Alessio Boschi è un gioielliere rinascimentale. Non si accontenta, cioè, di progettare e realizzare semplici anelli o collane, ma ha un’attitudine interdisciplinare: disegna, raccoglie immagini, si ispira ad artisti, architetti e poeti. E, soprattutto, racconta. I suoi pezzi più famosi non sono solo gioielli, ma intere storie che Alessio Boschi narra attraverso miti, viaggi e tradizioni. Per questa ragione i suoi pezzi più straordinari diventano essi stessi dei concentrati di narrazione, gioielli con diversi livelli semantici: quello estetico, ovviamente, quello relativo al loro valore materiale, e quello, più affascinante, relativo alla dimensione culturale che ha ispirato l’oggetto. Un esempio perfetto di questo modo di interpretare la gioielleria è l’ultima creazione di Alessio Boschi: un anello è dedicato a Rumi, poeta iraniano del XIII secolo.
Affascinato dalle tradizioni del mondo persiano, il gioielliere è stato affascinato dai versi fortemente spirituali e improntati a un rapporto personale e meditativo di Rumi con la divinità. Un approccio che Boschi ha sentito ancora molto attuale nel periodo della pandemia, che ha favorito introspezione e riflessione. Come sempre, nelle sue creazioni l’incredibile tecnica nel costruire un gioiello parte da un’idea bene precisa: in questo caso il movimento rotante dell’anello richiama la danza dei dervisci, pratica che consiste nel girare su se stessi al suono della musica per dimenticare l’ego e concentrarsi su Dio. La forma tonda riprende la cupola del mausoleo di Mevlana, a Konya, nell’arida steppa anatolica, dove il poeta morì. Il turchese le colonne tortili all’interno dell’edificio. E sotto la cupola, che si apre, Alessio Boschi ha riservato una sorpresa, la sua specialità.