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L’Angola saluta de Grisogono

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Le decisioni del governo dell’Angola si incrociano con il destino della Maison de Grisogono ♦︎

I gioielli sono preziosi. Sono un investimento oltre che un oggetto da indossare. Così non stupisce se, ogni tanto, l’aspetto economico sovrasta quello estetico: insomma, qualche volta il vile denaro brilla più di un diamante.

È il caso, per esempio, della vicenda raccontata dall’agenzia Bloomberg e che riguarda la Maison di Ginevra de Grisogono. Si apprende, infatti, che il socio di minoranza dell’azienda fondata da Fawaz Gruosi è il governo dell’Angola, e in particolare Sodiam, una controllata di Endiama, compagnia mineraria nazionale del Paese africano. Sodiam, quindi, ha annunciato che cederà la propria partecipazione azionaria che possiede in de Grisogono. La decisione non ha nulla a che vedere con l’attività di de Grisogono, ma è dettata da «motivi di interesse pubblico e legalità». Secondo quanto scrive il sito americano specializzato National Jeweler, de Grisogono è controllata da Sindika Dokolo, marito di Isabel Dos Santos, che è la figlia dell’ex presidente angolano Jose Eduardo dos Santos oltre che essere la donna più ricca d’Africa, secondo la rivista Forbes.

Fawaz Gruosi, al centro, all festa di de Grisogono al Festival di Cannes 2017
Fawaz Gruosi, al centro, alla festa di de Grisogono al Festival di Cannes 2017

Cambio di regime

Il neoeletto presidente angolano Joao Lourenco, insomma, vorrebbe allontanare l’Angola dagli interessi commerciali della famiglia del suo predecessore. Infatti, ha già rimosso Isabel Dos Santo dal vertice della Sonangol, che è la potente compagnia petrolifera di Stato dell’Angola. La vicenda è stata commentata a National Jeweler dal direttore marketing di de Grisogono, Gianluca Maina, che ha inviato una precisazione via e-mail: «Dopo un recente cambio di leadership, Sodiam, azionista di minoranza, ha annunciato l’intenzione di uscire come investitore in De Grisogono. Questa decisione non avrà alcun impatto sui nostri azionisti di maggioranza che hanno riconfermato il loro costante impegno per il nostro marchio e il suo futuro e continuiamo ad avere un forte sostegno finanziario».

Sindika Dokolo
Sindika Dokolo

Nemico pubblico

Ma la serenità di Fawaz Gruosi rischia di essere turbata anche da un altro ostacolo: la campagna negativa che conduce da qualche mese il cacciatore di gemme Yianni Melas. In sostanza, l’esploratore sostiene che de Grisogono non aiuta a sufficienza le popolazioni africane e per questo motivo ha messo in atto una serie di azioni di protesta contro la Maison di Ginevra. Anche in occasione della vendita a un’asta di Christie’s di The Art of de Grisogono, una eccezionale collana con un diamante di colore D da 163,41 carati, estratto proprio in Angola. A placare Melas non è bastato neppure l’annuncio che l’1% dalla vendita sarebbe stato devoluto alla Fundação Brilhante, un’organizzazione che promuove il cambiamento sociale nelle aree circostanti le miniere in Angola. Cosimo Muzzano

Isabel dos Santos
Isabel dos Santos
La collana The Art of de Grisogono
La collana The Art of de Grisogono
Anello di de Grisogono con diamante centrale, 412 rubini e 94 diamanti bianchi
Anello di de Grisogono con diamante centrale, 412 rubini e 94 diamanti bianchi
Orecchini di alta gioielleria de Grisogono
Orecchini di alta gioielleria de Grisogono
Bracciale con zaffiri e smeraldi, de Grisogono alta gioielleria
Bracciale con zaffiri e smeraldi, de Grisogono alta gioielleria
Anello di de Grisogono, di diamanti e smeraldi
Anello di de Grisogono, di diamanti e smeraldi

Il prezzo dei diamanti è in discesa

Il prezzo dei diamanti è sceso tra il 5% e il 10%.

Consigli per gli acquisti. Anzi, consigli per cauti acquisti, oppure per nessun acquisto. Anelli con diamanti, ma anche diamanti acquistati in banca o da società specializzate sono visti come un investimento sicuro. C’è una buona dose di verità in questo (una percentuale di verità, non una verità assoluta). Ma questo vale per il lungo periodo. Se state per acquistare un diamante pensando di poterlo rivendere tra qualche mese o tra pochi anni con un sicuro guadagno, ripensateci: non è così. I diamanti, come l’oro, è soggetto a variazioni di prezzo anche consistenti. Sono molti i fattori che incidono sul costo-prezzo di un diamante oltre, naturalmente, la sua autenticità e la qualità (leggete anche https://gioiellis.com/diamanti-4-regole-per-evitare-truffe/). Per esempio, fattori geopolitici, come guerre, rivoluzioni, cambiamenti epocali possono far salire o scendere il prezzo di un diamante.

Prezzi in calo

Di recente la Brexit (uscita della Gran Bretagna dalla Unione Europea) ha creato un clima di incertezza in Europa, che si somma alla fase difficile dell’economia. Questo si traduce in un periodo di domanda debole per i diamanti e i prezzi delle pietre stanno iniziando a crollare. Per esempio, i diamanti da 3 carati di altissima qualità hanno visto il costo precipitare di circa il 5% negli ultimi due mesi. Per la verità, è un calo che continua da due anni: nel 2015, per esempio, sul mercato di Anversa è stato registrato un calo del 10% per i pezzi più piccoli di media qualità. E il gigante De Beers (il maggior produttore) ha fatto sapere che i prezzi realizzati per l’anno al 30 giugno 2016, sono stati inferiori del 14% rispetto al periodo precedente. I mercanti e i tagliatori della città belga confermano la fase di stallo o, peggio, di flessione. In Cina, la campagna contro la corruzione dal presidente Xi, ha visto di riflesso un rallentamento piuttosto significativo sul consumo di beni di lusso all’interno del Paese, tra cui i gioielli. Anche questo ha influito sul prezzo all’ingrosso. Morale: un diamante è per sempre, il suo prezzo no. Federico Graglia

Anversa: valutazione di un diamante
Anversa: valutazione di un diamante
Anversa: acquisti di un buyer
Anversa: acquisti di un buyer
Anversa: diamante grezzo
Anversa: diamante grezzo
Anversa: mercato dei diamanti
Anversa: mercato dei diamanti
Anversa: anello con diamanti
Anversa: anello con diamanti
Anversa: laboratorio di taglio dei diamanti
Anversa: laboratorio di taglio dei diamanti
Anversa: gioielleria specializzata in diamanti
Anversa: gioielleria specializzata in diamanti

I 10 comandamenti degli orafi

Di che colore è il domani degli orafi? Sarà d’oro oppure di piombo? Saranno schiavi del marketing? A Milano il Club degli Orafi ha organizzato una sorta di Stati Generali dell’oreficeria per cercare (forse) di comprenderlo. L’arduo compito è stato affidato a Enrico Finzi, presidente AstraRicerche. Secondo la sua analisi, la crisi ha causato una moria di negozi. Ma il lato buono della medaglia p che i sopravvissuti hanno una fetta potenziale di clienti maggiore. Dunque, che fare? Finzi si è lanciato nei dieci comandamenti per gli orefici, sul sacro altare del marketing. Eccoli.

Enrico Finzi
Enrico Finzi
  1. Non bisogna distinguere più tra produttori e distributori: i destini sono sempre più strettamente legati, con imprese che scelgono i distributori come partner, e retailer che la piantono con l’ossessione di tenere di tutto un po’, ma imparano a vincere tenendo molto di meno brand. Addio ai numeri molto elevati di marche e piccole marche o, peggio, unbranded o mettendoci qualcosa a proprio nome, con una sorta di private label di qualità. Insomma, è indispensabile scegliere e bisogna immaginare la filiera non come una stretta partnership.
  2. Il produttore deve individuare alcuni marchi o semi brand strategici per il marketing del suo prodotto (il distributore ha come oggetto il suo punto vendita, l’assortimento è strumentale rispetto alla sua attività). Devono scegliere partner commerciali che gli garantisca una presentazione adeguata dell’assortimento, mentre i retailer devono selezionare i fornitori e averne molto di pochi. Scegliere è una parola chiave per essere scelti, il modello Bata, dove c’è di tutto un po’, funziona per le calzature, ma non per le gioiellerie.
  3. I produttori devono selezionare a loro volta i clienti paganti. Motivare i prodotti non solo quelli che si vendono da soli, appannaggio dei grandi marchi. Ci vogliono assortimenti selettivi meno ampi in numero di marche, ma più lunghi come prezzo. È poi visibili in vetrina per sconfiggere il web che offre accessibilità.

    Vetrina di una gioielleria
    Vetrina di una gioielleria
  4. La location: è il momento storico per cambiarla e renderla riconoscibile. L’arredamento non deve essere blindato per ragioni di sicurezza, perché si tengono fuori i giovani e i potenziali clienti si sentono intimiditi. E poi l’accessibilità serve a contrastare l’effetto web. Insomma il punto di vendita non deve essere respingente, deve essere macchina per comunicare e non solo per vendere. La visibilità anticipa le sensazioni della shopping experience. Nel settore della gioielleria il titolare e la commessa devono essere friendly. Gli interventi di illuminotecnica costano poco e la parola d’ordine è «scaldare l’ambiente».
  5. I prezzi: varietà accessibilità dal basso ed estensione verso l’alto, anche dentro una marca. Gli sconti non devono essere generalizzati, ma selettivi e personalizzati. Bisogna fare il contrario delle profumerie.
  6. I servizi: nel punto vendita devono essere più numerosi del passato. Bisogna usare lo strumento della prevendita, creare aspettative. Considerarlo come una semina.
  7. Competenza nella vendita: è necessaria dopo anni di prodotti che si vendono da soli. La competenza deve essere assoluta, bisogna dedicare risorse alla formazione dei commessi e i produttori devono basare la scelta dei partner retailer anche in base a questo aspetto. Deve essere anche rassicurante per contrastare l’incertezza sul proprio patrimonio: l’acquisto di un gioiello implica una spesa in meno per il cliente. Bisogna assicurare che l’acquisto è un investimento.
  8. La cultura sul gioiello: è diventato democratico, troppo, e c’è un impoverimento culturale della domanda. È difficile trasferire la cultura del gioiello, ma è fondamentale per rassicurare il cliente. Il punto di vendita rispetto al web ha il vantaggio di poter supportare e orientare la scelta del cliente con empatia su prodotti proposti come la cosa giusta, per quella persona (ma su questo obiettiamo: gioiellis.com fa cultura del gioiello). C’è il boom dell’auto-regalo femminile per superare un dolore o per gratificarsi, mentre gli uomini stanno perdendo il gusto di regalare un monile.
  9. Il servizio post vendita, la riparazione, la rimessa a modello e altre iniziative puntano a mantenere il cliente con sconto personalizzato magari per il compleanno. Il prodotto deve essere personalizzato, il gioiello come quello della nonna rubato.
  10. Infine, integrazione tra offline e online: il web è insostituibile per info e galleria prodotti e seduzione. Poi, si acquista in negozio con le persone. Infatti, il decimo comandamento parla di depressione collettiva di categoria e filiera dovuta ad anni troppo duri. Insomma, bisogna per supportare il marketing dell’inutile, che se funziona diventa il marketing della felicità, per dare un di più alla vita, che mira a trasmettere entusiasmo.

    Gioielleria a Firenze
    Gioielleria a Firenze

Gioielli online: sono il futuro?

Le gioiellerie hanno le ore contate? Si venderanno solo gioielli online? Una notizia non troppo brillante, ma che fa riflettere, è riportata dal sito Professional Jewellers: Payne e Son, che iniziato la sua attività nel Kent nel 1790 e poi ha aperto una filiale a Oxford 146 anni fa, ha dovuto chiudere i battenti a causa della crescita dello shopping online. La gioielleria ha subito un declino delle vendite a Natale e ha concluso che non poteva più competere con gli store online. Non è la prima gioielleria che chiude a causa della migrazione delle vendite di gioielli sul canale online, specie gli acquisti tra 50 e 350 euro, ma non solo. Una ricerca di Federpreziosi curata da Spice-Research in collaborazione con Studio EffeErre su un campione di 1.750 intervistati indica che per San Valentino 2016 il 28% di chi ha acquistato un gioiello in Italia si è basato su quanto visto nelle vetrine, ma quasi altrettanto, il 27%, si è affidato al web.
Il trend per i prossimi anni
La ricerca di Federpreziosi concorda con il risultato della ricerca condotta nel 2015 da Exane Bnp Paribas Research assieme a Luxury Goods & ContactLab sul mercato del lusso. Secondo l’analisi della banca francese, il numero di clienti registrati online e digitalmente contattabili continua a salire. Non solo: i clienti che sono coinvolti via web poi spendono più nel negozio (+ 16%). Chi riesce a contattare digitalmente i clienti, può sviluppare piattaforme cross-channel (internet più negozio fisico) e questi client cross-channel spendono più (in media oltre il 60% degli altri). Infine, continua ad aumentare la quota di chi fa acquisti di beni di lusso online ogni anno (dal 30% nel 2011 al 37% nel 2014).
Gli sviluppi
I gioiellieri dovrebbero sapere che, secondo questa analisi, entro il 2020 i marchi di lusso sapranno praticamente tutti i loro clienti, dato che quelli registrati online saranno il 45%, e quelli contattabili via e-mail il 41%. Cioè quasi il 90% di tutti i clienti in-store saranno seguiti online. E, come se non bastasse: la possibilità di usare una piattaforma online decreterà il successo o il fallimento per i marchi di lusso, dato che le vendite di e-commerce saranno almeno due o tre volte quelle attuali. Federico Graglia

Acquisti online
Acquisti online
Tiffany ha da tempo affiancato alla rete di vendite nei negozi una robusta piattaforma online
Tiffany ha da tempo affiancato alla rete di vendite nei negozi una robusta piattaforma online
Gioielleria a Hong Kong
Gioielleria a Hong Kong
Vetrina di gioielleria
Vetrina di gioielleria

Italia seconda nella pirateria di gioielli

Attenti ad acquistare un gioiello: potrebbe essere un’imitazione. E in questo caso oltre a perderci voi, che avete speso soldi per un un falso, ci perde anche l’azienda che ha speso soldi e tempo per creare qualcosa di nuovo. Come nella moda, anche nella gioielleria e nell’orologeria ci sono i falsi. Fake. Copie. Imbrogli. L’Osservatorio europeo sulle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale si è preso la briga di misurare che cosa significa questo fenomeno, in termini economici, per quanto riguarda gioielleria e orologeria.
Risultato: l’Osservatorio, ha calcolato che il 39% dell’attività economica totale della Ue è generato da industrie ad alta intensità di proprietà intellettuale. Circa il 26 % dell’occupazione complessiva in Europa proviene direttamente da questi settori. Premesso questo, veniamo alla gioielleria: nella Ue ha 80mila addetti e una produzione pari a 11 miliardi di euro (nel 2012). I maggiori produttori sono l’Italia (5 miliardi di euro), la Francia, la Germania, il Belgio (circa 1,2 miliardi di euro ciascuno) e il Regno Unito (circa 1 miliardo). Il settore comprende 37.100 imprese nell’UE, con una media di 2,8 lavoratori per azienda.

Italia piratesca

Su questa industria incide la pirateria che vede l’Italia al secondo posto in Europa, subito dopo la Grecia. La stima dell’effetto complessivo della contraffazione Nella Ue è pari al 13,5% del consumo (1,9 miliardi di euro). Si tratta di una stima diretta delle mancate vendite che i produttori legittimi di gioielli e orologi subiscono ogni anno a causa della contraffazione. L’industria legittima vende meno di quanto avrebbe venduto in assenza di contraffazione e impiega un minor numero di lavoratori. La una perdita totale è di 15mila posti di lavoro nella Ue. Insomma, gli italiani sono tra i maggiori acquirenti di gioielli e orologi falsi, ma questo fa perdere un sacco di posti di lavoro. Il maggiore effetto assoluto, conferma l’analisi riguarda Italia, Francia, Germania e Spagna. Questi quattro paesi rappresentano circa i due terzi delle perdite totali in termini di vendite nell’Ue.pirati

Sorpresa Damiani nei vasi Venini

Oro, diamanti e cristalli: i Damiani allargano il loro campo d’azione ai vetri di Venini, famoso brand veneziano che produce suppellettili di design. Non è chiaro se i vetri di Venini potranno, prima o poi, entrare in sinergia con la produzione dei gioielli di uno dei marchi controllati dall’azienda, come Damiani, Salvini, Rocca, Calderoni e Pomellato. L’aspetto curioso è che l’acquisizione del 60%, portata avanti direttamente dalla famiglia di Valenza, si incrocia con un altro nome storico della gioielleria: Chimento. A vendere Venini, infatti, sono state le famiglie Chimento e Tabacchi, che avevano acquisito l’azienda nel 2001. Secondo i patti, rimarranno nella compagine azionaria con il 40% e la famiglia Chimento continuerà a svolgere un proprio ruolo operativo nella gestione della società coadiuvando Damiani nelle nuove strategie di crescita. Giancarlo Chimento, fondatore dell’omonimo marchio di gioielleria, aveva rilevato Venini nel 2001. Ma, forse, il momento poco brillante del mercato della gioielleria, ha consigliato Chimento a vendere per concentrarsi sul core business.

Venini è un brand noto in tutto il mondo: è nato nel 1921 (su iniziativa dell’avvocato milanese Paolo Venini) nel distretto produttivo di Murano. E, a differenza di altre vetrerie, si è messo in luce per l’abbinamento tra un materiale così tradizionale come il vetro e il design moderno. Hanno disegnato per Venini firme dell’architettura come Tomaso Buzzi, Tobia Scarpa, Carlo Scarpa, Gio Ponti, Gae Aulenti, Ettore Sottsass e Massimiliano Fuksas, la ceramista svedese Tyra Lundgren, i fratelli Fernando e Humberto Campana il pittore e stilista americano Ken Scott, Fulvio Bianconi, il designer e scultore finlandese Tapio Wirkkala e, ancora, Alessandro Mendini, il giapponese Tadao Ando.

«Venini è una realtà unica al mondo che vanta una tradizione di eccellenza, creatività, artigianalità made in Italy e unicità. Questi sono i valori chiave che da sempre guidano la società unitamente ad una profonda passione per l’arte. Sin dalla nascita Venini ha potuto contare sulla disponibilità in loco di un know-how esclusivo e antico qual è quello di Murano», ha commentato Guido Damiani, presidente del gruppo. «Sono gli stessi punti di forza che da sempre caratterizzano il gruppo Damiani e la famiglia, uniti alla profonda passione per un’arte, quella orafa, che si tramanda di padre in figlio».

Da sinistra, Giorgio Damiani, SIlvia, la madre Gabriella e Guido Damiani
Da sinistra, Giorgio Damiani, SIlvia, la madre Gabriella e Guido Damiani
L'interno della fornace di Venini
L’interno della fornace di Venini
Vetri di venini
Vetri di venini

Pandora tocca 2 miliardi

I braccialetti componibili di Pandora, uniti a orecchini e pendenti, vanno a gonfie vele. Sulla base delle relazioni preliminari, il fatturato della società danese per il 2015 è aumentato di circa il 40% rispetto al 2014, raggiungendo quota 2 miliardi. L’aumento di fatturato, va precisato per gli amanti della finanza, è stato agevolato dal cambio di valuta favorevole rispetto all’anno precedente per circa l’11%. Tutte le regioni in cui sono distribuiti i gioielli Pandora hanno contribuito con una crescita a due cifre in valuta locale nel quarto trimestre, un elemento preponderante, con una crescita rispetto alle vendite natalizie previste. Dei ricavi abbiamo detto. Ma quanto guadagna Pandora su ogni braccialetto che vende? Ecco svelato: il margine lordo (Ebitda) è intorno al 37%. Traduciamo per i non addetti ai lavori. Su un bracciale da 100 euro, Pandora ne guadagna lordi 370. Da questa cifra però bisogna sottrarre gli interessi (gestione finanziaria), le tasse (gestione fiscale), i deprezzamento di beni e gli ammortamenti. Quello che resta sono gli utili netti e saranno resi noti a febbraio. Federico Graglia

Charm Pandora Cristallo di ghiaccio in Argento Sterling 925 e zirconia cubica. Prezzo: 65 euro
Charm Pandora Cristallo di ghiaccio in Argento Sterling 925 e zirconia cubica. Prezzo: 65 euro
Charm Pandora Fiocco di neve luccicante in Argento Sterling 925, zirconia cubica e cristallo blu. Prezzo: 55 euro
Charm Pandora Fiocco di neve luccicante in Argento Sterling 925, zirconia cubica e cristallo blu. Prezzo: 55 euro

I super gioielli brillano meno?

Il trend è ricorrente: ogni tanto qualcuno osserva che la moda non è più di moda. O, almeno, non è più posh essere chic. La tesi, riportata dalla testata Usa Jck, è di Sarah Quinlan, vice presidente senior e capo del gruppo di analisti sul mercato di MasterCard Advisors. Per capirci, una società che studia dove vanno i consumi. Secondo l’esperta, mentre le vendite complessive di gioielli sono aumentate nel corso degli ultimi mesi, la fascia alta del mercato mostra debolezza. Secondo Quinlan, la spesa di fascia alta è frenata dalla volatilità dei mercati azionari, dal declino dei turisti negli Stati Uniti, a causa del dollaro forte, e dal riemergere del cosiddetto «peccato del lusso». «Non è più chic essere chic», sostiene Quinlan, secondo la quale «le persone hanno scelto di non mostrare la loro ricchezza». Il settore della gioielleria, in ogni caso, continuerà ad andare bene, anche perché ricevere in regalo un anello o una collana è un’esperienza che genera ricordo e, quindi, resta fissata nel tempo. Dunque, mentre le vendite di abbigliamento sono in calo, i gioielli sono sostenuti da qualcosa che va al di là della moda. Anche se la generazione dei Millennials guarda i gioielli della fascia di prezzo medio. Federico Graglia

Immagine da Vogue 1940
Immagine da Vogue 1940
Cena, foto di Miles Aldridge
Cena, foto di Miles Aldridge
Immagine da Vogue 1940
Immagine da Vogue 1940
Da Vogue 1940
Da Vogue 1940
Immagine da Vogue 1946
Immagine da Vogue 1946

Pandora, conti d’oro

Qualcuno ha dubbi che Pandora sia una macchina da soldi? I risultati del terzo trimestre lo confermano: il fatturato da luglio a settembre è stato di circa 524 milioni di euro), con un aumento del 37,5% (28% se calcolato in corone danesi) rispetto al terzo trimestre 2014. Le Americhe registrano una crescita del 22,7% (8,3% in valuta locale), l’Europa cresce addirittura del 40,7%, mentre l’area Asia Pacifico sale addirittura a +74,8%. Altra notizia: il fatturato proveniente dai negozi monomarca è cresciuto del 49,3% e corrisponde al 60,6% del fatturato totale. Per gli appassionati di finanza, si può aggiungere che il margine lordo ha raggiunto quota 74% rispetto al 70,3% dello stesso trimestre 2014 e l’Ebitda (utile lordo) è del 42,5%, a circa 195 milioni di euro). Infine, ecco il guadagno netto: l’utile del trimestre è stato di circa 135 milioni di euro, rispetto ai 97 milioni del terzo trimestre 2014. Pandora vende bracciali e anelli d’argento, ma i conti sono d’oro.

Charm colorati collezione Pandora autunno 2015 etra cui spicca il rosa blush
Charm colorati collezione Pandora autunno 2015 etra cui spicca il rosa blush
Charm Mosaico, in argento sterling e pavé di cristalli verdi e blu e pietre in zirconia cubica di varie dimensioniPrezzo: 65 euro
Charm Mosaico, in argento sterling e pavé di cristalli verdi e blu e pietre in zirconia cubica di varie dimensioniPrezzo: 65 euro

Cambia il vertice di Cartier

Giro di poltrone ai piani alti della gioielleria: l’amministratore delegato (Ceo) di Cartier, Stanislas de Quercize, si è dimesso e cambia poltrona. La decisione ha sorpreso molti. Il manager sarà sostituito da Cyrille Vigneron, attuale presidente di Lvmh Giappone. In compenso, de Quercize passa al piano alto: infatti, sarà il nuovo presidente del gruppo Richemont Francia, società che controlla Cartier oltre che un brand della gioielleria come Van Cleef & Arpels. Vigneron è attualmente presidente di Lvmh Giappone (gruppo a cui fanno capo marchi come Bulgari, Chaumet e De Beers Diamond Jewellers) e ha già lavorato per Richemont dal 1988 al 2013. Si tratta, insomma, di un ritorno. Il cambio di poltrone avverrà formalmente a gennaio 2016. Federico Graglia

Cyrille Vigneron (al centro)
Cyrille Vigneron (al centro)
Stanislas de Quercize assieme all'attrice cinese Gong Li
Stanislas de Quercize assieme all’attrice cinese Gong Li
Bracciale della serie Wild Cats di Cartier
Bracciale della serie Wild Cats di Cartier

Unoaerre guadagna l’ok di Accredia

«Saggi per coppellazione», cioè la determinazione del contenuto di oro nelle leghe per gioielleria, allo stato dell’arte per Unoaerre. L’azienda aretina è tra i quattro laboratori italiani che hanno ottenuto il riconoscimento di Accredia, ente indipendente che certifica il lavoro delle aziende. Secondo le verifiche, Unoaerre disponde di personale tecnico altamente qualificato, di una direzione aziendale che si impegna costantemente per il miglioramento e l’aggiornamento di tutti gli aspetti procedurali ed impiantistici e, ultimo ma non meno importante, di ripetuti e affidabili controlli della produzione in oro. L’azienda aretina, certifica sempre Accredia, offre inoltre un servizio analitico qualificato a quelle aziende che intendono proporre al mercato una produzione certificata secondo standard internazionalmente riconosciuti. Unoaerre, fondata 80 anni fa, è una delle principali realtà mondiali nella produzione, distribuzione ed esportazione di prodotti di oreficeria, e da tempo anche per l’argento e catene ed accessori in ottone.

Unoaerre al museo
Unoaerre al museo

Trimestre d’oro per Pandora

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Affari d’oro (in gran parte d’argento) per Pandora. L’azienda danese di gioielli componibili ha chiuso il secondo trimestre dell’anno con un fatturato di 482 milioni di euro, con un aumento del 41,4% rispetto al secondo trimestre 2014. Pandora vola in America (Nord e Sud), con una crescita del 43,8% (19,4% in valuta locale), l’Europa cresce del 38% (32% in valuta locale);  l’area Asia Pacifico si attesta a +44,1% (26,9% in valuta locale). Il fatturato proveniente dai negozi monomarca è aumentato del 54,7% e corrisponde al 59,3% del fatturato totale. Quello che fa impressione sono i profitti lordi: per ogni 100 euro di vendite, l’utile prima di tasse, ammortamenti eccetera (Ebitda) è di 36,4 euro. Infine, l’utile netto del trimestre: 122 milioni di euro, rispetto ai circa 88 milioni di euro del secondo trimestre 2014.

Collezione Pandora 2015
Collezione Pandora 2015

Aria nuova per Misani

Misani, brand di gioielleria nato nel 1965 a Milano e acquistato a fine 2014 dall’imprenditore Marco Bartolomei, azionista e presidente di Sgr 8a+, cambia guida. Al vertice ora ci sono Giorgio Damiano, che prende il posto di amministratore delegato, e Susanna Roda, ex ufficio stile di Dolce & Gabbana, nuova responsabile creativa. Lidea è quella di rilanciare il brand, soprattutto in chiave internazionale. «Finora non è stato fatto molto perché la produzione di Misani venisse conosciuta fuori dal suo territorio di origine», è il parere di Damiano. «Misani è noto soprattutto nel Nord Italia, meno nel resto della Penisola, mentre all’estero non è stato realizzato nulla di coerente e continuativo, ma solo qualche iniziativa estemporanea. Crediamo invece che il marchio sia in grado di ottenere grande diffusione all’estero, e stiamo già lavorando per questo. È ora di far conoscere al mondo la creatività di Ivo Misani, fondatore del brand». «Non ci preoccuperemo esclusivamente di mescolare elementi noti per elaborare nuove forme», è il programma di Susanna Roda, «ma proveremo a combinare sistemi differenti, tenendo viva la ricerca cui l’azienda ha sempre tenuto molto».

La storia del brand è legata a quella del fondatore, Ivo Misani (1938-1993), che nel 1965 ha aperto un negozio di oreficeria in via Vincenzo Monti, a Milano, e ha iniziato la carriera di designer. Nel 1971, insieme alla sorella Angela e ad altri soci, Misani ha aperto un punto vendita all’Hotel Cala di Volpe in Costa Smeralda. Il successo lo convince, nel 1974, a fondare la Misani Gioielli. Tra i pezzi di maggior spicco gli orecchini in lastra martellata. Ma anche l’utilizzo del il cuoio. Poi, l’apertura in via Montenapoleone 12 e la collaborazione con l’artista giapponese Hiromi Tochihara.

Anello Misani
Anello Misani
Collana di perle
Collana di perle
Orecchini in oro
Orecchini in oro
Orecchini firmati Misani
Orecchini firmati Misani
Giorgio Damiano
Giorgio Damiano
Susanna Roda
Susanna Roda

A precipizio il valore dell’oro

Chi ha comprato gioielli negli ultimi otto anni lo sa: il prezzo è salito parecchio. La causa principale è la quotazione dell’oro, che era salita fino a 1.900 dollari nel settembre del 2011. Poi, è iniziata la discesa e ora il prezzo dell’oro è precipitato del 40% dai massimi, verso quota 1.000 dollari. Sono ormai giorni che il metallo giallo continua a scendere: non avveniva una cosa del genere dal 1996. La conseguenza è che i gioielli (tra qualche mese) costeranno meno, ma anche che se volete vendere ora i vostri orecchini, anelli e collane non incasserete la stessa cifra di un anno fa.

È una discesa momentanea? Difficile. Sono tre i fattori economici che hanno spinto l’oro al ribasso.

1. Dollaro forte Una moneta Usa forte nuoce al prezzo delle materie prime, che sono misurati in dollari, dato che li rende più costoso per gli acquirenti. L’oro, inoltre, dovrebbe essere una copertura contro l’inflazione e la svalutazione della moneta. Quindi ora scende.

2. Cina, l’Iran e Grecia. Le quotazioni dell’oro sono crollate di 40 dollari l’oncia in pochi minuti dopo che la banca centrale cinese ha fatto sapere che accumula riserve di oro a un ritmo più lento di quanto si pensasse. Altro motivo: l’accordo Usa-Iran allenta le tensioni in Medio Oriente e rende meno instabile l’area. E l’accordo tra Ue e Grecia ha disinnescato le tensioni in Europa.

3. L’inflazione non parte Le preoccupazioni di inflazione negli Usa non rimangono disattese, nonostante i tassi di interesse estremamente bassi e anni di acquisti di obbligazioni di massa. Il crollo delle materie prime abbassa inflazione e aspettative di inflazione. Tutto questo spinge al ribasso la quotazione dell’oro.

L’oro scenderà ancora? Secondo la banca d’affari Goldman Sachs la quotazione potrebbe scendere sotto 1.000 dollari l’oncia per la prima volta dal 2009. Ma non tutti sono d’accordo. Vedremo… Federico Graglia

Vendere i propri gioielli ora non è conveniente
Vendere i propri gioielli ora non è conveniente
La quotazione dell'oro negli ultimi mesi
La quotazione dell’oro negli ultimi mesi
Gioielleria di Ponte Vecchio, a Firenze
Gioielleria di Ponte Vecchio, a Firenze
Lingotti d'oro
Lingotti d’oro
Vetrina di una gioielleria
Vetrina di una gioielleria

Cristofoli al vertice di Meissen Italia

Alberto Cristofoli
Alberto Cristofoli

I gioielli Meissen ad Alberto Cristofoli. Un comunicato di Meissen Couture informa che Cristofoli è il nuovo chairman di Meissen Italia. Cristofoli assume tutti i ruoli e le responsabilità di Paolo Novembri con effetto immediato. Cristofoli entra a far parte del Gruppo Meissen con molti anni di esperienza professionale nel settore del lusso e lifestyle, avendo ricoperto ruoli dirigenziali in Escada, Giorgio Armani e Max Mara. «Apprezziamo molto l’esperienza che Alberto Cristofoli porterà alla nostra organizzazione e siamo ansiosi del suo contributo nella definizione e crescita di Meissen Italia e sulle nostre linee di prodotti Home, Accessori e Joaillerie», ha commentato Tillmann Blaschke, group managing director del brand tedesco.

Tous per un quarto diventa svizzero

I gioielli catalani Tous sono diventati un po’ svizzeri. Il 25% del brand spagnolo, infatti, è stato venduto al fondo elvetico Partners Group. I soldi incassati, 130 milioni di euro, serviranno per finanziare l’espansione del brand all’estero, in particolare Usa e Asia. Tous nel 2014 ha registrato un fatturato di 371 milioni di euro (+10% sul 2013). Oltre ai gioielli Tous propone anche accessori, come orologi, pelletteria, profumi e occhiali. Tous, fondata da Salvador Tous e Rosa Oriol nel 1920, è già presente con circa 500 negozi in città come New York, Mosca, Tokio e Varsavia.

love mama tous, ciondolo in oro giallo 18 carati e madreperla in due misure. Prezzi: 279 e 145 euro
love mama tous, ciondolo in oro giallo 18 carati e madreperla in due misure. Prezzi: 279 e 145 euro
Marta Tous, directore ricerca e sviluppo di Tous, Salvador Tous, co-fondatore e presidente onorario, e Rosa Tous, corporate vice-president di Tous
Marta Tous, directore ricerca e sviluppo di Tous, Salvador Tous, co-fondatore e presidente onorario, e Rosa Tous, corporate vice-president di Tous

A Singapore la Borsa dei diamanti

I diamanti arrivano in Borsa. Si potranno acquistare le gemme per investimento, oltre che per passione e il piacere di vederli brillare sui gioielli. Proprio come avviene già per l’oro e, mano romanticamente, per materie come petrolio o rame. Ma la novità è che il trading sui diamanti si potrà fare direttamente con pietre vere, non con strumenti finanziari. Gli affari inizieranno a Singapore a settembre. Il Singapore Diamond Investment Exchange (SDIX) sta mettendo a punto la tecnologia di scambio per il mercato dei diamanti, nel tentativo di creare una nuova classe di attivi per la comunità finanziaria, senza la necessità di passare attraverso intermediari diamanti privati.

Se volete partecipare al mercato dei diamanti preparatevi, comunque, a sborsare un po’ di soldi. A Singapore si potranno acquistare e rivendere «cesti» di diamanti classificati e certificati in laboratorio, ma anche singole pietre. La fornitura delle pietre sarà inizialmente assicurata dalla India’s Bharat Diamond Bourse. La nuova piattaforma è la primo del suo genere a livello mondiale e si differenzia dai sistemi esistenti, come il Singapore Diamond Exchange, che consente solo di acquistare i diamanti, ma non di scambiarli.

Attenzione, però: sappiate che questo tipo di investimento è per esperti. I prezzi dei diamanti hanno avuto un andamento caotico. Per esempio, dopo le quotazioni in aumento, nel 2014 le pietre già lavorate sono scese di quasi il 9% nel 2014, secondo le stime di Rapaport, la Bibbia degli operatori di gemme. Inoltre, i ricarichi sul prezzo di origine accrescono i rischi. Una pietra acquistati all’ingrosso e venduta al dettaglio può aumentare di prezzo in media fino al 200%. Insomma, investire nel mercato dei diamanti non è semplice come acquistare un Bot, anche se probabilmente è più piacevole. Federico Graglia

Una cascata di diamanti
Una cascata di diamanti
Singapore skyline
Singapore skyline

Damiani a Hong Kong

La strategia di Damiani prevede l’espansione sui mercati esteri. Così il brand piemontese ha inaugurato la nuova boutique a Hong Kong Landmark, department store della città cinese. A fare gli onori di casa è stato Giorgio Damiani, amministratore delegato del gruppo, e ospite d’onore il trend setter, modello e ex calciatore Hidetoshi Nakata, fondatore dell’associazione umanitaria Take Action. L’inaugurazione della nuova boutique è stata anche l’occasione per presentare la collezione Metropolitan Dream by H. Nakata, lanciata anche a Shanghai assieme alla attrice cinese Qin Hailu. «Il brand Damiani è particolarmente apprezzato a Hong Kong, dove abbiamo un altro monomarca presso lo shopping mall Elements e in generale, in tutta l’Asia, mercato estremamente importante per il nostro marchio dove stiamo programmando nuove aperture», ha commentato Giorgio Damiani, vice presidente del gruppo. F.G.

La boutique Damiani a Hong Kong
La boutique Damiani a Hong Kong
Giorgio Damiani assieme a Hidetoshi Nakata
Giorgio Damiani assieme a Hidetoshi Nakata
Giorgio Damiani, Qin Hailu e Hidetoshi Nakata
Giorgio Damiani, Qin Hailu e Hidetoshi Nakata

È guerra tra diamanti e cubic zirconia





Un gruppo di aziende specializzate nell’estrazione dei diamanti ha deciso di combattere la diffusione delle pietre sintetiche, come i cubic zirconia. Ne dà notizia il Wall Street Journal. Il gruppo, chiamato il diamante Producers Association, è guidata da grandi grupp come De Beers, Alrosa, Petra Diamonds e Rio Tinto. La guerra prevede una campagna di comunicazione che ha a disposizone un budget annuale di 6 milioni dollari. L’obiettivo è promuovere diamanti come bene di lusso per i consumatori di fascia alta ed evidenziare il fascino dei diamanti naturali, per combattere l’apprezzamento per quelli sintetici meno costosi. Non sarà una passeggiata. Il nuovo gruppo, d’altra parte, i mezzi ce li ha: basti dire che De Beers tempo fa controllava l’80% dei diamanti estratti del mondo e ha aperto la strada all’uso dei diamanti per gli anelli di nozze. Il suo slogan «Un diamante è per sempre» è stato proclamato dalla rivista Advertising Age come una delle migliori dieci campagne pubblicitarie del 20esimo secolo. Ora De Beers controlla circa un terzo delle vendite di diamanti del mondo.

Diamanti grezzi
Diamanti grezzi

Ma, secondo gli esperti, la domanda di diamanti quest’anno ha traballato e i prezzi non sono stati così alti come nelle attese. De Beers, che è controllata all’85% da gigante minerario Anglo-American, ha fatto sapere che «alla luce delle condizioni di mercato correnti» prevede di tagliare la produzione di circa 2 milioni di carati. Sul mercato vi è un eccesso di diamanti da parte delle società di intermediazione, che comprano pietre grezze da tagliare e lucidare per la vendita a dettaglianti, sostiene l’analista minerario David Butler, di Barclays. Così le società hanno venduto in modo più aggressivo in questi mesi per fare cassa, spingendo verso il basso i prezzi dei diamanti lavorati. Se a questo si aggiunge una domanda oscillante, si capisce perché le aziende minerarie puntino a combattere con decisione i «concorrenti» diamanti sintetici, che minacciano di sottrarre loro altre quote di mercato. La Cina è diventata il maggior produttore di diamanti sintetici e, visto che la classe media cinese è tra i maggiori acquirenti di gioielleria, la vendita di diamanti naturali ci potrebbe essere influenzata negativamente da un aumento delle vendite di pietre sintetiche nazionali. Il Wall Street Journal fa anche notare che la maggior parte dei diamanti sintetici sono utilizzati per scopi industriali, ma in passato sono stati spacciati per diamanti naturali anche per i gioielli.  Nel 2012 circa 600 diamanti sintetici non dichiarati sono stati trovati nai laboratori di Anversa e Bombay, e circa 200 diamanti artificiali sono stati scoperti a Shenzhen, in Cina, nel 2013. Federico Graglia

Anello con diamanti di De Beers
Anello con diamanti di De Beers
L'insegna De Beers
L’insegna De Beers

Miniera della Culinam
Miniera della Culinam







Endless Jewels cambia il vertice

Cambio della guardia a Endless Jewels. L’azienda ha nominato Paul Moonga come nuovo Ceo, mentre il fondatore, Jesper Nielsen, «avrà l’opportunità di concentrarsi sullo sviluppo del marchio». L’idea è quella, sembra, di rafforzare il management e la struttura interna di Endless Jewels, brand di gioielli componibili che ha conosciuto un buoin successo con la collezione firmata da Jennifer Lopez. Nielsen si concentrerà, così, sulle sue specialità: il marketing e il rafforzamento del brand. «Non vedo l’ora di una forte cooperazione con Paul. Questa nomina rafforza la struttura di senior management e la nostra attività, e allo stesso tempo mi dà l’opportunità di concentrarmi ancora di più per lo sviluppo globale del marchio, su come ottimizzare le nostre vendite globali e le relazioni con i partner, sulla continua espansione di Endless Jewels in tutto il mondo», è stato il commento del fondatore. Pare, inoltre, che il brand abbia ricevuto nuove risorse finanziarie. «I nostri azionisti hanno deciso una rilevante iniezione di capitale per garantire una base ancora più solida per la società. Questo garantirà un’ulteriore espansione e lo sviluppo del nostro business e rafforzerà le nostre operazioni di supply chain in tutti i mercati esistenti. Si tratta di un passo importante per il nostro futuro». Federico Graglia

Paul Moonga, nuovo ceo di Endless Jewels
Paul Moonga, nuovo ceo di Endless Jewels
Jesper Nielsen, fondatore di Endless Jewels
Jesper Nielsen, fondatore di Endless Jewels
Bracciale Endless Jewels
Bracciale Endless Jewels
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