma, altissima gioielleria rivisitata in chiave moderna, con il rosso intenso dei rubini Birmani, il verde degli smeraldi della Colombia e il blu Royal degli zaffiri del Madagascar. I gioielli di famiglia del passato ma in dimensioni diverse, più portabili e discrete eppure non per questo meno preziosi: « L’obiettivo è diventare i leader nel gioiello classico per poi espandersi all’estero: siamo già in Germania, abbiamo degli accordi per entrare in Giappone, e siamo pronti per tornare a Baselworld dopo sette anni d’assenza», conclude Paolo Re. Matilde de Bounvilles

 

 

Nadja Swarovski: io e il cinema

Parla Nadja Swarovski, presidente del gruppo austriaco specializzato in cristalli e maison che sforna ogni anno centinaia di bijoux. Non solo. Swarovski fornisce a decine di altri produttori i luccicanti elementi che compongono bracciali, orecchini e collane. Nadja Swarovski ha rilasciato al mensile Style un’intervista che gioiellis.com riporta qui di seguito. Eccola.

«È cresciuta con le favole. A differenza delle altre bambine, quelle per Nadja erano storie vere. La mamma le rimboccava le coperte nella casa di Wattens, in Austria, raccontandole dell’antenato, Daniel Swarovski, che impreziosì gli abiti della regina Vittoria con i cristalli. E di come il nonno avesse studiato, con Christian Dior, un modo per «riprodurre» un’aurora boreale, attraverso quei pezzi luccicanti. Gambe lunghe e chioma bionda (sposata con un manager, Rupert Adams, e tre volte madre), non meraviglia che sia stata proprio lei a trasformare il serio business degli Swarovski in un impero di bellezza e tecnologia.

Padre tedesco e madre americana, è cresciuta in una cittadina vicina alla fabbrica. Università a Dallas a studiare Storia dell’arte; da lì alle gallerie di New York il passo è breve. Nel 1995 vola a Hong Kong per seguire l’azienda di famiglia (oggi è membro del Comitato esecutivo di Swarovski e Presidente del Comitato direttivo dell’omonima Fondazione). Poi l’intuizione: aprire sofisticati showroom per ispirare i visitatori a esplorare le infinite possibilità del prodotto. Le vendite si impennano; Alexander McQueen usa i cristalli in una collezione e l’azienda torna al centro della moda. E del cinema: la Swarovski Entertainment (casa di produzione di cui Nadja è presidente) firma la prima produzione con Romeo & Giulietta sceneggiata dal premio Oscar Julian Fellowes, autore di Downton Abbey e amico di famiglia.

Nadja Svarovski
Nadja Svarovski

Perché ha deciso di investire nel cinema? 

Sono una donna d’affari, seguo la teoria per cui il fallimento non è un’opzione. Guardo ai profitti, m’interessa un collegamento tra i film e i prodotti dell’azienda, che siano lampadari, gioielli o abiti.

Aveva già collaborato a successi come Skyfall e Il grande Gatsby, ma ora… 

Ho aspettato a lungo a produrre un film col mio nome, finché non è arrivato Romeo & Giulietta. L’amore è un soggetto positivo, in linea con i miei valori, ho fatto anche un accordo con Disney per lavorare su Cenerentola: ha presente quelle scarpette di cristallo… (ride)?

Che significato ha «business woman» per lei? 

Ho sentito Damian Lewis (uno degli attori nel film) dire «qualsiasi cosa fai, se ha un forte significato per te, diverrà meravigliosa». Questo è il business secondo me. È più facile fare un lavoro di cui si è appassionati che sceglierne uno solo per far soldi.

Ama rischiare, con il denaro? 

Si dice che solo due film su dieci abbiano successo; preferisco non esagerare: non ho abbastanza esperienza. Perciò ho optato per una coproduzione, ma non mi è piaciuto. Ciò che ho fatto in azienda, dalle scelte creative alle strategie, è sempre stata una mia decisione. Voglio il controllo totale.

E quando non lo ha? 

È frustrante, devi saper comunicare con un mucchio di persone che ti ruotano intorno. A Hollywood, ad esempio, le decisioni attendono il consenso generale, devi sperare nel risultato finale migliore.

Nadja Swarovski assieme alla designer israeliana Dori Csengeri
Nadja Swarovski assieme alla designer israeliana Dori Csengeri

Cos’ha trovato a Los Angeles di inaspettato? 

Il cinema è un mondo in cui devi leggere tra le righe; io sono molto più diretta e trasparente nel muovermi.

Gira voce che il prossimo film che produrrà sarà scritto dal premio Oscar David Seidler e racconterà il mondo della moda. 

Quello che vedo da anni è la fatica che fanno gli stilisti: la maggior parte delle persone non se la immagina. Quando le mie amiche dicono «voglio venire alla sfilata con te», non hanno idea di quanto diano sui nervi… Il film sarà ambientato in Inghilterra in un momento di rivoluzione della moda in cui i designer hanno iniziato a esser apprezzati davvero.

Lo store Swarovski a Ginza, Tokyo
Lo store Swarovski a Ginza, Tokyo

Lei è vicina ai giovani stilisti inglesi… 

Ho iniziato a lavorare con Alexander McQueen quando non si sapeva chi fosse, guardare l’evoluzione che ha avuto mi spinge a sostenere giovani come Christopher Kane, Jonathan Saunders, Holly Fulton e potrei andare avanti. In Europa e in America le grandi griffe hanno dominato, ma la competizione aiuterà…

Quanti lampadari di cristallo ha in casa? 

Solo due (ride): uno verde; l’altro rosa e blu. Quando guardo il sole che li colpisce creando un arcobaleno, dimentico di essere a Londra…

Bracciale Swarovski
Bracciale Swarovski

Renzo Rosso a caccia di gioielli

Un gioiello per Renzo Rosso. Il fondatore di Diesel, in un’intervista al Corriere di Verona, svela di voler far shopping di gioielleria. Ma comprando un’intera azienda, non solo un anello o un bracciale. «A fine 2012, subito dopo l’acquisizione da parte di Only the brave di Marni, il gruppo era arrivato a un passo da Pomellato», racconta Rosso. «C’eravamo andati molto vicini. Un po’ è stata anche colpa nostra: uscivamo dall’acquisizione di Marni, non eravamo concentrati fino in fondo. E poi i francesi hanno fatto un’offerta che non si poteva rifiutare». Sfuggita la preda, Rosso non si rassegna. E sta mettendo a fuoco nuove operazioni. «In modo globale, ci manca ancora il know-how sui gioielli, e potremmo fare ancora molto con gli accessori», anche con dei «marchi alternativi». Chi sarà la preda del re dei jeans? Federico Graglia 

Renzo Rosso
Renzo Rosso
Pomellato d'antan
Pomellato d’antan

Le Comete di Muraro

[wzslider]Lorenzo Muraro è alla guida del gruppo che prende il suo nome, con brand come Comete, Barakà e Ambrosia. In occasione di VicenzaOro ha rilasciato un’intervista al settimanale «il Mondo», in cui spiega le strategie dell’azienda.

 

 

Enrica Roddolo per «il Mondo»

Austerity e crisi internazionale, come fotografano tutte le analisi sul lusso, hanno finito per polarizzare sempre più i consumatori. Da una parte gli acquirenti di altissima gamma. Dall’altra, la fascia low cost. E quella media? «Sta incontrando le difficoltà maggiori. Ma proprio per questo rimane anche una delle nostre sfide. Per esempio, stiamo giocando la carta dell’oro 375: cioè 375 millesimi di oro, anziché i classici 750. Non vogliamo rinunciare al metallo prezioso come molti, che lo hanno rimpiazzato l’acciaio per contenere il prezzo, ma sappiamo che un certo tipo di consumatore adesso è molto attento al prezzo finale», spiega Lorenzo Muraro, alla guida l’omonima azienda del Nordest (Olmo di Creazzo,Vicenza) con brand come Barakà, Comete e Ambrosia. «Nel 1975 ho aperto la mia prima partita Iva. E nel 1995, con mia moglie Ivana, ho avviato l’avventura di Comete. Oggi abbiamo 60 maestri orafi, 120 dipendenti e 45 agenti. Negli anni Novanta quando tutto è cominciato eravamo appena 20», ricorda.

Domanda. Come è articolato il vostro business?

Risposta. La fascia di gioielleria accessibile è quella dei nostri inizi, oggetti preziosi, sempre in oro, ma dove il prezzo è più contenuto grazie all’impiego di pietre semipreziose o sintetiche. Per Ambrosia e per Comete possiamo contare su una rete di 1.500 punti vendita in Italia.

Domanda. E Barakà?

Risposta. L’obiettivo è raggiungere un consumatore di fascia alta: i gioielli maschili abbinano un elevato contenuto tecnico: sono ispirati allo snodo cardanico, a elementi preziosi come oro e diamanti. L’ultimo modello S29 per esempio, è stato realizzato in soli 19 esemplari e uno di questi è stato acquistato da Cristiano Ronaldo. In più, ci consente di acquisire un sbocco verso l’estero. Barakà è già presente in mercati esteri come Russia e Stati Uniti. E sarà dunque il nostro apripista per affrontare il mercato globale. Il progetto sarà seguito da mio figlio Alberto, appena entrato in azienda, mentre Marta ormai fa parte del business da dieci anni e segue il marketing.

Domanda. Con quali risorse affronterete il mercato-mondo? Inseguendo sempre il consumatore medio?

Risposta. Modulando la produzione in funzione delle esigenze dei consumatori alle varie latitudini. Abbiamo un team di 13 persone dedicate appunto allo studio, messa a punto del giusto prodotto e siamo molto flessibili. Per esempio, agli americani piace un gioiello molto «televisivo», generoso nelle dimensioni, di grande effetto.

Domanda. Il consumatore più esigente?

Risposta. Gli europei e gli italiani in particolare, indubbiamente sono i più difficili da soddisfare: padroneggiano la cultura del bello. Più facile andare incontro ai desideri dei mercati arabi, ad altissimo consumo di gioielleria: per fare centro il marchio deve essere conosciuto, ma per realizzare i desideri di acquisto bastano pezzi classici.

Domanda. Si rinnova l’appuntamento con VicenzaOro Fall. Quali le nuove tendenze del settore?

Risposta. Il colore, nel metalli e nelle pietre. Dopo lunghe stagioni in cui la gioielleria è stata padroneggiata da diamanti e oro bianco e platino, riecco il calore del metallo giallo, magari in versione rosa, e delle pietre colorate dagli smeraldi agli zaffiri, ai rubini. Quanto allo shopping di Natale, credo sarà buono, nonostante la fascia media sia quasi sparita.

Domanda. Previsioni per fine anno?

Risposta. Chiuderemo a circa 35 milioni di euro di fatturato, come nel 2012. Se il mercato interno frena, per fortuna cresce il business all’estero. La direzione verso la quale siamo proiettati.

Domanda. Quali sono invece i problemi per gli operatori di settore?

Risposta. Archiviato il problema della nuova legislazione europea che ha bandito al presenza del nichel nelle leghe di oro bianco (è stato trovato un accordo), si parlerà molto di crisi e della necessità più che mai di fare sistema. Unendo le forze per affrontare assieme i mercati esteri, per esempio. In Italia ci sono 18 mila licenze per gioiellerie, tre volte quante ce ne sono in Francia.

 

 

Morellato farà shopping

Chi non ha acquistato il «Corriere della Sera» non saprà mai che Morellato è in vena di shopping. Il brand padovano guidato da Massimo Carraro, che ha appena acquistato Pianegonda, ha infatti intenzione di fare altre acquisizioni nei prossimi mesi, come ha spiegato nell’intervista pubblicata sul quotidiano milanese. Che voglia fare lui il polo della gioielleria che manca in Italia? Morellato Group, conferma l’articolo, si è calato nel ruolo di «polo aggregante» di marchi di eccellenza made in Italy. Pianegonda, brand vicentino acquistato un paio di mesi fa (https://gioiellis.com/pianegonda-si-allarga/) a settembre presenterà una nuova linea di gioielli, che si affianca ai brand anche dell’orologeria, come Philip Watch, Sector, ma anche Bluespirit, catena da 220 negozi. L’idea di Carraro è cercare aziende di qualità, che magari sono in difficoltà a causa della crisi. A rilanciarli ci penserà lui. Ma, attenzione, a differenza dei colossi francesi, Morellato vuole rimanere nell’ambito del lusso accessibile. « Morellato è lusso, lusso contemporaneo. L’equivalenza fra lusso e prezzo inaccessibile è vecchia e superata. Lusso è ciò che è bello», ha spiegato nell’intervista. Carraro è ottimista: «La crisi ha compresso la fascia media, ma questo è accaduto soprattutto in Europa. In Brasile, Medio Oriente, Cina, nelle nuove economie, le cose vanno in maniera completamente diversa». Insomma, avanti con la linea di prezzi buoni e prodotti di qualità. Il gruppo Morellato (190 milioni di fatturato, 800 dipendenti in Italia, 2.400 nel mondo), d’altra parte, se la cava bene. Vedremo se anche Pianegonda saprà dargli delle soddisfazioni. Giulia Netrese 

Massimo Carraro assieme a Mena Suvari all'inaugurazione dello store di 551 Fifth Avenue a New York
Massimo Carraro assieme a Mena Suvari all’inaugurazione dello store di 551 Fifth Avenue a New York

 

Sfilata con gioielli Morellato a Gran Canarie
Sfilata con gioielli Morellato a Gran Canarie

 

Carolina Cerezuela, madrina allo store di Madrid
Carolina Cerezuela, madrina allo store di Madrid

 

Valerie Begue, testimonial di Morellato in Francia
Valerie Begue, testimonial di Morellato in Francia

Intervista: Chopard vista da vicino

Davide Traxler
Davide Traxler

Chopard protagonista sul settimanale «il Mondo». Una lunga intervista a firma di Enrica Roddolo spazia sulle strategie della grande casa di orologeria e gioielleria. Un brand da sempre collegato al mondo del lusso ma, anche, del cinema, come dimostra l’abbinamento pluridecennale con il Festival di Cannes (per la verità quest’anno funestato da un maxi furto). A parlare è Davide Traxler, numero uno di Chopard Italia: «Quanto al red carpet, oltre alla collezione di alta gioielleria, da quest’anno con Livia Firth (moglie dell’attore premio Oscar Colin Firth) abbiamo accettato, prima azienda di preziosi, di sviluppare un progetto di gioielleria etica, con il lancio di una Green carpet collection», spiega il manager nell’intervista. «Non solo certifichiamo l’origine delle pietre (i diamanti secondo il protocollo del Kimberly process), ma anche i metalli preziosi utilizzati provengono da miniere certificate e i nostri processi di lavorazione sono trasparenti. Per la branch italiana di Chopard, inoltre, ho appena costituito un comitato etico». Il primo del gruppo, un esempio che la casamadre ha già deciso di replicare anche per le altre branch. Il manager offre uno sguardo globale sulla maison. «Un’azienda di gioielleria e orologeria in fondo è come un’azienda metalmeccanica di oggetti preziosi. Solo che nella nostra manifattura vengono incastonate 2 milioni di pietre l’anno. E i nostri scarti di lavorazione sono polvere d’oro e altri metalli preziosi: ogni giorno recuperiamo 3 chilogrammi di oro dai filtri dell’aria». Ecco di segue un breve estratto dell’intervista

Domanda. Come si insegue un cliente globale?

Risposta. Con un management capace di dialogare su un piano internazionale e con una strategia attenta ad assecondare i movimenti di una clientela mobile. Così, ormai spostiamo i prodotti in funzione delle mete dei nostri consumatori: in inverno nelle località sciistiche, poi a Marbella o Porto Cervo in estate. Proprio in Sardegna saremo per tre mesi nell’inedito luxury store allestito per la prima volta sulla celebre piazzetta da Harrods. I grandi magazzini di Londra, come la casa di moda Valentino e Porto Cervo fanno capo alla stessa proprietà, e l’esperimento ci ha subito conquistati. Così abbiamo deciso di aderirvi. Poi a fine anno…

D. Che cosa avete in mente?

R. È un progetto che stiamo definendo in questi giorni: apriremo vetrine anche all’interno del nuovo mall di lusso, che sorgerà a Milano, nella centralissima via Durini per iniziativa del gruppo Brian & Barry. Un mall dove ci saranno alimentare di alto livello, un ristorante stellato all’ultimo piano, spazi per il fashion e un piano dedicato ai preziosi dove saremo presenti con l’insegna Chopard.

Livia Firth e Caroline Scheufele
Livia Firth e Caroline Scheufele

D. Quanto vale l’Italia per questa multinazionale del lusso?

R. Circa il 5% del fatturato, con cinque negozi a Venezia, Milano, Firenze, Roma e Bologna, più uno in franchising a Napoli. Milano e Venezia sono senza dubbio le due città italiane con una tipicità più interessante per il nostro business: la prima perché riesce a fare sistema con grandi appuntamenti come le settimane della moda e il salone del mobile e perché beneficia di una buona offerta di strutture alberghiere cinque stelle. Venezia per il suo inimitabile taglio romantico, l’unica città dalla quale si vuole partire con un ricordo di hard luxury: non un abito, ma un orologio, un gioiello, insomma qualche cosa che duri. Ed è anche, per la sicurezza che la sua particolare topografia consente, l’unica città dove possiamo permetterci il lusso di tenere aperte le porte della gioielleria. Senza contare che proprio per Venezia è di grandissimo aiuto la presenza di un aeroporto. Se solo Firenze, come Venezia, avesse uno scalo aeroportuale di rilevanza internazionale… Ma è sempre più difficile parlare di mercati-Paese perché il business è davvero globale. Gli orologi acquistati nella nostra boutique di via Spiga a Milano dopo qualche ora facilmente sono a Hong Kong: i cinesi sono grandi appassionati di lancette, specie in oro. Insomma, se provassimo a seguire i percorsi dei nostri gioielli scopriremmo che fanno più chilometri di un pilota di aereo.

(…)

D. E quanto vale il business Chopard a livello globale?

R. 800 milioni di franchi svizzeri (650 milioni di euro ndr) di fatturato mondo. In Italia fatturiamo circa 35 milioni di euro con una cinquantina di dipendenti. E non abbiamo debito, nessuna leva, è un business interamente di famiglia. L’idea di fondo degli Scheufele è decisamente mitteleuropea: non inseguiamo crescite del 20% o oltre, bensì una crescita costante a doppia cifra, ma del 10%. Quello è il livello di sviluppo che consente di migliorare in modo durevole.

Bracciale della Green Carpet Collection.
Bracciale della Green Carpet Collection.

D. Crisi economica internazionale: come si affronta la bufera quando si vendono gioielli e segnatempo da mille e una notte?

R. L’avventura di Chopard nasce nel Ottocento quando, era il 1860, Louis-Ulysse Chopard fondò a Sonvilier una manifattura orologiera di alta precisione specializzata in segnatempo da tasca e cronometri. Ma è nel 1963, quando Paul-André Chopard ha venduto la sua manifattura a Karl Scheufele che inizia la grande avventura di Chopard. Allora i dipendenti della famiglia Scheufele erano appena quattro: oggi siamo 2 mila, con 14 filiali estere, 1.500 punti vendita e 145 boutique di proprietà. L’ultima aperta è quella giapponese nel 2007.
Enrica Roddolo, da «il Mondo» numero 26

Poppy Ring, dalla Red Carpet Collection
Poppy Ring, dalla Red Carpet Collection

Miuccia Prada: adoro i gioielli antichi

A Miuccia Prada piacciono i gioielli. Vabbè, potevamo immaginarlo. Però la donna che veste anche il diavolo ne parla in occasione dell’uscita del film «Il grande Gatsby»: il marchio di lusso è infatti stato scelto per vestire le signore della pellicola diretta da Baz Luhrmann. Miuccia ha spiegato a «T magazine» la sua passione: «Sono interessato a gioielli. Ma mi piacciono solo gioielli antichi, perché adoro le storie che si portano dietro: voglio sapere chi li indossava. È la vita di persone che mi interessa. Fiori e gioielli sono parte della storia di una donna. Mi piace guardare i gioielli e mi chiedo se la donna fosse felice. Per esempio, ho una spilla che a forma di una barca in mare e in cima c’è una piccola rosa d’oro e su questa un ragno. Mi chiedo: chi l’ha regalato alla donna? Era una donna fortunata? Che cosa significa?». Giulia Netrese

Miuccia Prada
Miuccia Prada

 

Prada Jewels
Prada Jewels

 

Prada advertising
Prada advertising

 

Gioielli che piacciono a Miuccia
Gioielli che piacciono a Miuccia

Pomellato: parla Andrea Morante

Pino Rabolini, che ha venduto la maggioranza delle azioni di Pomellato al gruppo francese Ppr, pardon ora si chiama Kering. Il numero uno, insomma, è Andrea Morante, l’amministratore delegato che è rimasto au commande, come direbbe monsieur Francois Pinault, nuovo padrone del vapore. Per chi fosse interessato, il quotidiano «la Repubblica» ha ieri pubblicato una placida intervista di Marcella Gabbiano all’ex banchiere d’affari che convertito al lusso, dopo aver vissuto quindici anni ai vertici di Credit Suisse First Boston. «Non basta esportare. Bisogna essere presenti nel mondo con strutture proprie che tidannoil polso dei diversi mercati», risponde l’amministratore delegato, pardon, le chef de la direction di Pomellato. «Il gruppo è riuscito a internazionalizzarsi rapidamente mantenendo un livello di profittabilità molto competitiva. Forte di una rete distributiva che comprende 86 negozi monomarca, di cui 45 Pomellato e 41 Dodo, e oltre 600 punti vendita nel mondo, ha chiuso il bilancio 2012 con 146 milioni di euro contro i 102 del 2009. L’Ebitda ha raggiunto i 21,8 milioni (14,5 nel 2009) e l’utile netto 7,1 milioni (2,1 milioni nel 2009)». E, aggiunge il quotidiano, il peso dell’Italia è passato dal 59% del 2009 al 45% di oggi. Insomma, con più estero Pomellato è un gioiello di azienda. Che, però, non poteva crescere da sola. Ma anche per uno dei grandi problemi che ricorre nelle aziende familiari: la successione. Il figlio di Rabolini non ne ha voluto sapere di prendere le redini dell’azienda. «Rabolini si è detto: visto che non posso mettere la mia azienda nelle mani di mio figlio che ha altri interessi, l’affido a chi ha dimostrato di garantire lo sviluppo e il futuro che merita. Da qui la scelta di Kering che con un altro marchio del lusso italiano, BottegaVeneta, ha fatto un lavoro importante». Ma forse, Morante non lo dice, ha giocato anche un’offerta più solida da un punto di vista finanziario. Morante assicura, comunque, che lo stile di Pomellato resterà lo stesso, assieme a Sergio Silvestris, direttore creativo. «Siamo stati i primi a proporre una nuova collezione ogni anno costruendo un archivio storico di grande valore. Quando il prezzo delle materieprime, oro in primis, è salito alle stelle abbiamo deciso di realizzare in argento le nostre creazioni più importanti», continua il manager. «Attingendo dall’archivio, Silvestris ha interpretato con nuove proporzioni e uno stile rock, le icone del marchio». Risultato: Pomellato 67 si sta imponendo quasi come un brand autonomo. Ultima notizia. Chiede l’intervistatrice: il temporary space di via Sant’Andrea nel cuore del quadrilatero del lusso milanese, è stato aperto a novembre 2012. Visto che continua a essere molto frequentato, si trasformerà in un permanent space? Risposta: «Ci stiamo pensando. Valuteremo. Del resto anche Dodo nel tempo ha assunto l’identità di marchio autonomo». Insomma, nessun annuncio. D’altra parte, il silenzio è d’oro, no? M.d.B.

 

Andrea Morante inanellato
Andrea Morante inanellato

 

Il temporary matusalem store di Pomellato 67 in via Sant'Andrea, a Milano
Il temporary matusalem store di Pomellato 67 in via Sant’Andrea, a Milano

 

Anelli by Pomellato
Anelli by Pomellato

 

Tilda Swinton, testimonial di Pomellato
Tilda Swinton, testimonial di Pomellato

 

Perché i brillanti aumenteranno di prezzo

A tutti i collezionisti, a tutti gli appassionati, a tutte le donne che hanno al dito solitaire o alle orecchie brillanti che più brillanti non si può: il prezzo dei diamanti (e quindi il loro valore) aumenterà. Lo afferma in un’intervista al settimanale «il Mondo», Eli Izhakoff, presidente del World diamond council, l’organizzazione che riunisce i big player di settore, da Ruth Batson (American gem society) a Robert Gannicott (Harry Winston), Lawrence Ma (diamond federation of HK-China) o Avi Paz (World federation of diamond bourses). A far lievitare i prezzi dei diamanti sarà (anzi, è) la domanda da parte di India e Cina. «Le comunità dei diamanti in Belgio, Israele o New York non stanno scomparendo, ma adattando alla nuova realtà, da una parte, avviando o partecipando a nuove iniziative produttive in Paesi come Cina e Botswana; dall’altra, continuando a occuparsi di diamanti in patria, focalizzandosi però su quelle nicchie di business dove sono in grado di essere competitivi: diamanti di altissima qualità, pezzi unici sui quali la componente costo del lavoro è meno rilevante», spiega Izhakoff nell’intervista. E se gli Usa restano il primo Paese per acquisti di gioielli con diamanti (oltre 25 miliardi di dollari), i ricconi di Pechino e Shanghai spendono in solitari e collier 8 miliardi di dollari. «La domanda in Asia è decisamente forte. Di più, se non fosse stato per la domanda asiatica, dopo la crisi finanziaria globale di fine 2008, il settore non si sarebbe ripreso con la velocità con la quale si è rialzato: il brusco calo del mercato dell’Europa occidentale come del Nord America è stato compensato dai buyer di gioielleria e diamanti dalla Cina come dall’India. Ecco perché sì, credo di poter dire che questa nuova corsa ai diamanti si può accostare a quella degli anni ‘40-’50 quando nei Paesi occidentali si è sviluppata una consistente fetta di società con elevato potere di spesa», sostiene l’esperto. Anche se, per la verità, il prezzo dei diamanti grezzi è sceso nel 2012 e nel primo trimestre del 2013, si stima anche del 15 o 20%. Eppure De Beers ha appena rivisto al rialzo i suoi prezzi del 3%. «Il fatto è che, nonostante gli effetti legati alla recessione globale, tutti gli indicatori dicono che eventuali flessioni saranno temporanee. le previsioni dicono infatti che, nei prossimi dieci anni, la produzione di diamanti non tagliati crescerà a un ritmo di circa il 3% su scala globale. Mentre la domanda per pietre lavorate lieviterà di oltre il 6%. Merito appunto della domanda cinese e indiana.

Eli Izhakoff, presidente del World diamond council
Eli Izhakoff, presidente del World diamond council

In più c’è il Giappone: «Il mercato nipponico ha perso parte del suo smalto dopo gli anni d’oro tra il 1980 e il 1990, ma non è mai scomparso: rimane il quarto e sarebbe anzi rimasto in seconda posizione non fosse stato per la strepitosa crescita di Cina e India, che hanno messo sul piatto una popolazione dieci volte quella del Giappone».

Ma sul boom incombe un pericolo: sono sempre di più le pietre «adulterate». «Pietre trattate ma anche diamanti sintetici. Il problema ormai è duplice. Intendiamoci, non parliamo di pietre illegali, almeno sino a che il consumatore è consapevole di acquistare pietre non naturali. Però è necessaria una totale trasparenza a ogni livello della catena distributiva». Insomma, comprate solo se siete sicuri e con una certificazione. Federico Graglia

Diamanti con taglio a brillante
Diamanti con taglio a brillante