Federpreziosi

Nuovo vertice per Federpreziosi

Federpreziosi cambia il vertice. L’associazione, che fa parte della costellazione di Confcommercio, coinvolge aziende del comparto orafo italiano, con una predominanza di negozi al dettaglio di orologi, articoli di gioielleria e argenteria. In tutto 13.296 aziende, 33.890 addetti e un fatturato che, nonostante l’effetto pandemia, è stimato in 5 miliardi di euro. Alla guida di Federpreziosi, dunque, sale Stefano Andreis, già vicepresidente, oltre a rappresentare l’Associazione Orafi Federpreziosi Trentino. Andreis subentra a Giuseppe Aquilino, che è stato alla guida della Federazione per due mandati consecutivi, dal 2012, e che ricoprirà la carica di presidente onorario. Andreis, oltre a essere un imprenditore del settore orafo con la San Marco Gioielli, è anche proprietario di una torrefazione ed consigliere del Mart/Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto.

Interno della gioielleria Zimmitti
Interno della gioielleria Zimmitti

La capacità di delegare resta il punto di forza per poter gestire nel modo più efficace le complessità  in ogni settore dell’economia e più che mai in quello orafo-gioielliero le cui varie componenti, se pure con differenti esigenze e tematiche, hanno un obiettivo comune: sostenere e sviluppare i preziosi italiani. Ritengo sia importante riaffermare e valorizzare il ruolo del dettaglio orafo: quello di anello di congiunzione fra il pubblico e la produzione. I nostri negozi sono una vera e propria cartina al tornasole che individua praticamente in tempo reale quali sono le tendenze del consumatore, non solo italiano, poiché le nostre vetrine sono le migliori ambasciatrici della bellezza e della qualità del made in Italy.
Stefano Andreis, presidente di Federpreziosi

Stefano Andreis
Stefano Andreis

Le cariche Federpreziosi Confcommercio 2023-2027
Consiglio Direttivo: Vincenzo Aucella, Assocoral; Silvano Barraja, Palermo; Mario Bartucca, Calabria Centrale; Aldo Biscontin, Pordenone; Vincenzo Bonadies, Bari; Vicenzo Buscemi, Ragusa; Salvatore Ciulla, Palermo; Antonio Dascoli, Torino; Giovanni Battista De Meo, Campania; Pierpaolo Donati, Roma; Agostino Gazzo, Genova; Fiorenzo Ghiso, Savona. Massimiliano Martino, Bari. Alessandra Merli, Grosseto; Ciko Orefice, Campania; Marcello Perri, Taranto; Alberto Perini Ravagnan, Venezia; Silvio Maria Salvatori, Foggia; Andrea Sangalli, Lombardia; Pierluigi Sforza, Bologna; Elena Spanò, Firenze/Arezzo; Giorgio Villa, Lombardia.
Collegio dei Revisori: Cristina Antonutti Franz, Udine; Vito D’Ingeo, Bari; Enzo D’Enza, Bari; Giovangiuseppe Lanfreschi, Campania; Francesco Ponzi, Ravenna.
Collegio dei Probiviri: Giuseppe Aquilino, Bari; Davide Bolzoni, Parma; Mario Didone, Roma; Enrico Natoli, Genova.
Amministratore: Mario Didone
Lavorazione di gioielleria
Lavorazione di gioielleria

Le gioiellerie battono ancora lo shopping online




Acquistare gioielli online non è più un’eccezione. Eppure l’acquisto in un negozio tradizionale è ancora la scelta preferita dalla grande maggioranza delle persone, perlomeno in molti Paesi, tra cui l’Italia. Una fotografia di trend e abitudini di chi acquista gioielli arriva da un’indagine dell’Osservatorio Federpreziosi (associazione di imprese della distribuzione) su un campione rappresentativo dei consumatori italiani con 700 interviste a persone di età superiore ai 24 anni.

Gioielleria durante il periodo natalizio
Gioielleria durante il periodo natalizio

Anche se in Italia lo shopping online di gioielli non è molto diffuso, diminuiscono i negozi che vendono preziosi. Le aziende del commercio al dettaglio di orologi, articoli di gioiellerie e argenteria sono 13.296, ma dal 2013 al 2021 hanno chiuso circa 4 mila gioiellerie. Le vendite di tutte queste imprese sono stimate in quasi 5 miliardi di euro, di cui oltre il 40% sono concentrate nelle regioni del Nord Ovest. Il fatturato è in crescita rispetto al 2020 ma non ha ancora raggiunto i livelli pre-pandemia. Lavorano nelle gioiellerie in Italia 33.890 persone. Le grandi imprese sono lo 0,1% delle gioiellerie italiane e fatturano il 21,3% del totale.
La gioielleria Rocca in Galleria Vittorio Emanuele, a Milano
La gioielleria Rocca in Galleria Vittorio Emanuele, a Milano

Le abitudini
In Italia, e non solo, in occasione di ricorrenze e anniversari la scelta cade spesso sull’acquisto di gioielli e preziosi. I motivi principali di acquisto di un gioiello sono costituiti dalla consapevolezza del desiderio di un prezioso da parte della persona alla quale si intende regalarlo (53,8%) e dal piacere di indossare gioielli (42,9%). Interessante il dato secondo cui il 94,7% di chi non ha evitato di acquistare un gioiello lo ha fatto principalmente per l’eccessivo costo dei preziosi (50,4%), ma anche perché ritiene il gioiello un prodotto personale e quindi difficile da regalare (20,4%). Gli acquisti di preziosi e gioielli sono concentrati per uomini tra i 45 ed i 54 anni, residenti spesso nelle grandi città. Il 13,4% degli intervistati ha acquistato un gioiello per sé.
Una collana di alta gioielleria di de Grisogono
Collana di alta gioielleria

Poco online
Il 91,8% dei consumatori italiani acquista in un negozio fisico e solo l’8,2% online. Il 60,5% di chi ha acquistato un gioiello aveva un’idea precisa prima di recarsi in negozio, mentre quasi il 40% sapeva che desiderava acquistare un gioiello, ma non aveva un’idea precisa su che cosa comprare e si è fatto consigliare dal gioielliere. L’esperienza del gioielliere è servita per il 45% dei gioielli venduti, in compenso nel 55% circa dei casi hanno avuto un ruolo il consiglio di amici e conoscenti, la pubblicità del prodotto su giornali e Tv e la comunicazione sul web. I contenuti sponsorizzati sul web (66,4%) sono tra i motivi che hanno determinato la scelta del gioiello.
Gioielleria a Milano
Gioielleria a Milano







Le gioiellerie online vendono il doppio




In Italia diminuisce drasticamente il numero delle gioiellerie. In compenso, crescono le vendite di preziosi online. Non solo. Le gioiellerie che operano sul web presentano in media ricavi pressoché doppi rispetto alle gioiellerie che non hanno innovato nel mondo digitale. Sono alcuni dei dati forniti dal direttore di Federpreziosi (associazione che riunisce parte delle gioiellerie italiane), Steven Tranquilli, durante Ecomm Fashion 2020, la prima digital convention nazionale interamente dedicata al mondo della moda italiana organizzata da Velvet Media.

Interno della gioielleria Rocca
Interno della gioielleria Rocca

I numeri mostrati durante l’evento online sono interessanti: sono oltre 14.600 le gioiellerie che operano in Italia e danno lavoro a quasi 37 mila addetti. In sette anni tuttavia, dal 2012 a inizio 2020, il comparto ha perso quasi un migliaio di imprese e oltre 3 mila addetti. Le principali ragioni della contrazione del tessuto distributivo, secondo l’analisi di Federpreziosi, hanno a che fare con la progressiva riduzione dei consumi e all’avvento del commercio elettronico (e a questi fattori si aggiunge, poi, la recente emergenza covid).

Fonte: Federpreziosi
Fonte: Federpreziosi

I dati relativi alle vendite nelle gioiellerie elaborati dall’Osservatorio di Federpreziosi Confcommercio indicavano a fine dicembre dello scorso anno oltre il 56% delle imprese associate che segnalava un peggioramento dei ricavi negli ultimi due anni (2018-2019) rispetto ai due anni precedenti (2016-2017). Per il 50,3% di queste gioiellerie la diminuzione dei ricavi era da imputarsi alla propria clientela storica: un dato particolarmente accentuato nelle regioni del Centro e del Sud.

Fonte: Federpreziosi
Fonte: Federpreziosi

Economia digitale

In Italia nel corso degli ultimi cinque anni le gioiellerie che si sono dotate di un sito web o anche solo di una pagina sui social sono aumentate del 7,1% (erano il 66,0% nel 2015 sono il 70,7% nel 2019). In aumento anche le imprese che svolgono attività di e-commerce: dal 52,9% del 2018 al 53,1% del 2019. Il dato è raddoppiato nel corso degli ultimi cinque anni e indica che le gioiellerie stanno comprendendo (era ora) che il digitale oggi rappresenta l’elemento chiave nella scelta di marchi e prodotti e cercano di coglierne tutte le opportunità.

Fonte: Federpreziosi
Fonte: Federpreziosi

Le gioiellerie che operano sul web, come accennato, presentano in media ricavi pressoché doppi rispetto a quelle che non hanno innovato nel mondo digitale. Il 48,1% delle gioiellerie ha sia un proprio sito web sia un profilo della propria gioielleria sui social network, ma il 22,6% ha solo il profilo sui social, e il 29,3% non ha alcuna strategia di comunicazione.

Fonte: Federpreziosi
Fonte: Federpreziosi

Facebook è di gran lunga il social network più utilizzato, la quasi totalità delle gioiellerie ne fa uso. In maggioranza l’uso dei social network è finalizzato all’acquisizione di visibilità (69,0%). Il 41,5% delle gioiellerie associate attribuisce grande importanza alla propria proposta on line, non fosse altro che per ragioni di immagine.

Fonte: Federpreziosi
Fonte: Federpreziosi
Fonte: Federpreziosi
Fonte: Federpreziosi

Fonte: Federpreziosi
Fonte: Federpreziosi







Perché i gioiellieri italiani sono in difficoltà




Una fotografia (non troppo esaltante) della filiera italiana della gioielleria: Federpreziosi Confcommercio, associazione che riunisce i rivenditori di gioielli, torna ad analizzare la situazione alla luce dell’emergenza coronavirus. Risultato: il 70% non vende gioielli online, aspetto che forse mitigherebbe le difficoltà a causa della chiusura dei punti vendita. E le mini dimensioni sono un punto debole.

La mini dimensione delle aziende
La mini dimensione delle aziende

Al di là delle difficoltà dovute alla epidemia, infatti, dal sondaggio emerge anche una notevole arretratezza del sistema italiano. Certo, ci sono molte aziende che producono gioielli di qualità, con tanta fantasia e buongusto. Ma il sistema di distribuzione resta ancorato a un’altra epoca.

Gioielleria Lo Scarabeo d'Oro, a Milano
Gioielleria Lo Scarabeo d’Oro, a Milano

Il sondaggio di Federpreziosi è aggiornato a giovedì 2 aprile. I risultati riguardano una prevalenza di imprese al dettaglio, risultate l’85% dei 500 intervistati. Per quanto riguarda la forma societaria dei 425 dettaglianti, il 47% è rappresentato da ditte individuali, circa il 27% da Srl anche uninominali, il 21% da Snc (cioè società in nome collettivo, in cui tutti i soci rispondono solidalmente, illimitatamente, personalmente e sussidiariamente per le obbligazioni sociali). Il 74,6% occupa da 1 a 3 addetti, il 20,6% da 4 a 8 addetti, e solo il 4,8% oltre i dieci addetti. Insomma, il mondo della gioielleria è popolato da nani, economicamente parlando. E questo è un dato che non è in relazione con l’emergenza sanitaria.

Le difficoltà per il coronavirus
Le difficoltà per il coronavirus

Veniamo ai problemi connessi al covid-19 e alle conseguenze del lockdown. La difficoltà maggiore delle aziende è quella di far fronte ai pagamenti nei confronti dei fornitori (75,6%) cui segue la mancanza di liquidità finanziaria (66,2%) e, in eguale misura (61,2%), la criticità rappresentata dal versamento di tasse e imposte.

Locali in affitto per la maggior parte
Locali in affitto per la maggior parte

Il 59% di coloro che hanno risposto al questionario sono in affitto nei locali in cui svolgono la propria attività. Di questi il 47,5% dichiara che ha pagato e pagherà regolarmente il canone, il 33% avrà difficoltà, mentre il 19,5% pensa di chiedere la rinegoziazione del contratto.

Poche vendite online
Poche vendite online

Un segnale a dire il vero poco confortante è quello che riguarda l’evoluzione del settore orafo nell’ambito del digital e che viene dal dato relativo alle vendite sul web: il 70% di coloro che hanno risposto al formulario dichiara di non effettuare vendite online, il 19,2% di svolgerla attraverso il proprio sito e il 10,8% su piattaforme di terzi. Di scarso rilievo, infine, la richiesta per le consegne a domicilio, che si attestano sul 20,4% e che, comunque, vengono effettuate in prevalenza telefonicamente (14,4%), via Whatsapp (14%) o via Facebook (11,6%).

Consegne a dominicilio
Consegne a dominicilio

Piattaforma per il contatto
Piattaforma per il contatto







Gli orafi italiani chiedono di sospendere le tasse a causa del coronavirus




In Italia il coronavirus morde anche il settore della gioielleria. Molte le gioiellerie che hanno deciso di chiudere. Federpreziosi, la Federazione Nazionale delle Imprese Orafe Gioielliere Argentiere ed Orologiaie di Confcommercio, chiede quindi provvedimenti per fare fronte alla situazione. Il primo riguarda la sospensione dei pagamenti Irpef, Inps e Inail. Il provvedimento è anche il frutto di un questionario online proposto da Federpreziosi lo scorso venerdì 7 marzo a 500 operatori del settore (83% aziende al dettaglio, 8,5% aziende di fabbricazione, 8,5 % grossisti).

Quanto calano le vendite
Quanto calano le vendite

Tra quelle individuate a contrasto dei danni economici di coronavirus, infatti, è questa la prima misura ritenuta indispensabile da circa il 71% del campione di operatori orafi italiani che hanno partecipato alla rilevazione. A seguire (59,9%) sono considerati fondamentali gli stanziamenti per l’assegnazione di contributi straordinari per il sostegno alle imprese, la proroga dei versamenti dei tributi locali per tutti i territori e tutte le categorie (58,2%), agevolazioni per favorire la liquidità delle imprese e moratoria per le prossime scadenze delle rate su finanziamenti e leasing (53,7%).

Gioielleria Lo Scarabeo d'Oro, a Milano
Gioielleria Lo Scarabeo d’Oro, a Milano

Il 52,5% ritiene pressoché inevitabile la dichiarazione di stato di calamità per tutto il Paese e per tutti i settori e conseguente estensione a tutto il territorio dei provvedimenti a sostegno delle zone rosse. Parallelamente si ritiene necessaria una forte spinta al commercio e all’immagine dell’Italia nel mondo, con iniziative di promozione nazionale e internazionale del Made in Italy (44,7%). Altri provvedimenti considerati più che opportuni sono: l’istituzione di un fondo di integrazione e cassa in deroga anche per le micro e piccole imprese del terziario (36,4%) e abolizione dei limiti introdotti dalla Legge Finanziaria del 30 dicembre 2019 per l’accesso e/o la permanenza nel regime fiscale forfettario e ripristinare i requisiti precedenti (25,3%).

Desiderio Gioielleria, interno
Desiderio Gioielleria, interno







Le gioiellerie scompariranno?

Le gioiellerie sono destinate a scomparire? Il digitale soppianterà la vendita diretta? Un’indagine ha scoperto che… ♦︎

Nel 2039, tra venti anni, esisteranno ancora le gioiellerie? Probabilmente sì, ma saranno meno e, forse, diverse a quelle che ci sono oggi. Di sicuro, dati alla mano, è in atto una mutazione profonda che, per la verità, coinvolge tutto il settore retail.

I dati relativi all’Italia, e messi a fuoco da Federpreziosi, sono simili, con piccole varianti, a quelli degli altri Paesi occidentali: il declino del negozio fisico è evidente, ma non sempre significa una minore vendita di gioielli. Le statistiche relative all’Italia sono state presentate durante VicenzaOro nell’ormai classico Digital Talks, formula ideata da Federpreziosi Confcommercio e Ieg: incontri con gli operatori che servono, appunto, a guardare avanti soprattutto in relazione alle trasformazioni della società. Come il mondo digitale, di cui fa parte gioiellis.com, e che rappresenta il mutamento radicale che attraversa tutta l’economia.

La storica gioielleria Schreiber, a MIlano
La storica gioielleria Schreiber, a MIlano

La ricerca realizzata da Federpreziosi, in collaborazione con Format Research, scatta una fotografia del settore. In Italia operano oltre 14.600 gioiellerie che danno lavoro a quasi 37.000 addetti. Ma la contrazione è consistente: in sette anni, dal 2012 a oggi, il comparto ha perso quasi 1.000 imprese e oltre 3.000 addetti. Secondo l’analisi, le principali ragioni del calo del numero delle gioiellerie è causato dalla progressiva riduzione dei consumi e dall’avvento del commercio elettronico, che nel 2019 produrrà in Italia ricavi superiori ai 30 miliardi di euro, contro gli 11 miliardi del 2012. Insomma, una tenaglia micidiale: gli italiani spendono meno e, allo stesso tempo, fanno acquisti sempre più spesso attraverso internet.

Gioielleria Lo Scarabeo d'Oro, a Milano
Gioielleria Lo Scarabeo d’Oro, a Milano

La ricerca indica anche che le gioiellerie che hanno scelto anche la strada digitale si rivelano più efficienti dal punto di vista commerciale. I ricavi medi di una gioielleria in Italia oscillano tra i centomila ed i cinquecentomila euro, ma quando la gioielleria opera sul web, gli affari lievitano e si passa tra i cinquecentomila e il milione di euro. Però, attenzione, non basta avere un sito web: il 10,7% delle delle gioiellerie non raggiunge i 50.000 euro di fatturato e il 4,1% ha, inutilmente, un sito internet. Lecito domandarsi come questi retailer che denunciano un giro d’affari così modesto possano continuare a stare sul mercato. Stesso discorso per le gioiellerie tra 50.000 e 100.000 euro di ricavi, range che corrisponde anche in questo caso al 10,7% delle gioiellerie. E di questi chi ha un sito web è il 5,4%, cioè circa una gioielleria su 20 e non sembra serva a molto.

La gioielleria Mimì
La gioielleria Mimì

Certo, per una gioielleria avere il sito web è inevitabile. Ma a patto di vendere un prodotto che ha già un’immagine consolidata. Se il gioiello è sconosciuto o comunicato male dal produttore, il distributore potrà fare poco. E questo dipende dalle aziende che producono gioielli, che devono far conoscere le proprie collezioni anche con l’utilizzo di siti internet e social network. Ma, diciamo la verità: la situazione è scoraggiante. A parte i grandi marchi, spesso i siti internet dei gioiellieri sono brutti, non aggiornati, addirittura respingenti. Sembra incredibile che aziende legate al mondo del lusso non facciano attenzione all’immagine e, anzi, spesso ignorino l’aspetto della comunicazione, ma è la pura verità. Ne sa qualcosa chi, come gioiellis.com, è a contatto con le aziende di gioielleria: ci sono imprenditori che non sanno neppure che cosa è un press kit, con materiale fotografico e press release per i giornalisti. Un deficit di capacità di marketing che, francamente, appare sbalorditivo.

Gobbi, un'istituzione di Milano
Gobbi, un’istituzione di Milano

Ma c’è anche un altro errore capitale: quello di chi crede troppo a internet. O, meglio prende per buone le mode che attraversano il web. Come l’incredibile successo di blog e blogger. Certo, spesso questi hobbisti digitali, di solito sovvenzionati dalle aziende in vario modo, vantano migliaia di seguaci (che poi spesso sono fasulli). Ma questi follower sono possibili acquirenti di gioielli? Oppure sono semplicemente utilizzatori tossicodipendenti del cellulare che distribuiscono cuoricini a tutti su Instagram? Qual è il valore aggiunto dei post che si trovano su Instagram o Facebook? Lo scoprirete, il tempo è galantuomo.

Clienti abituati agli acquisti tradizionali
Clienti abituati agli acquisti tradizionali







Bomba card in gioielleria

gioielleriaLa limitazione all’utilizzo dei contanti (a mille euro) non piace ai gioiellieri italiani, che chiedono regole europee omogenee. La lotta all’evasione fiscale, che ha indotto diversi governi a stringere sull’utilizzo obbligatorio di carte di credito e bancomat, per rendere tracciabili i pagamenti, secondo i gioiellieri ha depresso ulteriormente le vendite. «Ci auguriamo che si prosegua con celerità sulla strada dell’adozione di criteri omogenei per la circolazione e l’utilizzo del contante, coinvolgendo in primis i Paesi membri dell’Ue, ma intervenendo anche a livello internazionale più ampio», spiega il presidente di Federpreziosi Giuseppe Aquilino, «come, in effetti  si è già in parte riusciti a fare con gli Stati del G8 e del G20, che hanno inserito il tema nell’agenda dei loro summit».

Giovanni Aquilino
Giovanni Aquilino

Secondo Aquilino, a livello europeo è importante che si continui a focalizzare maggiormente  e con rapidità, l’attenzione sugli interventi che attengono alle disparità di condizioni «per quanto concerne i costi delle transazioni, i limiti dell’utilizzo del contante così inspiegabilmente e ingiustamente discriminanti per alcuni Paesi, in testa a tutti il nostro». Federpreziosi fa notare che c’è un’enorme discrepanza tra la soglia dei mille euro dell’Italia, e quella di altri Paesi come il Belgio con 15mila euro, la Danimarca (13.400 euro), Francia (3mila euro), Romania (2.300 euro), Slovenia (15mila euro), Spagna (2.500 euro), mentre negli altri Paesi non vi è alcun limite. Solo in Portogallo e in Grecia sono in vigore limiti restrittivi paragonabili a quelli italiani: mille euro nel primo caso e 1.500 nel secondo. «Lo studio pubblicato da Bankitalia nel Gennaio 2013 ha evidenziato come il problema dell’economia sommersa non sia sufficiente a spiegare il basso utilizzo di strumenti di pagamento elettronici nelle transazioni al dettaglio ma quanta rilevanza abbiano anche fattori di sviluppo, quali la capacità innovativa e il reddito pro capite», accusa Aquilini. «Il nostro Paese si è adeguato con grandi sacrifici di tutti, e di alcune categorie in particolare, a regole imposte e penalizzanti al punto tale che rischiano di compromettere possibilità di ripresa in tempi ragionevolmente brevi per permetterci la pura e semplice sopravvivenza. E qui sta a noi di continuare a mantenere la pressione a livello del nostro sistema politico e finanziario». Federico Graglia 

Bomba card
Bomba card