Clamoroso: Stroili in vendita, come è avvenuto due anni fa a Bulgari e come è stato lo scorso anno con Pomellato. E mentre aspetta un acquirente che compri l’azienda, Stroili sta preparando l’espansione all’estero, con nuove cento gioiellerie tra Russia e Cina. Ne dà notizia il settimanale «il Mondo». Vi proponiamo l’articolo a firma di Daniela Polizzi e Carlo Turchetti

Da «il Mondo»
Le somme verranno tirate entro un paio di settimane, con i risultati delle vendite di Natale e delle promozioni in corso, un passaggio chiave per il pre-consuntivo di bilancio del gruppo Stroili e il suo network di 370 gioiellerie. Poi l’ad Maurizio Merenda e il board selezioneranno l’advisor che dovrà vagliare le opzioni future per il maggiore retailer italiano di preziosi in mano ai private equity Investindustrial (31% in via indiretta), 21 partners e Wise (10% a testa) più Intesa Sanpaolo (12%), ossia la cordata che otto anni fa affiancò i precedenti soci L-capital (6,6%) ed Ergon (2,4%). La review strategica passerà in rassegna le opportunità di mercato: alleanze, fusione con un altro retailer, vendita a un big del settore o a un altro fondo di buyout. Non c’è ancora un incarico formale ma una short list di banche d’affari che hanno fin qui presentato idee e credenziali. E tra queste primeggia l’ipotesi di un mandato alla Lazard, già introdotta nel mondo Stroili con alcuni suggerimenti recepiti nel piano industriale al 2017.

Certo non sarà una vendita lampo perché il retail nei gioielli vive una fase di riflessione in tutta Europa. E perché Merenda vuole prima accelerare il percorso che dovrà portare il gruppo a guadagnare posizioni all’estero. Oggi l’Italia pesa per il 95% dei 220 milioni circa di ricavi, in linea con quelli 2012, e questo non è il migliore viatico per attrarre investitori internazionali e spuntare multipli di valore vantaggiosi. La priorità è quindi spostare il peso sull’estero portando i ricavi al 15-20% del totale. E questo vuol dire mettere in pista cento nuove gioiellerie tra Cina (ora Stroili ne ha solo sei), Russia (una) e altri mercati dell’Est Europa. La chiave per velocizzare il riposizionamento saranno gli accordi di master franchising con catene di mall commerciali e specialisti del retail, capaci di garantire location appetibili nelle arterie commerciali di molte città. L’altra leva sarà il wholesale per i marchi Stroili Oro, Franco gioielli ed Exx. L’Italia assorbirà solo una piccola parte dei nuovi investimenti completando il network fino a 390 negozi. Tra Milano e Udine, le due sedi Stroili, la parola ricorrente è «discontinuità», un termine condiviso da Merenda, il board e la compagine dei soci, anche con diversi accenti e sensibilità sul modo di tradurla in pratica. E questo significa un cambio di passo su estero, strategia commerciale, prodotti, concept dei negozi al fine di accrescere la redditività (oggi l’ebitda è al 15-16% dei ricavi) e la scalata a multipli più alti, che riflettano un mix più attraente. E quindi una way-out sperabilmente vantaggiosa per la cordata che otto anni fa investì 130 milioni equity con 70 tra prestiti bancari e mezzanini. Oggi i numeri del gruppo sono raddoppiati e così anche la possibile valutazione. Dipenderà dall’appetito degli investitori per un business che nei gioielli replica il modello Zara quanto a prezzo, riassortimento e contenuto moda. Tra i candidati naturali a un’aggregazione con Stroili figurano per esempio due nomi. Il primo è Histoire d’Or, maggiore catena in Europa di gioielli per tutte le tasche, 540 negozi e 344 milioni di ricavi, nata in Francia con presidi anche in Italia e Portogallo. Bridgepoint la controlla da oltre tre anni e in passato ha valutato un investimento nel concorrente italiano, senza andare avanti. L’altro nome è la Oro Vivo, base a Ginevra e 170 gioiellerie in Svizzera e Francia, parte del gruppo orafo Christian Bernard controllato dal fondo Butler capital e partecipato dal fondatore Bernard Nguyen. Daniela Polizzi e Carlo Turchetti
